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16 October 2016

Serendipity /11 — Frankenstein Junior

Avvertenza:
quel che segue è tratto da uno scambio di email private; poiché l'iniziativa della pubblicazione è tutta mia personale e non ho il permesso esplicito dei partecipanti, ho modificato tutti i loro nomi per non renderli riconoscibili.
Siete liberi di — anzi, siete invitati a — proseguire la conversazione nei commenti.
E a rilanciare.
 
 
Callaghan:
Sono incappato in questo pezzo sacro di anonimo del XVII secolo — in particolare mi manda in brodo di giuggiole la voce del basso:
 
Stefano:
Davvero suggestivo. Mi piacerebbe trovare lo spartito, sarebbe utile in liturgia. Sospetto però un errore di data, questo stile mi pare troppo arcaico per un 1654.
 
Callaghan:
Sì, in effetti è più rinascimentale che barocco...!
 
Paolo:
La data del 1654 è quella della pubblicazione dell'antologia in cui la laudina è contenuta. Ma non dirò che Dante è del 1987 solo perché lo leggo nell'antologia del Pazzaglia comprata al liceo.
Ciò detto, una gradevole laudina rinascimentale un po' pop, che attribuirei alla metà del Cinquecento o poco dopo. Non so se disprezzo più il pop o più le laudine, ma nel caso specifico ammetto il fascino primitivo dell'esile melodia.
 
Ciro:
"Rozzo, si', primitivo, si', forse persino grottesco. Eppure, un qualcosa di inesplicabile mi dice che questo..."
Sulle prime il basso mi aveva fatto pensare all'orco cattivo, ma ora che ci penso meglio, "...potrebbe essere il nostro uomo!" :)
"Si! Può! Fare!"
Bisognerebbe solo verificare se tutto è "naturalmente o artificialmente in proporzione" alla lunghezza delle corde vocali...
 
Paolo:
Sì, la voce ragguardevole di questo bravo basso ha indubbiamente qualcosa di sexy.
Da esperto della materia, avendo colmato con passione e con frequentazione di palestre milanesi le lacune dovute ad una gioventù poco studiosa, posso però affermare che non c'è correlazione proporzionale diretta tra voce cavernosa e corpi cavernosi. A volte stature possenti e laringi siberiane rivelano esigue sorprese, mentre fisici meno possenti e funestati da ambigue voci tenorili strappano poi applausi da "Nessun dorma" alla prova della doccia pubblica.
 
Ciro:
Ma come!
Se proprio tu, lustri or sono, mi istruivi sull'aurea norma di inversa proporzionalita' dell'eroe greco, segno di temperanza e nobilta' d'animo, nonche' diretta misura di bellezza esteriore??
O tempora, o mores... :)
Che anche Achille fosse un basso?
 
Callaghan:
Io ero precisamente interessato acché questo thread si sviluppasse in senso musicale, per educarmi meglio a capire se ero stato rapito dalla particolarità de — se anche un orecchio più esperto come il vostro trovasse apprezzabile — il genere, lo specifico pezzo, la specifica esecuzione o lo specifico esecutore... o alcunché.
Ma va benissimo anche così, eh, tutto fa cultura!
 
Carogna:
Eh si', caro Callagano, non si sa mai prima che direzione prende la conoscenza...
 
Callaghan:
...ed è bella per questo!
 
Paolo:
Non c'è molta particolarità nel brano in oggetto. Suona piacevole perché formato da elementi molto semplici e simmetrici, e con cadenze molto regolari e puramente diatoniche: ossia, non più così lontane dal nostro sistema tonale da suonare sconvolgenti nel loro arcaismo, non così ricche da sembrare troppo "moderne" ad un orecchio nato nel post-romanticismo e in certi casi portato a disprezzarlo perché troppo "facile".
Molti amanti della musica antica vi si accostano perché fin da piccoli hanno associato l'armonia tonale allargata al "banale", alla musica da film, o perfino al pop, trattandosi dell'aria "musicale" che respiriamo. Altri adorano le chiese medievali spoglie, che grazie a Dio, hanno perso i colori variopinti e gli affreschi originali che le avrebbero rese tanto simili ai cartoni di Disney o ai finti castelli di Las Vegas che siamo stati educati a ritenere kitsch.
Ciò detto, il brano è una lauda polifonica che si può anche eseguire con una o più voci affidate a strumenti. Per creare varietà tra le strofe sempre uguali, il gruppo ha optato per diversi organici, non lasciandosi mancare perfino delle versioni strumentali pure. Si può fare. Lodevole la lettura elegante, senza troppi effettacci di percussioni e altro cascame mediterraneo à la page.
Il pensiero musicale "breve" è tipico di questo repertorio devozionale che serviva come intrattenimento spirituale extra liturgico. La piacevolezza facile è data dal connubio tra melodia semplice, basata su gradi congiunti e salti consonanti, e successione efficace di accordi. L'ambiguità tra accordi, minori e risoluzioni maggiori, lontana dal nostro senso tonale seppur così tipica nel periodo associata a successioni di accordi per quarte (meno forti, meno "dirette" rispetto alla cadenza di quinta, così definitiva), dà un minimo tocco di interesse senza richiedere all'orecchio moderno un grande sforzo, soprattutto perché la regolarità ritmica e la simmetria così forte creano un effetto cliché che bilancia lo sconcerto del moderno che si aspetterebbe almeno qualche accordo di settima ogni tanto. Immagina un vaso geometrico primitivo che per caso si adatta perfettamente ai colori del tuo divano: non è tutto merito del vaso, ma a casa tua sta bene e te lo godi. Non è un capolavoro ma ho sentito molto di peggio nel suo genere.
La voce del basso mi piace molto. :-)
 
Paolo:
Sull'aurea norma non discuto: la storia e la storia dell'arte ce l'hanno consegnata così, e noi la accettiamo come altre regole del gusto, come il fatto che l'esametro regolare non ammetta spondei in penultima sede. Ciò non vuol dire che la norma sia maggioritaria in natura, né che sia da tutti accettata sempre e ovunque. ;-)
 
