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09 September 2014

Serendipity /9 — Dodecafonia vs Madrigali [era: Il romanticismo [era: Emilie Autumn Liddell]]

 
Proseguo, ostinato, da un commento ad un post precedente.
 
Mah, non so, forse su un aspetto della musica abbastanza marginale come la dinamica (ih ih ih) posso concedere dell'importanza alla sovraesposizione, ma su questioni più "profonde" continuo ad avere sospetti che tirano in ballo direttamente i cablaggi del nostro cervello. Anzi, non escluderei che l'imprinting musicale possa avere effetti contrari, di saturazione: delle canzoni dell'adolescenza oggi mi vergogno, mentre la musica che ascolto ora sono scoperte molto recenti...
Certo, certo, mi ricordo benissimo che mi consigliasti la "Breve storia della musica" di Massimo Mila, e ho intenzione di leggerlo a breve, non appena un ordigno nucleare avrà rotto definitivamente l'internet...
Anche sulla "questione di gusti" sto man mano maturando una posizione diversa da quella che descrivi: ho molto spesso la sensazione che il "discorso" che si costruisce per giustificare l'apprezzamento sia, appunto, un discorso a posteriori. Non voglio dire che siano cose senza senso, che si trovino coerenze interne che non esistono, strutture prive di oggettività: tutt'altro. Quel che voglio dire è che — mi pare — viene prima il gusto, in un senso molto vicino al livello percettivo, e solo dopo si cerca di capire cosa, di quell'esperienza, e perché, ci piace tanto. E sono portato verso una simile posizione perché, leggendo o ascoltando descrizioni, recensioni, omaggi e magnificazioni di altri a certa musica che non riesco ad apprezzare, mi ritrovo nell'avvilente condizione di comprendere benissimo quelle strutture, quella coerenza e la loro pregevolissima composizione... eppure non *provare* niente, all'ascolto (volendo abbandonare la diatriba musica-pura/musica-romantica, prendiamo pure il caso della musica dodecafonica: non so se ti sei mai imbattuto in questo bellissimo video di Vi Hart, Twelve Tones: intrigante, avvincente, ammaliante, profondo... eppure, se dovessi ascoltare quella musica... e come faccio, invece, a descrivere come vado in brodo di giuggiole ogni volta che ri-ascolto Philippe Jaroussky accompagnato dall'Arpeggiata di Christina Pluhar che canta l'Ohimè, ch'io cado di Monteverdi, jazzato!).
Infine, mi fa piacere sapere che esistono persone che non si vergognano di usare quelle espressioni — mi piacciono, voglio ripeterle: volgari orpelli, facili sentimentalismi, trucchi da stadio — per descrivere la musica che anch'io non amo; però avrei preferito una spiegazione. Ché non serve molto sforzo per immaginare, di converso, come altri possano descrivere la musica che piace a me: asettica, cerebrale, aritmetica...

11 August 2014

Serendipity /8 — Il romanticismo [era: Emilie Autumn Liddell]

