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04 May 2016

Srinivasa Ramanujan

L'uomo che vide l'infinito.jpg

L'uomo che vide l'infinito.
Mi era capitato di leggere il commento di Peter "Not Even Wrong" Woit su The Man Who Knew Infinity il film sulla storia di Srinivasa Ramanujan, famoso bambino prodigio e matematico indiano di inizio '900, e del matematico di Cambridge G. H. Hardy.
Vidi a suo tempo il film su John Nash, "A Beautiful Mind" (e non mi piacque) e lessi — è tantissimo che non vado al cinema! — qualche recensione non propriamente positiva del film su Alan Turing, "The Imitation Game" (qui quella di, tanto per cambiare, P. Woit), per cui mi colpì leggere un parere positivo a proposito di quest'ultimo film su un matematico.
Ebbene, poco fa anche Scott "Shtetl-Optimized" Aaronson ha scritto una sua recensione del film, molto lunga e dettagliata, giudicandolo "eccellente": "Largely just men doing sums": My review of the excellent Ramanujan film.
 
 

03 April 2014

Un esercizio e la sua soluzione

Un professore di logica non riesce a trovare un bell'esercizio finale per l'ultimo compito del suo corso.
Alla fine si decide e mette questo semplice esercizio di una sola riga:
Scrivi un esercizio che pensi possa essere adatto per questo esame e risolvilo.
Quando in seguito corregge i compiti, trova che — proprio sotto il testo del suo esercizio finale — uno dei suoi studenti ha scritto le due righe seguenti:
Scrivi un esercizio che pensi possa essere adatto per questo esame e risolvilo.
Scrivi un esercizio che pensi possa essere adatto per questo esame e risolvilo.
A questo punto la domanda è: è corretta, come risposta? Se non lo è, sai modificarla in maniera che lo diventi?
Oh, magari c'è più di una risposta corretta...
Liberamente tratto da uno dei problemi distribuiti ai suoi studenti da Guido Osimo, docente di Matematica Generale e Matematica Applicata in Bocconi (e già mio prof di mate al liceo!), a sua volta ispirato da... Martin Gardner? Hofstadter?

29 April 2013

[1] Bitcoin e il "teorema" di regressione di Mises, o dell'altro lato della matematica in economia

 
Questo post era nato come breve, facile ironia in chiave freudiana verso certe tendenze dei miei amici, si fa per dire, austriaci. Poi però il tema del Bitcoin e della sua natura economica mi ha appassionato più del previsto e nell'informarmi e formarmi un'opinione ne è venuta fuori una cosa molto più lunga.
Per questioni di digeribilità, in questo web frenetico abituato a non più di 140 caratteri, l'ho spezzato in cinque parti.
 
[1][2][3][4][5]
 