Callaghan:
Alla fine uno tende sempre a pensare — io tendo sempre a pensare — che i motivi di apprezzamento di un pezzo possano essere ricondotti ad elementi oggettivi, ma ogni volta che ci provo mi trovo a dover retrocedere ed ammettere che il moto è, in principio, essenzialmente umorale. Come quando m'innamoro di un brano e m'illudo che l'innamoramento sia per tutto il genere, per poi scoprire invece che millemila declinazioni di quel genere mi annoiano, ed era invece qualcosa di specifico di quel brano ad avermi colpito. Certo, poi, con l'educazione, uno può imparare a riconoscere ed apprezzare la fisionomia di un genere, l'adeguarsi o il dipartirsi da esso di un brano particolare, può anche arrivare ad "abituarsi" e infine ad apprezzare un intero genere che inizialmente l'aveva lasciato indifferente, o al contrario a ripudiare un primo amore, forse per effetto dell'eccessiva esposizione. Ma le analisi oggettive, proprio per la loro oggettività, non possono cambiare e dunque non posso essere loro a render conto della mutata percezione.
E allora forse la voce del basso, la semplicità e la simmetria delle cadenze del brano, sono giustificazioni a posteriori, invece che cause efficienti.
E allora invece che chiedervi una parafrasi del pezzo, forse un confronto più succoso sarebbe stato quello di chiedervi di rilanciare!
 
Stefano:
Non si può, nemmeno essendo fisici, ricondurre tutto sempre e solo ad elementi oggettivi :-)
 
Paolo:
Come direbbe Woody Allen, la soggettività è oggettiva...
Ossia, c'è di sicuro e non la puoi controllare o ignorare. A me, pur essendo del mestiere, capita di sentire dopo anni brani e/o interpretazioni che mi hanno causato emozioni che ricordo benissimo, magari perfino legate a precisi dettagli tecnico-formali, rimanendo però deluso: a volte l'interpretazione mi pare invecchiata e inadeguata, superata; a volte invece è il brano che mi pare tutto sommato sopravvalutato o inferiore a tanti altri che ora conosco. O al contrario scopro dettagli che mi avevano sempre lasciato indifferente.
Se perfino i fisici forse ammettono oggi che lo sguardo dello scienziato influenza l'esperimento, figuriamoci se questo non accade per l'arte, e in particolare per la musica, che è ancora, tutto sommato, poco studiata dal punto di vista psico acustico: ci si picchia ancora per decidere quanta natura e quanta cultura ci siano dietro gli effetti e ai piaceri prodotti in noi dai suoni ordinati. Buffamente, senza avere la minima idea di cosa sia una frequenza, cosa impalpabile, un uomo abituato alla musica può riconoscere con precisione mostruosa quando due frequenze sono in perfetto rapporto matematico semplice, quando invece con l'occhio, dal quale tanto ci fidiamo, non sappiamo dire se due distanze o due lunghezze sono l'una il doppio dell'altra.
Il tuo orecchio e l'uomo al quale è appeso sono in continuo mutamento, anche nel momento stesso in cui percepisci e giudichi. Certo che educazione e cultura ti darebbero ulteriori strumenti, ma niente ti salverà mai dall'innamorarti di una melodia o di trovare intonato un acuto calante solo perché hai digerito bene, o perché la bocca aperta della fascinosa cantante evoca al tuo subconscio il ricordo o il desiderio di una fellatio ben fatta. Ciò detto, il consiglio è di estendere cultura e di allenare natura per godere tanto e per godere per il meglio, ma senza troppo stress, ché tanto "verrà la morte e avrà i tuoi occhi" — i poeti sono sempre un po' razzisti rispetto agli altri sensi, ma avrà anche orecchie, bocca e tutto il resto, ovviamente.
 

09 September 2014

Serendipity /9 — Dodecafonia vs Madrigali [era: Il romanticismo [era: Emilie Autumn Liddell]]

 
Proseguo, ostinato, da un commento ad un post precedente.
 
Mah, non so, forse su un aspetto della musica abbastanza marginale come la dinamica (ih ih ih) posso concedere dell'importanza alla sovraesposizione, ma su questioni più "profonde" continuo ad avere sospetti che tirano in ballo direttamente i cablaggi del nostro cervello. Anzi, non escluderei che l'imprinting musicale possa avere effetti contrari, di saturazione: delle canzoni dell'adolescenza oggi mi vergogno, mentre la musica che ascolto ora sono scoperte molto recenti...
Certo, certo, mi ricordo benissimo che mi consigliasti la "Breve storia della musica" di Massimo Mila, e ho intenzione di leggerlo a breve, non appena un ordigno nucleare avrà rotto definitivamente l'internet...
Anche sulla "questione di gusti" sto man mano maturando una posizione diversa da quella che descrivi: ho molto spesso la sensazione che il "discorso" che si costruisce per giustificare l'apprezzamento sia, appunto, un discorso a posteriori. Non voglio dire che siano cose senza senso, che si trovino coerenze interne che non esistono, strutture prive di oggettività: tutt'altro. Quel che voglio dire è che — mi pare — viene prima il gusto, in un senso molto vicino al livello percettivo, e solo dopo si cerca di capire cosa, di quell'esperienza, e perché, ci piace tanto. E sono portato verso una simile posizione perché, leggendo o ascoltando descrizioni, recensioni, omaggi e magnificazioni di altri a certa musica che non riesco ad apprezzare, mi ritrovo nell'avvilente condizione di comprendere benissimo quelle strutture, quella coerenza e la loro pregevolissima composizione... eppure non *provare* niente, all'ascolto (volendo abbandonare la diatriba musica-pura/musica-romantica, prendiamo pure il caso della musica dodecafonica: non so se ti sei mai imbattuto in questo bellissimo video di Vi Hart, Twelve Tones: intrigante, avvincente, ammaliante, profondo... eppure, se dovessi ascoltare quella musica... e come faccio, invece, a descrivere come vado in brodo di giuggiole ogni volta che ri-ascolto Philippe Jaroussky accompagnato dall'Arpeggiata di Christina Pluhar che canta l'Ohimè, ch'io cado di Monteverdi, jazzato!).
Infine, mi fa piacere sapere che esistono persone che non si vergognano di usare quelle espressioni — mi piacciono, voglio ripeterle: volgari orpelli, facili sentimentalismi, trucchi da stadio — per descrivere la musica che anch'io non amo; però avrei preferito una spiegazione. Ché non serve molto sforzo per immaginare, di converso, come altri possano descrivere la musica che piace a me: asettica, cerebrale, aritmetica...