E' Haydn e sinfonico, ma credo funzioni lo stesso:
"You find it beautiful? well I've got news for you: it isn't"
Oh, mio Dio, ma questi Young People's Concerts di Bernstein sono un'intera collezione di lezioni!
Dovrò assolutamente trovare il tempo di gustarmeli tutti!
(Il prossimo sarà senza dubbio What is a Mode?)
Ma restiamo all'orchestra di Haydn: sì, può sembrare che mi assecondi, e certamente ho apprezzato la canzonatura dell'eccesso di romanticismo. Ma il suo punto, direi, è ben diverso dal mio (sì, lo so che la tua è stata solo un'associazione di idee, che non volevi sostenere che le mie istanze fossero quelle di Bernstein, ma anch'io sto semplicemente facendo seguito al tuo spunto per dire ancora la mia).
Lui prende una posizione che potremmo dire "filologica", in cui mette l'autore al centro dell'opera e pretende che l'esecutore si renda semplice riproduttore di quel che l'autore aveva in mente. E già qui io alzerei il mio sopracciglio, e citerei la postilla di Eco al Nome della rosa: «Un narratore non deve fornire interpretazioni della propria opera, altrimenti non avrebbe scritto un romanzo, che è una macchina per generare interpretazioni. [...] L'autore dovrebbe morire dopo aver scritto. Per non disturbare il cammino del testo.»
Eco si riferiva alla narrativa, ma direi che il discorso è esportabile ad ogni forma di espressione artistica.
Bernstein, insomma, non sta criticando il romanticismo in musica, ma il romanticismo, potremmo dire così, fuori luogo. Tutti quei "vibrato, glissando, rubato, sforzando, crescendo" non sono il male in sé, per Bernstein, ma solo se applicati ad Haydn.
Io, nel mio piccolo, sono ad un livello molto più elementare: la mia non è una critica, nè filologica, nè tantomeno musicale; la mia è solo una dichiarazione di gusto musicale: il mio. La mia cultura musicale non mi permette di cogliere le sottili differenze di esecuzione (sì, ok, l'enfasi esagerata dell'esecuzione di apertura di questa lezione era piuttosto evidente, l'ho colta anch'io prima ancora che Bernstein la confessasse...) e i miei giudizi si esprimono in gran parte sulla base dell'opera "nuda e cruda", quasi indipendentemente dall'esecuzione (e da questo punto di vista la musica barocca è proprio la mia, col suo essere "musica pura", non a tema, mera struttura armonica e contrappuntistica).
O forse no, visto che lo stesso pezzo (la ciaccona del Vitalino dell'altro post) mi piaceva in versione barocca e non in versione romantica!
Vediamo: direi che il punto, per il mio gusto, potrebbe essere il peso che ha la romanticizzazione in un pezzo, in un'esecuzione: cosa succede se togli la dinamica alla ciaccona del Vitalino? E se la togli ad una sinfonia?
Ecco, prendi le tanto di moda "jazzizzazioni" di pezzi di musica classica: hanno scritto "Bach goes to town", hanno scritto anche "Beethoven goes to town"? Sì, lo so che è sleale usare Bach come elemento di paragone, ma, ripeto, cosa resta di una sinfonia, tolta la dinamica?
Ma anche questo forse non è vero: Uri Caine non ha riscritto solo le Variazioni Goldberg, ha anche riscritto Mahler —bellissimo! (ma forse quella di Mahler, pur essendo una sinfonia, non è romantica, in un qualche senso non troppo generico del termine...).
Però tutto sommato il confronto col jazz mi sembra sia d'aiuto, visto che io salto direttamente dal clavicembalo al banjo (ma in realtà anche del jazz, che detto così in generale è un po' una parola calderone, non è che riesca ad apprezzare tutto...).
La jazzizzazione di Bach, infatti, non avviene tramite immersione del suo contrappunto in un bagno di mera dinamica; gli orpelli con cui gli si rende omaggio sono di natura ritmica e armonica.
Quel che, dunque, non mi piace — diciamo meglio: quel che mi lascia spesso indifferente — della musica romantica, è il suo essere troppo centrato sulla dinamica, giocando con essa su una struttura musicale tutto sommato semplice, o comunque nascosta dalla dinamica. Che poi: anche il jazz gioca spesso con temi semplici, ma i suoi giochi sono ancora di natura musicale (tempo e armonia)!
Parlando di queste cose, un amico — per non violare la sua privacy lo chiameremo con un nome di fantasia, Matteo — aveva fatto una osservazione molto interessante: le colonne sonore dei videogiochi, una volta, dovevano accontentarsi di schede a 8 bit e un audio senza campionatura ma prodotto da un chip a modulazione di frequenza con giusto un paio di forme d'onda o poco più: una "musica" fatta solo di altezza e durata. E in effetti le colonne sonore di quei giochi, in genere, avevano — giocoforza — una struttura musicale che quelle dei giochi più moderni non si sforzano nemmeno di avere, forti delle possibilità ormai cinematografiche; e così, vincoli strettissimi come quello della monofonia portano naturalmente a re-inventare tecniche come l'arpeggio o l'armonia orizzontale, squisitamente contrappuntistiche.
Chiaramente la critica naturale a tutta questa mia difesa del barocco è forte: sono una specie di vecchio conservatore, che non apprezza le nuove possibilità del progresso, della dinamica del forte-piano (ma perché, in epoca barocca e rinascimentale non esistevano forse gli archi? i flauti? non avevano forse questi strumenti possibilità di dinamica? ma allora non era forse solo una questione di moda?).
Boh.
Che poi, non è che abbia una vera e propria tesi da difendere, e ormai non ricordo più nemmeno dove (se?) volessi andare a parare... ah, massì, certo: alla solita conclusione, e cioè che la musica ha quel qualcosa di fisico che difficilmente riesci a cambiare con la teoria, con la testa, con le parole.
 