Non sono prevenuto verso le analisi quantitative in ambito economico, per quanto condivida le critiche piuttosto generali di Hayek. Quello che trovo sbagliato è attribuire ad esse il ruolo di linea di demarcazione, di condizione necessaria di scientificità: si tratta di una forma ingenua di, potremmo chiamarla, invidia del pene verso i successi delle scienze dure, i quali successi l'economia spera di riuscire a riprodurre applicando pedissequamente i loro metodi.
Ma queste cose le ho già dette tante volte, questo post invece è per notare meccanismi di invidia tutto sommato analoghi messi in campo sovente dagli economisti di scuola austriaca. Da parte loro l'invidia si esprime in forma, per così dire, simmetrica, in emulazione dell'altra scienza dura per antonomasia, la matematica — sì, alcuni non considerano la matematica una scienza (vedi Vladimir Arnold, Quine, o più "popolarmente" il Sondaggio: che cosa è la scienza? su L'estinto), ma insomma ci siamo capiti.
Il loro approccio, in pratica, invece di scimmiottare i modi empirici e quantitativi della fisica, tende a scimmiottare i modi assiomatici, formalistici ed ipotetico-deduttivi della matematica.
Non ho letto quasi niente di originale di Mises, quindi non conosco direttamente il suo stile, ma ho sentito molte volte elogiare il suo metodo sedicente aprioristico. E in effetti il pretesto per questo post non me lo offre un rinomato economista austriaco, ma l'ultimo post su Il Lume Ritrovato, Perché Bitcoin può diventare moneta: l'impostazione sembra da manuale di algebra, con definizioni, teoremi, dimostrazioni e persino quantificatori logici; l'effetto complessivo, però, tende ad essere l'esatto opposto del rigore matematico.
Con ciò non voglio dire che le sue tesi siano sbagliate o stupide, ma certamente i modi e le argomentazioni appaiono proprio così.
Prendete la definizione di moneta: il Colucci elegge la proprietà di "unità di conto" a definizione di moneta, ma si tratta in gran parte di un arbitrio: innanzitutto perché ci sono molte altre proprietà che caratterizzano una moneta (liquidità, riserva e stabilità di valore, suddivisibilità, trasportabilità, universalità, etc), e nessuna di esse è "on/off" (o un bene ce l'ha, o non ce l'ha), ma al contrario ogni bene può manifestare una o più di quelle proprietà in gradi diversi. L'elezione dell'unità di conto a proprietà definitoria è dunque in gran parte arbitraria perché un bene mostrerà tanto più le caratteristiche di una moneta quante più proprietà, fra quelle, possiede, e con più alto grado, e non sarà sufficiente che perda (un po' di) una sola di quelle proprietà perché non possa essere più considerato moneta.
Tutto questo per dire che le conseguenze che vogliamo trarre dalla costatazione che un bene funge da moneta non sono deduzioni "on/off", ma di grado, e saranno valide precisamente nella misura in cui — saranno tanto più valide quanto più — il bene gode di quella proprietà da cui volevamo far discendere la conseguenza.
 
Lo stesso teorema di regressione di Mises, tanto per fare un esempio più autorevole, non mi è per niente chiaro perché si chiami, appunto, teorema: quali sarebbero le ipotesi e quale la tesi? Quelle della schematizzazione di Colucci (punti 1 e 4) prestano il fianco a diverse critiche.
(continua...)

03 April 2013

No science at all?

Devo confessare che sta cominciando a infastidirmi questo ruolo di complottista in cui mi si infila nonappena cito la scuola austriaca. Questa volta è capitato nientemeno che con Marco Delmastro.
Ora, era ovvio che la sua domanda fosse orientata non tanto all'economia in generale quanto all'econofisica, in cui si cerca di applicare modelli di meccanica statistica ad oggetti di natura prevalentemente finanziaria. Era ovvio, perché rappresenta il naturale tentativo di approccio all'economia di chi ha studiato fisica.
La mia risposta, perciò, era chiaramente fuori tema e volutamente provocatoria (per questo mi sono affrettato a precisare che l'àmbito del mio suggerimento di lettura non era né la finanza né tantomeno l'econofisica).
Però la sua risposta non è stata del tipo: "ok, ma mi interessava altro", bensì del tipo: "ma quelle sono solo una serie di opinioni, non è punto scienza!".
 
Nel lungo thread Metodo e spiegazione scientifica mi sono già dilungato in chiave epistemologica sul problema della demarcazione e sulle sue "applicazioni" in ambito sociologico, in generale, ed economico in particolare.
In questo post mi limiterò pertanto a qualche osservazione più superficiale, per suggerire che, anche senza passare, con Quine, sul cadavere di Popper, è possibile accorgersi che c'è qualcosa di profondamente ingenuo, se non di palesemente sbagliato, nell'idea che sia sufficiente, in qualsiasi campo, applicare i metodi della fisica o della matematica per ottenere (finalmente?) risultati "scientifici": e l'economia non fa eccezione affatto.
 
