03 April 2013

No science at all?

Devo confessare che sta cominciando a infastidirmi questo ruolo di complottista in cui mi si infila nonappena cito la scuola austriaca. Questa volta è capitato nientemeno che con Marco Delmastro.
Ora, era ovvio che la sua domanda fosse orientata non tanto all'economia in generale quanto all'econofisica, in cui si cerca di applicare modelli di meccanica statistica ad oggetti di natura prevalentemente finanziaria. Era ovvio, perché rappresenta il naturale tentativo di approccio all'economia di chi ha studiato fisica.
La mia risposta, perciò, era chiaramente fuori tema e volutamente provocatoria (per questo mi sono affrettato a precisare che l'àmbito del mio suggerimento di lettura non era né la finanza né tantomeno l'econofisica).
Però la sua risposta non è stata del tipo: "ok, ma mi interessava altro", bensì del tipo: "ma quelle sono solo una serie di opinioni, non è punto scienza!".
 
Nel lungo thread Metodo e spiegazione scientifica mi sono già dilungato in chiave epistemologica sul problema della demarcazione e sulle sue "applicazioni" in ambito sociologico, in generale, ed economico in particolare.
In questo post mi limiterò pertanto a qualche osservazione più superficiale, per suggerire che, anche senza passare, con Quine, sul cadavere di Popper, è possibile accorgersi che c'è qualcosa di profondamente ingenuo, se non di palesemente sbagliato, nell'idea che sia sufficiente, in qualsiasi campo, applicare i metodi della fisica o della matematica per ottenere (finalmente?) risultati "scientifici": e l'economia non fa eccezione affatto.
 
Innanzitutto va sottolineato che la meccanica statistica, per definizione, non affronta la natura dei sistemi a cui è applicata: questo è il motivo della sua estrema versatilità ed efficacia, ma è anche il suo limite epistemologico. Il suo approccio è precisamente quello di dedurre la fenomenologia macroscopica a partire da pochi principi microscopici (simmetrie e località delle interazioni), da alcune assunzioni di casualità (giustificate da considerazioni ora di ergodicità classica, ora di intrinseca stocasticità quantistica) e dal loro "scalare" con le dimensioni del sistema (e.g. equilibrio infrarosso, flusso di rinormalizzazione, transizioni di fase, etc...). E' dunque ingenuo pretendere di riuscire a capire l'economia attraverso la meccanica statistica e, anzi, un suo eventuale successo descrittivo, predittivo persino, sarebbe soltanto la prova che il sistema non contiene forzanti macroscopiche rilevanti e che la sua evoluzione è essenzialmente governata dalle leggi browniane del random-walk: quasi, dal punto di vista del fisico, la prova che non c'è niente di realmente interessante. E infatti di solito i modelli fisico-matematici applicati alla finanza sono efficaci precisamente nei periodi "di calma piatta", quando, cioé, non ci sono "forze" su scala macroscopica e l'andamento è davvero governato dalla casualità microscopica. Se questo è tutto quello che si chiede, ben venga l'econofisica. Ma non parliamo, per favore, di capire l'economia.
Se, d'altra parte, un analisi più specifica delle dinamiche economiche porta ad escludere quasi a priori la possibilità di descrizioni e previsioni quantitative (rivoluzione marginalista, soggettività del valore, assenza di equilibrio per "everchanging landscape"), non la si deve necessariamente considerare una prova di non-scientificità, proprio come la scientificità dell'evoluzione darwiniana non viene minimamente scalfita dal fatto che non si possano prevedere tempi e modi delle prossime speciazioni.
Del resto quali breakthrough ha portato l'econofisica all'economia? Si è forse riusciti a prevedere questa crisi apocalittica che dal 2008 ancora non ci fa vedere la luce fuori dal tunnel? Forse che le dinamiche che l'hanno determinata non erano quelle messe in conto dalle modellizzazioni meccanico-statistiche? Ma più in generale ancora, al di là dell'econofisica, quali sono i breakthrough dell'economia tout court? E' riuscita forse lei, anche senza meccanica statistica, a prevedere questa crisi? O non è forse stato proprio il suo approccio keynesiano a causarla? Non vorrei ripetere cose già dette, ma dov'è tutta questa "scientificità" dell'economia, se le diverse scuole non sono d'accordo su niente, se le varie teorie, pezzi sconnessi senza puzzle, si succedono come mode senza alcun percorso, senza alcuna "crescita" di conoscenza?
 
E allora io non so su quali basi Marco si sia fatto l'idea che la scuola austriaca non sarebbe scientifica: davvero gli è bastata la ridotta presenza di matematica? o forse si è basato sul fatto che venga generalmente considerata eterodossa, e dunque, evidentemente, non scientifica, da neoclassici e keynesiani, sedicenti scientifici?

6 comments:

Danilo Avi said...

Bello, sei riuscito a mettere in un solo post una decina di parole che non conoscevo, e io pensavo di essere bravo, con le parole :-)
Ma, giusto il parallelo con l'evoluzionismo, e però l'evoluzionismo, pur essendo scienza, e pur non essendo predittivo, è postidittivo. Così come l'economia. E, volendo vederla da un certo angolo, così come la statistica. Lo so che la stitistica dovrebbe servire a prevedere (e giustamente non a capire), ma si basa sui dati _successivi_ all'evento. Ad essere onesti, non può dirti se il sole sorgerà domani, può dirti che è sorto ieri. Se non fai un modello del sistema, la statistica funziona come l'oroscopo. Senza contare la natura caotica del sistema in questione, che mi sembra tu non consideri.

hronir said...