11 August 2014

Serendipity /8 — Il romanticismo [era: Emilie Autumn Liddell]

E' Haydn e sinfonico, ma credo funzioni lo stesso:
"You find it beautiful? well I've got news for you: it isn't"
Oh, mio Dio, ma questi Young People's Concerts di Bernstein sono un'intera collezione di lezioni!
Dovrò assolutamente trovare il tempo di gustarmeli tutti!
(Il prossimo sarà senza dubbio What is a Mode?)
Ma restiamo all'orchestra di Haydn: sì, può sembrare che mi assecondi, e certamente ho apprezzato la canzonatura dell'eccesso di romanticismo. Ma il suo punto, direi, è ben diverso dal mio (sì, lo so che la tua è stata solo un'associazione di idee, che non volevi sostenere che le mie istanze fossero quelle di Bernstein, ma anch'io sto semplicemente facendo seguito al tuo spunto per dire ancora la mia).
Lui prende una posizione che potremmo dire "filologica", in cui mette l'autore al centro dell'opera e pretende che l'esecutore si renda semplice riproduttore di quel che l'autore aveva in mente. E già qui io alzerei il mio sopracciglio, e citerei la postilla di Eco al Nome della rosa: «Un narratore non deve fornire interpretazioni della propria opera, altrimenti non avrebbe scritto un romanzo, che è una macchina per generare interpretazioni. [...] L'autore dovrebbe morire dopo aver scritto. Per non disturbare il cammino del testo.»
Eco si riferiva alla narrativa, ma direi che il discorso è esportabile ad ogni forma di espressione artistica.
Bernstein, insomma, non sta criticando il romanticismo in musica, ma il romanticismo, potremmo dire così, fuori luogo. Tutti quei "vibrato, glissando, rubato, sforzando, crescendo" non sono il male in sé, per Bernstein, ma solo se applicati ad Haydn.
Io, nel mio piccolo, sono ad un livello molto più elementare: la mia non è una critica, nè filologica, nè tantomeno musicale; la mia è solo una dichiarazione di gusto musicale: il mio. La mia cultura musicale non mi permette di cogliere le sottili differenze di esecuzione (sì, ok, l'enfasi esagerata dell'esecuzione di apertura di questa lezione era piuttosto evidente, l'ho colta anch'io prima ancora che Bernstein la confessasse...) e i miei giudizi si esprimono in gran parte sulla base dell'opera "nuda e cruda", quasi indipendentemente dall'esecuzione (e da questo punto di vista la musica barocca è proprio la mia, col suo essere "musica pura", non a tema, mera struttura armonica e contrappuntistica).
O forse no, visto che lo stesso pezzo (la ciaccona del Vitalino dell'altro post) mi piaceva in versione barocca e non in versione romantica!
Vediamo: direi che il punto, per il mio gusto, potrebbe essere il peso che ha la romanticizzazione in un pezzo, in un'esecuzione: cosa succede se togli la dinamica alla ciaccona del Vitalino? E se la togli ad una sinfonia?
Ecco, prendi le tanto di moda "jazzizzazioni" di pezzi di musica classica: hanno scritto "Bach goes to town", hanno scritto anche "Beethoven goes to town"? Sì, lo so che è sleale usare Bach come elemento di paragone, ma, ripeto, cosa resta di una sinfonia, tolta la dinamica?
Ma anche questo forse non è vero: Uri Caine non ha riscritto solo le Variazioni Goldberg, ha anche riscritto Mahler —bellissimo! (ma forse quella di Mahler, pur essendo una sinfonia, non è romantica, in un qualche senso non troppo generico del termine...).
Però tutto sommato il confronto col jazz mi sembra sia d'aiuto, visto che io salto direttamente dal clavicembalo al banjo (ma in realtà anche del jazz, che detto così in generale è un po' una parola calderone, non è che riesca ad apprezzare tutto...).
La jazzizzazione di Bach, infatti, non avviene tramite immersione del suo contrappunto in un bagno di mera dinamica; gli orpelli con cui gli si rende omaggio sono di natura ritmica e armonica.
Quel che, dunque, non mi piace — diciamo meglio: quel che mi lascia spesso indifferente — della musica romantica, è il suo essere troppo centrato sulla dinamica, giocando con essa su una struttura musicale tutto sommato semplice, o comunque nascosta dalla dinamica. Che poi: anche il jazz gioca spesso con temi semplici, ma i suoi giochi sono ancora di natura musicale (tempo e armonia)!
Parlando di queste cose, un amico — per non violare la sua privacy lo chiameremo con un nome di fantasia, Matteo — aveva fatto una osservazione molto interessante: le colonne sonore dei videogiochi, una volta, dovevano accontentarsi di schede a 8 bit e un audio senza campionatura ma prodotto da un chip a modulazione di frequenza con giusto un paio di forme d'onda o poco più: una "musica" fatta solo di altezza e durata. E in effetti le colonne sonore di quei giochi, in genere, avevano — giocoforza — una struttura musicale che quelle dei giochi più moderni non si sforzano nemmeno di avere, forti delle possibilità ormai cinematografiche; e così, vincoli strettissimi come quello della monofonia portano naturalmente a re-inventare tecniche come l'arpeggio o l'armonia orizzontale, squisitamente contrappuntistiche.
Chiaramente la critica naturale a tutta questa mia difesa del barocco è forte: sono una specie di vecchio conservatore, che non apprezza le nuove possibilità del progresso, della dinamica del forte-piano (ma perché, in epoca barocca e rinascimentale non esistevano forse gli archi? i flauti? non avevano forse questi strumenti possibilità di dinamica? ma allora non era forse solo una questione di moda?).
Boh.
Che poi, non è che abbia una vera e propria tesi da difendere, e ormai non ricordo più nemmeno dove (se?) volessi andare a parare... ah, massì, certo: alla solita conclusione, e cioè che la musica ha quel qualcosa di fisico che difficilmente riesci a cambiare con la teoria, con la testa, con le parole.
 

10 June 2014

Serendipity /7 — Emilie Autumn Liddell

 
Ennesimo post a carattere musicale: sto cercando a tutti i costi di perdere definitivamente i miei due lettori rimasti.
Vi ricordo, mi raccomando, il solito disclaimer di questo genere di post, e cioè che la musica ha quel qualcosa di fisico che difficilmente riesci a cambiare con la teoria, con la testa, con le parole; e vi ricordo anche che, purtroppo, non ne capisco molto di musica (classica), e sono dunque prono a ingenuità di giudizio.
Oltretutto sono già stato accusato in passato — per non violare la sua privacy, chiameremo l'accusatore con un nome di fantasia, Franco, a richiamare la sua sincerità, apprezzata ed anzi financo ricercata, nell'esprimere le proprie opinioni; ricercata, la sincerità, perché giudicate autorevoli, va da sé, le sue opinioni — sono già stato accusato, dicevo, di essere vittima di ben altre fascinazioni che camuffavo, prima di tutto a me stesso, come musicali ma che, a suo dire, musicali non erano affatto — non potevano esserlo, questa era la sua tesi, perché musicalmente non v'era molto di cui restare affascinati.
 