Innanzitutto va sottolineato che la meccanica statistica, per definizione, non affronta la natura dei sistemi a cui è applicata: questo è il motivo della sua estrema versatilità ed efficacia, ma è anche il suo limite epistemologico. Il suo approccio è precisamente quello di dedurre la fenomenologia macroscopica a partire da pochi principi microscopici (simmetrie e località delle interazioni), da alcune assunzioni di casualità (giustificate da considerazioni ora di ergodicità classica, ora di intrinseca stocasticità quantistica) e dal loro "scalare" con le dimensioni del sistema (e.g. equilibrio infrarosso, flusso di rinormalizzazione, transizioni di fase, etc...). E' dunque ingenuo pretendere di riuscire a capire l'economia attraverso la meccanica statistica e, anzi, un suo eventuale successo descrittivo, predittivo persino, sarebbe soltanto la prova che il sistema non contiene forzanti macroscopiche rilevanti e che la sua evoluzione è essenzialmente governata dalle leggi browniane del random-walk: quasi, dal punto di vista del fisico, la prova che non c'è niente di realmente interessante. E infatti di solito i modelli fisico-matematici applicati alla finanza sono efficaci precisamente nei periodi "di calma piatta", quando, cioé, non ci sono "forze" su scala macroscopica e l'andamento è davvero governato dalla casualità microscopica. Se questo è tutto quello che si chiede, ben venga l'econofisica. Ma non parliamo, per favore, di capire l'economia.
Se, d'altra parte, un analisi più specifica delle dinamiche economiche porta ad escludere quasi a priori la possibilità di descrizioni e previsioni quantitative (rivoluzione marginalista, soggettività del valore, assenza di equilibrio per "everchanging landscape"), non la si deve necessariamente considerare una prova di non-scientificità, proprio come la scientificità dell'evoluzione darwiniana non viene minimamente scalfita dal fatto che non si possano prevedere tempi e modi delle prossime speciazioni.
Del resto quali breakthrough ha portato l'econofisica all'economia? Si è forse riusciti a prevedere questa crisi apocalittica che dal 2008 ancora non ci fa vedere la luce fuori dal tunnel? Forse che le dinamiche che l'hanno determinata non erano quelle messe in conto dalle modellizzazioni meccanico-statistiche? Ma più in generale ancora, al di là dell'econofisica, quali sono i breakthrough dell'economia tout court? E' riuscita forse lei, anche senza meccanica statistica, a prevedere questa crisi? O non è forse stato proprio il suo approccio keynesiano a causarla? Non vorrei ripetere cose già dette, ma dov'è tutta questa "scientificità" dell'economia, se le diverse scuole non sono d'accordo su niente, se le varie teorie, pezzi sconnessi senza puzzle, si succedono come mode senza alcun percorso, senza alcuna "crescita" di conoscenza?
 
E allora io non so su quali basi Marco si sia fatto l'idea che la scuola austriaca non sarebbe scientifica: davvero gli è bastata la ridotta presenza di matematica? o forse si è basato sul fatto che venga generalmente considerata eterodossa, e dunque, evidentemente, non scientifica, da neoclassici e keynesiani, sedicenti scientifici?

10 June 2010

zibaldone

Sono vivo, sono vivo. E non è che non abbia niente da dire...
Qualche commento sparso che mi ero appuntato di passaggio, giusto per rendere la cosa verosimile.
 
  • Settimana scorsa sono finalmente passato a Lucid Lynx, ma la vera novità è vecchia già di qualche mese: ho deciso di provare GNOME... e non me ne sono ancora pentito!
    KDE era KDE 3.5. KDE4 è un'altra cosa, ha fatto il pieno di aspettative, tutte puntualmente deluse. Il punto forte di KDE era la completa customizzabilità, e con KDE4 è stata completamente rasa al suolo. Inoltre un sacco di applicazioni ora sono piene di bachi e prive di funzionalità: da konsole alla mitica gwenview, ora diventata amorfa e inutile.
    Ma sto sparando sulla crocerossa, ormai anche pollycoke parla male di KDE4 :-)
    E GNOME? Non è male. KDE 3.5 si rimpiange sempre, ma rispetto a KDE4 in cui sembrava sempre di essere in un ambiente trabalante e contraddittorio GNOME ha quell'aria di desktop uniforme e funzionante che è stato un piacere ritrovare. Finalmente non c'è più quell'eterna sensazione di precarietà, di cose che un giorno — sì, certo, un giorno — saranno fantasmagoriche — ma intanto non funzionano. A parire da Konsole... ehm, da gnome-terminal, che si apre sempre con le stesse dimensioni, e si può persino — ma pensa! — scegliere quali.
    E poi così potrò assaggiare "subito" tutte le novità che Mark Space Cowboy Shuttleworth sta macchinando... o farà, GNOME, la stessa fine di KDE 3.5?