10 June 2014

Serendipity /7 — Emilie Autumn Liddell

 
Ennesimo post a carattere musicale: sto cercando a tutti i costi di perdere definitivamente i miei due lettori rimasti.
Vi ricordo, mi raccomando, il solito disclaimer di questo genere di post, e cioè che la musica ha quel qualcosa di fisico che difficilmente riesci a cambiare con la teoria, con la testa, con le parole; e vi ricordo anche che, purtroppo, non ne capisco molto di musica (classica), e sono dunque prono a ingenuità di giudizio.
Oltretutto sono già stato accusato in passato — per non violare la sua privacy, chiameremo l'accusatore con un nome di fantasia, Franco, a richiamare la sua sincerità, apprezzata ed anzi financo ricercata, nell'esprimere le proprie opinioni; ricercata, la sincerità, perché giudicate autorevoli, va da sé, le sue opinioni — sono già stato accusato, dicevo, di essere vittima di ben altre fascinazioni che camuffavo, prima di tutto a me stesso, come musicali ma che, a suo dire, musicali non erano affatto — non potevano esserlo, questa era la sua tesi, perché musicalmente non v'era molto di cui restare affascinati.
 
E dunque, con tutte queste premesse, capirete bene il mio imbarazzo nel ripresentarmi al suo cospetto presentando questa volta nientepopodimenoché una specie di burlesque bleeding plague-rat guro emo fairy punk gothic lolita, cercando pure di invitare a prestare attenzione al lato squisitamente musicale della faccenda.
Eviterò, perciò, di concentrarmi sul personaggio, e proverò a seguire un percorso legato ad un pezzo specifico, la Ciaccona in sol minore per violino e basso continuo attribuita al Tommaso Vitalino, e ad un tema di carattere generale, la contrapposizione fra musica pura e musica romantica.
 
E insomma càpita che càpito, non chiedetemi come (volete saperlo davvero? ma vi ho già parlato della Follia, no?), su qualche video di questa Emilie Autumn Liddell. Le prime reazioni sono contrastanti: ma è un giocattolo o un violino vero? e lo sta suonando davvero, dal vivo, nel bel mezzo di un musical a metà fra il punk-rock e il burlesque? non me ne intendo molto, magari non sarà una grande esecutrice, ma sembra difficile che si tratti di una semplice dilettante (per dire: sarà anche in versione elettrica, ma questo stralcio dalla partita per violino solo di Bach che introduce il suo pezzo "Face The Wall" non mi sembra alla portata di qualsiasi dilettante (e infatti poi scopro, qui, qui, qui, qui, qui, o qui, che col Bach della partita numero due si deve sentire piuttosto a proprio agio, persino col violino barocco; e per quel che mi riguarda la partita di Bach vale un sacco di punti). Ecchécéntra, direte voi, anche Allevi non è un dilettante, eppure... (non conosco Allevi, non lo seguo, ma immagino non abbia fatto, di pianoforte, un corso serale...)! E avete perfettamente ragione, ma mi appello al disclaimer iniziale e proseguo.
 
Erro, dunque, e scopro che oltre a suoi brani originali di questo suo genere — volete chiamarlo così? — adolescenziale (che quando va bene ricorda una specie di mix fra i Dream Theater e Tori Amos), accanto ai suoi pezzi, dicevo, esistono sue esecuzioni di musica classica, anzi proprio barocca. Oltre alla già citata Follia (mi sembra notevole, ma devo stare attento ai miei giudizi ingenui, soprattutto sulla Follia, che tende a piacermi anche nelle trascrizioni per ensemble di mazzi di chiavi dispari) trovo altri pezzi dai nomi del tutto anonimi/generici: un allegro, una sonata per violino e basso continuo(*), o un'altrettanto generica Ciaccona.
Non saranno mica addirittura sue composizioni? Quella ciaccona, in particolare, è chiaramente barocca, quantomeno nelle sonorità, ma in effetti ha qualcosa di atipico per il barocco che, chissà, magari è proprio dovuto al fatto che si tratta di una sua composizione con aspirazioni barocche ma che, inevitabilmente, si ritrova a modulare dinamiche armoniche più moderne. Solo che poi, continuando a girarle attorno, scopro un diverso upload dello stesso pezzo nel cui titolo si cita un certo Vitali. Finalmente un appiglio: evidentemente no, non erano pezzi suoi. Cerco allora su YouTube altre esecuzioni di questa ciaccona di Vitali: chissà, penso, se riesco a farmi un'idea di questa Emilia Autunno dal confronto con altre esecuzioni più "classiche" degli stessi pezzi.
 