Eh, sì, mi spiace, mi sono lasciato andare a qualche tecnicismo da fisico (se ti riferivi a questo), del resto si trattava quasi di un post "ad personam"...
Sull'idea dell'ecomomia/evoluzionismo "posdittivi": non so, forse dovresti elaborare meglio, detto così non ci vedo un grande insight: certamente entrambe sono (o dovrebbero essere, mi riferisco all'economia) empiriche, e il check col dato sperimentale si può fare tanto ex ante quanto ex post; ma ridurre l'empirismo alla statistica è appunto la prospettiva che criticavo, mentre fare scienza significa affrontare il tribunale dell'esperienza con una teoria, un modello: come dici tu, altrimenti è come l'oroscopo; e la teoria, il modello, è tanto più robusto quanto più si integra coerentemente con la restante immagine scientifica del mondo.
Anche sulla questione della caoticità, non sono sicuro di aver colto il tuo punto: intendi dire che l'economia è irriducibilmente "inintellegibile"? Una sorta di rinuncia preventiva all'analisi? alla possibilità stessa di un approccio scientifico?

Marco said...

Arrivo in ritardo a commentare.

Primo: grazie per le precisazioni. I 140 di Twitter sono veramente troppo pochi per discutere seriamente (o ameno non troppo superficialmente) sulle cose.

Secondo: proprio per i 140 caratteri di cui sopra, temo tu mi abbia frainteso. Nel senso che, uno, non intendevo l'econofisica (non mi è passata nemmeno per sbaglio per la testa), ma l'economia on modo più generale. È più o meno a tutti i livelli una scienza sociale che usa metodi matematici, e il rapporto tra le due (scienze sociali e matematica) mi ha sempre intrigato, perché è molto diverso da quello che accomuna in modo probabilmente imprescindibile le scienze "dure" e i formalismi che modellizzano le misure. Quando cinghettavo "it's a series of opinions and no science at all?" Il riferimento era dunque genericamente all'economia e alla stessa presenza di diverse scuole, non in modo particolare a quella Austriaca, sulla quale (come su tutte le altre, peraltro) sono ignorante a sufficienza da non permettermi un commento così tranchant come quelle che ci hai letto tu.

hronir said...

Grazie di essere passato di qui: su questo blog il concetto di ritardo non esiste, o viene accolto come un modo di onorare la sua cronica lentezza (piuttosto, non ero sicuro che avresti mai notato la mia risposta fuori canale: ormai tutti vivono solo su twitter e facebook...).

Sì, forse sono stato preso da un eccesso di paranoia (e da un eccesso di acredine).

Ad ogni modo, a maggior ragione che i tuoi interessi non erano rivolti all'econofisica, trovo che resti valido il consiglio di avvicinarsi all'economia attraverso la scuola austriaca. Il loro rapporto con la matematica è in effetti conflittuale, e spesso, soprattutto a parole, prevenuto; però, come dicevo in questo e in altri post, anche l'interesse e la predilezione per la matematica (applicata) non dovrebbero essere altrettanto prevenuti. E il punto degli austriaci è che spesso la matematica degli economisti neoclassici, soprattutto in ambito macroeconomico (dove prevale il paradigma keynesiano) è applicata a sproposito (non già, ovviamente, nei modi e nei metodi, quanto nei presupposti e negli scopi).
Ma al di là di questa diatriba sull'uso della matematica, l'aspetto più importante della scuola austriaca, inatteso, viste le mie precedenti interazioni con l'economia, è stato quello di offrirmi, per la prima volta, un framework coerente di interpretazione dei fenomeni economici: non più in termini di semplici modelli (quantificabili a piacere) per rappresentare situazioni particolari, ma in termini più generali, capaci di cogliere gli aspetti più fondamentali delle dinamiche economiche.
E' in questo senso che, sulla questione "not science at all", considero più scientifico l'approccio austriaco che quello neoclassico, nonostante il diverso uso della matematica.

Ok, ok, ora la smetto di ripetere sempre le stesse cose.

Se però, fosse anche per altre ragioni, decidessi di affacciarti all'economia da questa prospettiva, fammi sapere come va. Da fisico a fisico :)

Danilo Avi said...

Per "postdittivo" intendo, ovviamente, che puoi giustificare a posteriori come sono andate le cose, ma le previsioni non funzionano. Almeno in evoluzionismo, ma credo anche in economia, o in meteorologia, se è per questo. Cioè, puoi sviluppare un modello giustificativo _dopo_. Il che è pur sempre scienza. Ma la cosa si lega alla caoticità dei sistemi in questione. E ancora, questo non significa che siano irriducibilmente inintellegibili. Un sistema caotico non lo è. Semplicemente, implica una mole di dati difficilmente computabili. Ma rimane pur sempre un sistema di causa-effetto. E poi ci sono gli attrattori, no? :-)

hronir said...

Nell'ordine:
- in meteorologia le previsioni funzionano, seppur entro certi limiti;
- il concetto di "caos" è piuttosto preciso e si riferisce a sistemi dinamici (in meteorologia si fanno uso di sistemi dinamici caotici per modellizzare il comportamento dell'atmosfera);
- sebbene non possa escludere che ci siano stati tentativi di utilizzare sistemi dinamici caotici come modelli specifici in ambito economico, credo siano casi piuttosto rari e specifici: direi che l'aggettivo "caotico" non compete per nulla all'economia.