  • accessi al sito
    (pochiiiissima ggente)
    Quasi sicuramente nessuno se ne sarà accorto, visto che da queste parti passa pochiiiissima ggente e del tutto per caso (meno male che esistono i feed... ehi, Fabristol, come fai a farne a meno?!?), nessuno se ne sarà accorto, dicevo, ma da un po' di tempo google non permette più il link diretto alle immagini hostate su un googlegroups, il che ha la spiacevole conseguenza che la maggior parte delle mie immagini di corredo ai miei post ora non è più visibile.

    meno male che esistono i feed
    Non credo riuscirò a trovare il tempo per spostare tutte le immagini che stanno qui e metterle qui e soprattutto correggere tutti i link e i src in tutti i vecchi post. Magari lo farò per qualcuno dei vecchi post più significativi, ad esempio questo, in onore a Borges oppure il finale della serie sulla visione delle api, in cui le immagini non sono solo accessorie ma sono lo scopo finale di tutto il thread.
    Ma, inutile precisarlo, i tempi saranno i soliti di questo blog.
  • Invece che uno solo, vorrei tanto scriverne un'intera serie, di post, a tema libertario (il sostantivo è più equivoco, almeno in italiano: libertarianismo? libertarismo?). E' una di quelle "scoperte" che, e non sto esagerando, ti cambiano radicalmente il modo di vedere e concepire praticamente tutte le cose. Vedremo se e cosa riuscirò a comporre... (a proposito, Fabristol, com'è che non hai ancora scritto un post in chiave libertaria su Falcon 9 e Space X?).