E dunque, con tutte queste premesse, capirete bene il mio imbarazzo nel ripresentarmi al suo cospetto presentando questa volta nientepopodimenoché una specie di burlesque bleeding plague-rat guro emo fairy punk gothic lolita, cercando pure di invitare a prestare attenzione al lato squisitamente musicale della faccenda.
Eviterò, perciò, di concentrarmi sul personaggio, e proverò a seguire un percorso legato ad un pezzo specifico, la Ciaccona in sol minore per violino e basso continuo attribuita al Tommaso Vitalino, e ad un tema di carattere generale, la contrapposizione fra musica pura e musica romantica.
 
E insomma càpita che càpito, non chiedetemi come (volete saperlo davvero? ma vi ho già parlato della Follia, no?), su qualche video di questa Emilie Autumn Liddell. Le prime reazioni sono contrastanti: ma è un giocattolo o un violino vero? e lo sta suonando davvero, dal vivo, nel bel mezzo di un musical a metà fra il punk-rock e il burlesque? non me ne intendo molto, magari non sarà una grande esecutrice, ma sembra difficile che si tratti di una semplice dilettante (per dire: sarà anche in versione elettrica, ma questo stralcio dalla partita per violino solo di Bach che introduce il suo pezzo "Face The Wall" non mi sembra alla portata di qualsiasi dilettante (e infatti poi scopro, qui, qui, qui, qui, qui, o qui, che col Bach della partita numero due si deve sentire piuttosto a proprio agio, persino col violino barocco; e per quel che mi riguarda la partita di Bach vale un sacco di punti). Ecchécéntra, direte voi, anche Allevi non è un dilettante, eppure... (non conosco Allevi, non lo seguo, ma immagino non abbia fatto, di pianoforte, un corso serale...)! E avete perfettamente ragione, ma mi appello al disclaimer iniziale e proseguo.
 
Erro, dunque, e scopro che oltre a suoi brani originali di questo suo genere — volete chiamarlo così? — adolescenziale (che quando va bene ricorda una specie di mix fra i Dream Theater e Tori Amos), accanto ai suoi pezzi, dicevo, esistono sue esecuzioni di musica classica, anzi proprio barocca. Oltre alla già citata Follia (mi sembra notevole, ma devo stare attento ai miei giudizi ingenui, soprattutto sulla Follia, che tende a piacermi anche nelle trascrizioni per ensemble di mazzi di chiavi dispari) trovo altri pezzi dai nomi del tutto anonimi/generici: un allegro, una sonata per violino e basso continuo(*), o un'altrettanto generica Ciaccona.
Non saranno mica addirittura sue composizioni? Quella ciaccona, in particolare, è chiaramente barocca, quantomeno nelle sonorità, ma in effetti ha qualcosa di atipico per il barocco che, chissà, magari è proprio dovuto al fatto che si tratta di una sua composizione con aspirazioni barocche ma che, inevitabilmente, si ritrova a modulare dinamiche armoniche più moderne. Solo che poi, continuando a girarle attorno, scopro un diverso upload dello stesso pezzo nel cui titolo si cita un certo Vitali. Finalmente un appiglio: evidentemente no, non erano pezzi suoi. Cerco allora su YouTube altre esecuzioni di questa ciaccona di Vitali: chissà, penso, se riesco a farmi un'idea di questa Emilia Autunno dal confronto con altre esecuzioni più "classiche" degli stessi pezzi.
 
Be', le altre esecuzioni in cui mi imbatto sono — per me — una grossa delusione: vibrati e dinamica struggente che nemmeno in un concerto di Tchaikovsky, trascrizioni per violoncello, orchestre, sinfoniche persino, con tanto di immagini new age di accompagnamento. Anche la versione di Eduard Melkus, chiamata "originale" (?) e suonata su violino barocco, ha dinamiche troppo romantiche per i miei gusti. Provo ad aggiungere il termine "baroque" nella ricerca, ma a quel punto mi ritrovo fra i risultati mille altre ciaccone, barocche, sì, ma non più quella del Vitalino. L'unica altra sua versione dalle parvenze barocche che sono riuscito a trovare è quella di tale Stéphanie De Failly, che però è accompagnata da un organo, invece che dal mio amato clavicembalo (che invece accompagna la Autumn!), e che ogni tanto, almeno mi pare, si concede comunque qualche piccola libertà dal retrogusto tendente al romantico.
 
Ma è dunque la Autumn a barocchizzare un pezzo romantico, o...? Cerco chi fosse questo Tommaso Vitali e scopro che sì, si tratta di un compositore e violinista in pieno periodo barocco, autore di sonate nello stile nientemeno che di Corelli, appunto, e a cui questa ciaccona, nonostante sia il principale motivo per cui è noto, viene semplicemente attribuita, sulla base dell'indicazione "Parte del Tomaso Vitalino" che il copista lasciò sul frontespizio della trascrizione per la biblioteca di Dresda. Ma scopro anche le due particolarità principali di questa ciaccona, che spiegano molte cose del mio girovagare su YouTube.
La prima è che la partitura originale ha, oggettivamente, qualcosa di anomalo rispetto allo stile barocco: in particolare (e mi limito a riportare quanto dice wikipedia, ché di musica non me ne intendo abbastanza per capirle) farebbe uso di "violenti" (wildly) cambi di tonalità, toccando, a partire dal sol minore (perché — vero, no? — non ha armonicamente senso citare delle tonalità di passaggio senza specificare la tonalità di partenza!), toccando, si diceva, il si bemolle e il mi bemolle minori, cosa del tutto inusuale, così dicono, per le prassi barocche.
La seconda cosa è che tale ciaccona è stata rimaneggiata un sacco di volte, già a partire dall'800, da musicisti che non si limitarono a farne trascrizioni per strumenti diversi, ma perpretarono delle vere e proprie rielaborazioni (very much arranged and altered version) con forti caratterizzazioni romantiche (romanticizzò e adattò la linea melodica al violino moderno): Ferdinand David ('800), Jascha Heifetz ('900), Ottorino Respighi ('900), etc, etc. E pare appunto che la versione romantica di Ferdinand David sia quella più eseguita. Ed ecco, verosimilmente, il senso della dicitura "originale" nell'esecuzione di Melkus — ma deve aver mantenuto, di originale, giusto la partitura, drogandola comunque nell'esecuzione con una massiccia dose di romanticismo!
 
Io — e lo confesso così, apertamente, a conferma del mio dilettantismo musicale — ho una vera e propria idiosincrasia per la musica romantica: quelle orchestre sterminate, in cui tutte le voci sono ovattate, annegate le une nelle altre; quelle dinamiche esasperate che annacquano la struttura musicale... struttura musicale? ma hanno una struttura musicale, quei pezzi buoni giusto come colonne sonore?
Ok, ok, chiedo scusa, mi sto lasciando prendere la mano, e certamente sto generalizzando troppo.
Ma non è la prima volta che provo grande delusione di fronte alla romanticizzazione del contrappunto.
Tempo fa, ad esempio, avevo anche provato ad intromettermi in una colta conversazione fra lo Smeriglia e la sua amica Micol, sperando mi rispondessero qualcosa di utile per capire meglio questo romanticismo in musica; ma giustamente hanno ignorato il mio commento fuori tema: quello che la Grimaud e la Tipo stavano suonando non era Bach, ma Busoni; allo stesso modo la Autumn e gli altri non stavano suonando la stessa ciaccona: lei quella del Vitali, gli altri quella del David.
Ancora, a proposito di romanticizzazione del barocco, prendete il bellissimo Jean-Philippe Rameau della gavotta (con variazioni!) ultimo movimento della prima suite in La minore dalle "Nouvelles Suites de Pièces de Clavecin" pubblicate intorno al 1728: difficile renderla romantica, mi dicevo, perché anche nei pezzi più "melodici" c'è l'altra voce che martella contrappuntisticamente a ritmo sostenuto. Ma mai sottovalutare il romanticismo: basta esagerare col lento e i rallentando, con le dinamiche forte/piano, et voilat! E non crediate che l'abbia cercata col lanternino: su YouTube è tutto un fiorire di versioni romanticheggiate.
Forse, se proprio vogliamo "romanticizzare" il barocco, l'unica possibilità è partire dalla Follia e chiamarsi Sergei Vasilievich Rachmaninov. Ma in questo caso, mi pare di notare chiaramente, la "romanticizzazione" non avviene tramite "banali" dinamiche di tempo e forte/piano (e infatti temo che stia chiamando con lo stesso nome, "romanticizzazione", due cose diverse, e che quella di Rachmaninov sia, sì, una de-barocchizzazione, ma che non abbia molto a che fare col romanticismo musicale... c'è qualche musicista fra il pubblico?).
 
Va bene, basta, la smetto: mi pare che il post sia venuto già abbastanza lungo, la Emilie Autumn ve l'abbia segnalata e linkata abbondantemente, la mia ignoranza musicale abbia già fatto bella mostra di sé, e si possa dunque chiudere qui il post (e a questo punto magari anche il blog, chissà).
 
 
(*) Scoprirò poi che si tratta di una delle 12 sonate di Carlo Ambrogio Lonati, maestro, pare, di Francesco Saverio Geminiani: ma vedi tu cosa si scopre ad ascoltare una burlesque plague-rat etc-etc gothic lolita...
 
 

25 February 2014

Serendipity /6 — Josh Turner e il bluegrass

 
Il meglio, si sa, è nemico del bene, ma anche il bene è nemico dell'alla bell'e meglio. La rubrica Android App of the Day era nata tempo fa col preciso scopo di segnalare NewsRob, il miglior feed reader (ancora!) in circolazione; ma in attesa di trovare il tempo di scriverne per bene è finito che hanno chiuso Google Reader. Ora, per fortuna — ve l'ho già detto? — NewsRob è rinato dalle sue stesse ceneri come GrazeRSS e col supporto a Feedly posso tutto sommato dire di aver ripristinato lo status quo per quanto riguarda la lettura di feed sincronizzata mobile/non-mobile e on-/off-line.
Ma come si capisce dal titolo, non è di app Android che voglio parlarvi, e la lunga premessa fuori tema era solo per scusarmi di un post, questo, che mi sono infine deciso a buttar giù alla bell'e meglio, per parlare, almeno, di Josh Turner, ché a pretendere di parlarne bene avrei rischiato di non parlarne affatto.
E nonostante il thread Serendipity non sia nato con questo post in mente, questo post, serendipicamente, ben si inserisce nel filone. Perché quella che questo post racconta è proprio la storia di una felice sequenza di scoperte fortuite a carattere musicale.
 
Tutto partì con la solita casuale ricerca di sana e buona musica antica, che a un certo punto mi aveva portato ad orbitare attorno a John Dowland, e in particolare alle diverse esecuzioni delle, e/o variazioni sulle, sue canzoni più famose: Flow My Tears, Come Again, If My Complaints... e in particolare The Earl of Essex Galliard, che solo in un secondo momento ho scoperto essere la versione puramente strumentale (The Right Honourable Robert, Earl of Essex, his Galliard) di un’altra sua canzone con tanto di lyrics: Can She Excuse My Wrongs? — canzone che, leggo su wikipedia, Elvis Costello incluse fra le bonus-track della riedizione del 2006 delle sue The Juliet Letters; la versione di Costello non sono riuscito a trovarla su YouTube, ma ho ricordi remoti (e per questo vaghi e indefiniti, e per questo "idìllici") di quel suo album con il Brodsky Quartet: dovrò riascoltarmelo, un giorno...
E insomma, to make a short story long, giungo infine — eccolo, finalmente entra in scena, il mitico Josh Turner — ad una piacevole esecuzione di quella canzone di Dowland in versione voce e liuto suonata da un ragazzino tutto spettinato come appena svegliatosi: Can She Excuse My Wrongs?
 
Fu un vaso di pandora: cose terribili ne uscirono.
 