25 February 2009

Quine - 1+2i

Immagine di Dallo stimolo alla scienza
In attesa di un reale post su Quine, faccio seguito al thread su una sua ipotetica sottoscrizione "letterale" dell'affermazione di Arnold secondo cui anche la matematica sarebbe, in fondo, una scienza "empirica".
Non ho tempo ma soprattutto capacità di difendere, qui e ora, nessuna delle due tesi — quella sulla matematica, e il fatto che Quine la sottoscriverebbe. Mi limito, forse più per giustificare la seconda che per convincervi della prima, a citare Quine stesso, da un passo di uno dei suoi ultimi libri. Includo una premessa, per contestualizzare:
[Definendo questa formalizzazione di somma e prodotto] mediante '∈', in uno qualsiasi dei modi conosciuti possiamo immergere questo linguaggio chiuso in un altro linguaggio formalizzato che ha come unico predicato la stessa '∈', e che comprende l'intera matematica classica. Naturalmente, esistono innumerevoli linguaggi formalizzati estranei alla matematica classica; un esempio banale è quello di parentela, i cui predicati sono 'F' (femmina), a un posto, e 'G' (genitore), a due posti. [...] Tipiche verità espresse in questo linguaggio sono: che le relazioni di fratello, coniuge e cugino sono simmetriche, che quella di genitore è asimmetrica, che quello di fratello germano è transitiva. Pur essendo estranea alla matematica, la teoria della parentela, nel suo modo banale, ne conserva chiaramente il sapore, e io non esito a farvela rientrare.
Tuttavia non si può dire che la nozione di "linguaggio formalizzato" catturi, per sè sola, l'essenza della matematica. Le cose che ci fanno sentire (forse) un sapore di matematica sono il numero limitato di predicati primitivi e la valorizzazione della costruzione logica che ne consegue; forse la matematicità è una questione di grado. In ogni caso, io non ho un criterio di demarcazione da proporre: il fatto che le variabili della matematica classica prendano come valori oggetti astratti, mentre quelli della teoria della parentela prendono esseri umani o altri animali non costituisce una differenza significativa; dopotutto la stessa '∈' ha alla sua base, come argomenti primi, oggetti concreti.
ma il passo più succoso è quello che segue immediatamente:
Se liberiamo la geometria dal letto di Procuste della teoria astratta delle relazioni e la reintegriamo nella sua condizione originaria, quella dei tempi di Euclide, essa non rientrerà più nel linguaggio formalizzato basato su '∈', e diverrà un linguaggio formalizzato a se stante, nonchè un analogo (sostanzioso e venerabile) della mia banale teoria della parentela: i suoi predicati torneranno a denotare superfici, curve e punti dello spazio reale. La geometria, come la teoria della parentela, è una matematica con un oggetto marcatamente empirico. Ciò che ha finito per esiliarla nel limbo delle matematiche non interpretate è l'anomalia logica del postulato euclideo delle parallele, la sua resistenza alla deduzione dagli altri postulati, più semplici. Questa circostanza ha stimolato l'esplorazione di postulati alternativi, quelli delle geometrie non euclidee, e a lungo andare anche l'esplorazione dello sterminato dominio dei sistemi non interpretati, o algebre astratte.
Se ancora conserva il suo vecchio statuto di teoria matematica dotata di un oggetto, la geometria euclidea lo ha perduto nel momento in cui Albert Einstein ha stabilito che lo spazio stesso, definito dai percorsi dei raggi luminosi, non è euclideo. Si deve inoltre ricordare che, al di là del caso della geometria, la de-interpretazione già svolgeva un ruolo indispensabile nella teoria della dimostrazione, e forse ciò ha avuto l'effetto di esagerare la frattura, grande o piccola, che si avvertiva tra la matematica e il resto della scienza.
Ovviamente, la matematica non interpretata è non solo priva di contenuto empirico, ma anche estranea a ogni problema di verità e falsità. La disciplina che tratta questi sistemi non interpretati, e quindi le algebre astratte, fa invece parte della teoria delle relazioni; quindi è matematica interpretata, e rientra nella teoria degli insiemi.
Dallostimolo alla scienza, capitolo 5 Logica e Matematica.

18 February 2009

Quine - 1+i

Grazie a ToMaTe (new-entry nel mio google-reader) scopro una bellissima "sentenza" di Vladimir Arnold (sì, proprio quell'Arnold della meccanica razionale di Galgani e Giorgilli):
Mathematics is a part of physics. Physics is an experimental science, a part of natural science. Mathematics is the part of physics where experiments are cheap.
e indovinate un po' chi mi è venuto in mente? Esatto, Quine! (be', la prossima volta che farò queste domande cercherò un titolo un po' più criptico per il post...)
Il pezzo dell'Arnold linkato, On teaching mathematics, chiarisce meglio il senso dell'incipit che ho citato, e continuare a leggervi Quine è forse oggettivamente una forzatura.
Ma vale comunque, moltissimo, una lettura.
 
E sì, sì, questo non vale come post su Quine (e infatti, nella numerazione dei post, non siamo avanzati dal numero uno...)
 
Comunicazione di servizio per Marco Ferrari: qui ritornavo sulla questione evoluzione con una domanda per te...
 
UPDATE: segue qui.

20 September 2008

numeri surreali

Nella puntata di oggi della saga Verso l'infinito, ma con calma del proooof vengono citati, en passant, i numeri surreali.
Avevo una vaga idea di cosa fossero i numeri iperreali, ma dei surreali non avevo mai sentito parlare e così...
Esatto, wikipedia!
E sì, avete indovinato ancora: mi sono ritrovato a sguazzarci, scoprendo la definizione del più grande campo ordinato possibile. E scoprendo anche la sua generalizzazione alla teoria dei giochi, anche questa per me completamente sconosciuta (no, infatti non è la solita teoria dei giochi...)
Buona lettura!