Altri pezzi di musica antica, certo — ancora Dowland, A fancy, o Luis de Narvaez o Claudin de Sermisy o il sempreverde Greensleeves; persino, con mia grande e felice sopresa, una dignitosissima esecuzione di un bellissimo pezzo, l'If Ye Love Me di Thomas Tallis, che avevo avuto la fortuna di cantare col mio compianto Psalterium e che (beata ignoranza) credevo pressoché sconosciuto — barocca, anche — una trasposizione per chitarra di un violoncello di Bach — e di musica classica in generale, pure — il Mozart dell'Ave Verum e del Rondò Alla Turca, o la marcia funebre di Mendelssohn...
Ma il suo genere era un altro, dal nome — per me, allora — sconosciuto, che da quel momento, però, non avrei più smesso di iniettarmi direttamente nella coclea: il bluegrass (ecco, finalmente, qual era il genere della colonna sonora di Fratello, dove sei?, ché, ingenuo, cercare solo country o folk non bastava mica — senza contare che allora c'era solo Napster, mica YouTube, e la ricerca di nuova musica era incredibilmente più lenta e macchinosa...).
 
Josh Turner fu certamente la via di accesso ad un intero mondo da esplorare.
Solo un esempio, alla bell'e meglio: prendi un vecchio classico qualsiasi, Big Sciota — di cui esistono già quattro versioni featuring Josh Turner, una vecchia chitarra-mandolino-banjo, un'altra mandolino e due chitarre, replicata qualche anno dopo ad una specie di fest(iv)a(l), non ho capito, ed eseguita finanche tutta da solo, su mandolino, chitarra, banjo e... come chiamarlo? basso-lele? mitico! — prendi quel vecchio classico, dicevo, e un quick youtubing ti porta al gustoso video dei Jaywalkers, in cui la cantano su contrabbasso, mandolino e fiddle (fiddle, sì: il violino nel bluegrass è un'altra cosa, 'nevvero?), o ad una hot jam ad un certo River City Bluegrass Festival; lì ti colpisce chiaramente uno dei due violinisti, quel certo Nicky Sanders youtube-ando il quale arrivi agli evidentemente famosi Steep Canyon Rangers fra cui — una volta di più — è dolce naufragare... (e.g. Orange Blossom Special, ovvero, potremmo dire, lo standard-jazz del bluegrass; Knob Creek, a hauntingly beautiful melody which flows through many tempo and mood changes SCR really shines; Alabama Jubilee, e andate in giubilo al 3:40...)
 
Il bluegrass, dicevo, è stato un intero mondo da esplorare, ma c'è qualcosa di particolare e specifico in Turner. Com'è normale, non basta certo che un pezzo sia suonato col banjo perché mi piaccia, esattamente come non basta che ci sia il clavicembalo perché mi piaccia un pezzo barocco (ecco, sì, bello il parallelo fra clavicembalo e banjo: entrambi strumenti o-lo-adori-o-lo-detesti; inutile che vi dica a quale religione io appartenga...). Anzi, essendo il bluegrass un genere molto caratteristico, è facile che youtubando a caso vi imbattiate in pezzi tutti uguali a se stessi e presto, quando non subito, noiosi. Provate ad esempio a chiedere "bluegrass" a Spotify: vi verrà da scappare a gambe levate! Tra l'altro lo stesso Josh su Spotify è presente solo con i due album del suo gruppo, "The Other Favorites", ma anche quelle album-version sono di una mediocrità che non rende minimamente giustizia alle corrispondenti versioni che ho trovato su YouTube...!
Ecco, per Josh Turner è scoppiato quella specie di innamoramento per cui riesce a piacermi qualsiasi cosa scelga di suonare. Non mi capitava una cosa del genere dai tempi, remotissimi, della Yoko Kanno dell'OST di Cowboy Bebop: avere una playlist di decine e decine di brani dai generi e gli stili più vari, tutti bellissimi, tutti di una sola persona. Ok, sì, Josh non è così eclettico come Yoko Kanno, ma il fatto è che non mi piace soltanto quando fa bluegrass: lì, certo, sceglie dei pezzi bellissimi, o — meglio — è capace di renderli tali: Hello Mary Lou (sempre in versione single performancer chitarra-mandolino-banjo-bassolele), Jack-A-Roe, Shady Grove, The Tennessee Waltz, E.M.D.... e potrei continuare a lungo: alla versione originale, spesso, non avreste concesso più di una dozzina di secondi di ascolto! Non mi piace, dicevo, soltanto quando fa bluegrass, ma anche quando canta e/o suona cose più "pop", tipo Bob Dylan (Don't Think Twice, It's Alright), i Beatles (Get Back), i Who (Behind Blue Eyes), Ray Charles (Hallelujah I Love Her So), Adele (Rolling In The Deep), La ragazza di Ipanema, Summertime, etc etc.
 
E niente, basta, direi che ho già detto fin troppo, che poi l'avevo detto sin dal primo post di questa inattesa saga: la musica ha quel qualcosa di fisico che difficilmente riesci a cambiare con la teoria, con la testa, con le parole: se certa musica non ti piace, è difficile appassionartici, soprattutto per iscritto.

14 December 2013

Serendipity /5

A conferma del titolo, ecco l'ennesimo post "musicale".
Il pretesto è l'invitarvi alla lettura di due pezzi gustosissimi. In ordine cronologico non-inverso: La bibbia, uno che si chiama Andrew Bird e il perché dei perché e (non lasciatevi indurre a desistere dal titolo) Birdwatching vs AndrewBirdlistening.
Tassativamente solo dopo esservi gustata la lettura dei due pezzi linkati qui sopra siete autorizzati a gustarvi l'ascolto del pezzo qui sotto, scelto fra i tanti di questo tal Bird senza alcuna pretesa d'averne selezionato il migliore, ma al solo scopo di dedicarlo a Franco, ché mi ha ricordato il suo Tom Waits.

24 June 2012

Variazioni [era: Serendipity]

 
Provo con un altro post "musicale", che riprende in qualche modo il discorso sulle cover iniziato qualche post fa, serendipicamente, con Tom Waits.
C'è una cosa, in musica, che amo molto, e sono le variazioni. Forse perché entrano in gioco meccanismi atavici e infantili legati alla ripetizione di un elemento familiare, che ricorsivamente rinforzano la stessa familiarità; forse per il gioco intellettuale, ma giocato a livelli molto prossimi all'elaborazione inconscia del dato percettivo, quindi molto fisico, del riconoscimento di un pattern noto in un contesto sempre diverso: cercare il tema, scoprirne il tratto messo in rilievo da quella particolare variazione, sovrapporlo inconsciamente a quello di un'altra, ricreare ogni volta un ascolto diverso sulla base del peso relativo delle diverse variazioni che mentalmente vengono richiamate da quella che sta suonando in quel momento particolare...
Ovviamente avrete pensato subito che avessi in mente, per antonomasia, le Variazioni Goldbach... ehm, scusate, volevo dire le Variazioni Goldberg di Bach. Forse non sapete, però, che sì, pensavo proprio a Bach, ma anche, contemporaneamente, per antonomasia, a Uri Caine. Alle sue Variazioni Goldberg, ma anche al suo Mahler (che a sua volta, tanto per dire, nella sua Sinfonia n. 1 citava, variando in minore, nientepopodimenoché Fra Martino...).
Il jazz, da questo punto di vista, è un po' il nirvana delle variazioni, con i suoi standard declinati miriadi di volte.
 
Non propriamente una variazione, un'esecuzione rappresenta comunque un'istanza concreta e particolare di un ipotetico ideale astratto di composizione musicale: diverse esecuzioni di uno stesso brano sono l'occasione per cogliere l'ingrediente "personale" dell'esecutore, e giudicarne la bravura. Ora, qui io metterò in mostra tutta la mia ignoranza musicale, perché sono assolutamente incapace di giudicare la bontà di un'esecuzione, e mi limito a cogliere l'affinità, del tutto soggettiva, fra l'opera (in astratto) e il mio personalissimo gusto musicale. Credevo che la principale ragione di ciò fosse da cercare nel fatto che rarissimamente mi capita di ascoltare esecuzioni diverse di una stessa opera. Credevo che la ragione andasse ricercata lì perché credevo risiedesse lì il concetto stesso di "competenza di giudizio": nell'abitudine ad usufruire con una certa frequenza di certe esperienze, nell'ambito del loro più o meno naturale ambito di variabilità, nel saper cogliere le differenze e quindi, quasi automaticamente, nel saper riconoscere le varianti migliori.
Perché mai non sono in grado di riconoscere la bontà di una bottiglia di vino? Sì, ok, per tutta una serie di ragioni, ma prima di quelle viene il fatto di non essere un bevitore abituale.
Messi per la prima volta di fronte a, tanto per dire, un balletto di danza classica, sapreste giudicare la qualità della performance?
Allo stesso modo, per quel che mi riguarda, è già tanto saper dire che preferisco la musica rinascimentale e barocca a quella sinfonica ottocentesca, perché è già tanto se ho avuto modo di ascoltare diversi brani di quei diversi generi, ma non addirittura diverse esecuzioni di medesime composizioni.
 
Poi arrivò YouTube.
 
Certo, soprattutto per la musica classica, quel che si trova su YouTube non può certo considerarsi un campione rappresentativo del "naturale ambito di variabilità". Però, con tutte le cautele del caso, un minimo di esplorazione la consente.
Così, non ricordo più come, diciamo pure, ancora, serendipicamente, scopro il Si dolce è 'l tormento di Monteverdi nell'esecuzione di Marco Beasley e Guido Morini (Accordone). Mi piace molto, ma mi accorgo subito che c'è qualcosa di insolito: il modo di cantare di Beasley non è quello tipico delle esecuzioni di musica rinascimentale (non chiedetemi dettagli tecnici che non saprei come chiamare: forse l'espressione giusta è voce impostata, che mancherebbe a Beasley, ma un musicista potrebbe storcere il naso). In effetti poi scopro che questo Beasley è presente su YouTube con un repertorio piuttosto variegato, che spazia, pur restando in qualche modo nell'orbita delle sonorità barocco-rinascimentali, dalla tarantella pugliese (La Carpinese, Marco Beasley e L'Arpeggiata) alla musica tradizionale napoletana (badate alla differenza notevole fra questa sublime versione di Beasley de La canzone del Guarracino, così barocca e rinascimentale, e quest'altra versione in concerto con Pino De Vittorio, in cui canta ancora lo stesso Beasley ma che è chiaramente dominata dallo stile dell'altro, nel suo essere, come commenta Beasley stesso a un certo punto verso il finale (minuto 5:45), proprio Napoli esagerata, da intendere in un senso che, personalissimamente, non è proprio un complimento).
 
Bazzicando ancora su YouTube attorno a Beasley, concedetemi quest'altra parentesi, ho scoperto anche queste variazioni (Se l'aura spira) di Frescobaldi, che sono davvero bellissime, io non le conoscevo, non solo in questa particolare esecuzione del Beasley con un anacronistico ma icastico clarinetto in vece di flauto, e infatti ho poi scoperto che il loro tema, che Frescobaldi stesso chiamava la follia, altri non è che una sorta di precursore (lo chiamano the early folia) del più famoso tema omonimo (the late folia), che tanto mi fa impazzire, ogni volta, a onorare il suo nome, e che proprio in questa occasione ho scoperto potrebbe dare la polvere, di gran lunga, a qualsiasi standard jazz, quanto a popolarità come oggetto di variazioni (Which composers have written variations upon La Folia (in chronological order)?), e io che pensavo solo a Corelli.
Chiusa parentesi.
 
Dicevo, delle interpretazioni di Beasley: a conferma dei miei sospetti trovo in coda ai suoi video di musica antica dei commenti (vedi qui a lato) che si indovinano essere di musicisti che giudicano pessimamente l'esito di questi suoi esperimenti musicali. Lo ripeto ancora una volta, il mio gusto musicale è estremamente naif e con poca esperienza, io sono uno di quelli che non si accorge delle oggettivamente, a detta di alcuni miei amici musicisti, pessime qualità come tenore di Andrea Bocelli (pur non amandolo a mia volta, ma, come dicevo, semplicemente sulla base del mio gusto musicale rispetto al genere che usualmente canta).
Forse, dicevo, non basta frequentare certi generi, per maturare un gusto competente, e chissà cos'altro mi manca, perché rispetto a tutte le altre versioni "più classiche" che trovo su YouTube, il Si dolce è 'l tormento di Beasley è di gran lunga quella che preferisco.
 
 

16 May 2012

Tom Waits [era: Serendipity]

Si' si' Vinicio lo so...(ti piace Singapore? fa molto Vinicio per me).
E I'll be gone?
Bello, bello, mi piace che il discorso prosegua.
No, non conoscevo entrambe le tue ultime segnalazioni: le aggiungo di buon grado alla mia playlist degli originali di Tom Waits: sinceramente non le avrei dette molto Capossela, ma mi piacciono (ormai sto imparando ad apprezzare Tom Waits anche al primo ascolto...).
Permettimi però di cogliere l'occasione per ritornare sulle mie tesi, ché continuo a restare della mia opinione.
Prendiamo proprio la Singapore che citi: ci sono diverse linee strumentali più o meno melodiche che si parlano, ma nessuna di esse costituisce l'ossatura portante del pezzo, il suo "basso continuo" (o almeno io faccio una fatica enorme a sentirla, solo qua e là, a sprazzi...). Anche perché spesso il loro gioco è quasi di dissonanza, di tensioni sospese... c'è solo un momento, quando entra una voce di tromba — mi pare sia una tromba — in primo piano, che un briciolo di armonia sembra rischiarare le tenebre del pezzo, ma, appunto, dura poco.
La voce di Tom Waits, poi, in questo pezzo, è davvero completamente neutra dal punto di vista musicale: non traccia nessuna linea, ogni tanto si appoggia su una nota e si tiene lì fino a al momento di risolvere su un'altra, ma il più delle volte si limita ad esprimere la sonorità della metrica delle parole e il ritmo della loro recitazione: sapresti "canticchiare" questa canzone? No, non è possibile, non esiste alcuna canzone in un senso proprio del termine.
Adesso concedimi un po' della tua pazienza e prendi questa cover di tali Blue Flags and Black Grass. Qui ci hanno messo, belli chiari chiari, gli accordi: come la base MIDI di un corso di chitarra per corrispondenza (elettronica) in cui devono rendere in maniera didascalica la struttura armonica del pezzo.
Oppure — pazienta ancora — prendi quest'altra cover di tali Asheville Waits Band: qui, oltre agli accordi, si sente, bella chiara e protagonista, una possibile linea di basso del pezzo.
Infine — e lasciamelo dire subito: questa cover proprio non mi piace e sono stato combattuto a lungo nel citarla per non irritarti, ma mi serve per chiarire il senso del mio discorso — prendi la cover di tal Anna Madorsky: qui invece abbiamo una (mediocre) linea melodica principale.
Ora, ti prego di non fraintendermi: la grandezza (va bene, va bene: uno degli elementi di grandezza) di Tom Waits è proprio il suo lasciare che tutte queste cose (la struttura armonica, l'ossatura di basso, una linea principale del pezzo...) restino in sospeso, siano solo suggerite, debbano essere "immaginate", come l'infinito dietro l'ermo colle, dall'orecchio dell'ascoltatore. Come un piacevole ricordo: vago e indefinito.
Il mio punto, come dicevo sin dall'inizio, è che tale grandezza può essere difficile da cogliere, o almeno che lo è stato per me tempo fa. Nel mio percorso è stato propedeutico l'ascolto di alcune cover che hanno provato a giocare, a mio modestissimo parere con un certo successo, con l'input originale di Tom Waits. Perché chiaramente la linea melodica la Madorsky se l'è letteralmente inventata, pagandone tutto il prezzo. Così come la linea di basso degli Asheville rappresenta anch'essa una loro personalissima interpretazione, con un esito questa volta decisamente più gradevole.

26 April 2012

Serendipity

Ascoltare Radio Swiss Jazz e capitare su un pezzo di Nat King Cole.
Cercare Nat King Cole su youtube e capitare sulla cover di Nature Boy targata Pomplamoose.
Scoprire e apprezzare essenzialmente tutte le cover firmate Pomplamoose (che vorrebbe dire pompelmo, se fosse pronunciato così, scritto in inglese, ma in francese) e dintorni.
Cercare su youtube Tom Waits e trovare la cover della sua Green Grass, di Agathe & Fine (e scoprire l'ukulele...).
Cominciare ad apprezzare, pian piano, Tom Waits, anche l'originale, grazie a tutta una serie di cover fra cui Tango Till They're Sore (WaitsWatcher & VamosBabe, St. Vincent), Dead and Lovely (Lady Sings It Better, WaitsWatcher & VamosBabe), Temptation (Babba's Jazz Club, WaitsWatcher & VamosBabe), Get Behind the Mule (Hope Waits, ma no, non è la figlia di Tom Waits, anche se, dice, le sarebbe piaciuto) e New Coat of Paint (WaitsWatcher & VamosBabe), tanto per citarne alcune.
 
 
PS
Con la musica è difficile fare un post. Volevo dilungarmi a spiegare come il mio rapporto con Tom Waits, cominciato male anni addietro quando ero partito direttamente da lui medesimo, sia inaspettatamente cambiato (pian piano, occupando i capillari molto lento) passando attraverso alcune cover (la maggior parte citate qui sopra...). Mi sarei dilungato sulla struttura musicale apparentemente nascosta, nelle versioni originali, dal timbro della sua voce, dalla sua interpretazione e dall'arrangiamento spesso scarno; struttura che invece emerge più chiara e comprensibile (e apprezzabile) in alcune cover particolarmente felici e ben riuscite sia nell'arrangiamento che nell'interpretazione. Avrei ipotizzato che il mio orecchio inesperto aveva avuto bisogno di un'introduzione "catchy", per poter poi tornare ad apprezzare l'originale. Avrei però sollevato alcuni dubbi sull'ipotesi catchy, azzardando un parallelo con il confronto fra il De André puro, e quello "drogato" dalla PFM (avreste usato davvero l'espressione "catchy" per descrivere la trasformazione di De André nel concerto del '79? E del resto riuscireste a dire, per De André, che sono oggettivamente migliori le versioni originali rispetto a quelle progressive? o viceversa?).
Dite che il paragone con De André é eccessivo? É eccessivo quello con la PFM? Entrambi?
Avrei potuto, dicevo, dilungarmi in un post articolato e cerebrale, financo tecnico (di quella tecnicità improvvisata e millantata di chi ha imparato qualche termine musicale e crede, con quelli, di capire la musica). Avrei potuto, ma poi la musica ha quel qualcosa di fisico che difficilmente riesci a cambiare con la teoria, con la testa, con le parole: se certa musica non ti piace, é difficile appassionartici, soprattutto per iscritto.
 
E così, alla fine, conviene non dilungarsi, limitarsi ad una breve segnalazione à la buraku: tanto chi ha modo di apprezzare, apprezza ugualmente (Yoshi, io ad esempio ho apprezzato!).