Be', le altre esecuzioni in cui mi imbatto sono — per me — una grossa delusione: vibrati e dinamica struggente che nemmeno in un concerto di Tchaikovsky, trascrizioni per violoncello, orchestre, sinfoniche persino, con tanto di immagini new age di accompagnamento. Anche la versione di Eduard Melkus, chiamata "originale" (?) e suonata su violino barocco, ha dinamiche troppo romantiche per i miei gusti. Provo ad aggiungere il termine "baroque" nella ricerca, ma a quel punto mi ritrovo fra i risultati mille altre ciaccone, barocche, sì, ma non più quella del Vitalino. L'unica altra sua versione dalle parvenze barocche che sono riuscito a trovare è quella di tale Stéphanie De Failly, che però è accompagnata da un organo, invece che dal mio amato clavicembalo (che invece accompagna la Autumn!), e che ogni tanto, almeno mi pare, si concede comunque qualche piccola libertà dal retrogusto tendente al romantico.
 
Ma è dunque la Autumn a barocchizzare un pezzo romantico, o...? Cerco chi fosse questo Tommaso Vitali e scopro che sì, si tratta di un compositore e violinista in pieno periodo barocco, autore di sonate nello stile nientemeno che di Corelli, appunto, e a cui questa ciaccona, nonostante sia il principale motivo per cui è noto, viene semplicemente attribuita, sulla base dell'indicazione "Parte del Tomaso Vitalino" che il copista lasciò sul frontespizio della trascrizione per la biblioteca di Dresda. Ma scopro anche le due particolarità principali di questa ciaccona, che spiegano molte cose del mio girovagare su YouTube.
La prima è che la partitura originale ha, oggettivamente, qualcosa di anomalo rispetto allo stile barocco: in particolare (e mi limito a riportare quanto dice wikipedia, ché di musica non me ne intendo abbastanza per capirle) farebbe uso di "violenti" (wildly) cambi di tonalità, toccando, a partire dal sol minore (perché — vero, no? — non ha armonicamente senso citare delle tonalità di passaggio senza specificare la tonalità di partenza!), toccando, si diceva, il si bemolle e il mi bemolle minori, cosa del tutto inusuale, così dicono, per le prassi barocche.
La seconda cosa è che tale ciaccona è stata rimaneggiata un sacco di volte, già a partire dall'800, da musicisti che non si limitarono a farne trascrizioni per strumenti diversi, ma perpretarono delle vere e proprie rielaborazioni (very much arranged and altered version) con forti caratterizzazioni romantiche (romanticizzò e adattò la linea melodica al violino moderno): Ferdinand David ('800), Jascha Heifetz ('900), Ottorino Respighi ('900), etc, etc. E pare appunto che la versione romantica di Ferdinand David sia quella più eseguita. Ed ecco, verosimilmente, il senso della dicitura "originale" nell'esecuzione di Melkus — ma deve aver mantenuto, di originale, giusto la partitura, drogandola comunque nell'esecuzione con una massiccia dose di romanticismo!
 
Io — e lo confesso così, apertamente, a conferma del mio dilettantismo musicale — ho una vera e propria idiosincrasia per la musica romantica: quelle orchestre sterminate, in cui tutte le voci sono ovattate, annegate le une nelle altre; quelle dinamiche esasperate che annacquano la struttura musicale... struttura musicale? ma hanno una struttura musicale, quei pezzi buoni giusto come colonne sonore?
Ok, ok, chiedo scusa, mi sto lasciando prendere la mano, e certamente sto generalizzando troppo.
Ma non è la prima volta che provo grande delusione di fronte alla romanticizzazione del contrappunto.
Tempo fa, ad esempio, avevo anche provato ad intromettermi in una colta conversazione fra lo Smeriglia e la sua amica Micol, sperando mi rispondessero qualcosa di utile per capire meglio questo romanticismo in musica; ma giustamente hanno ignorato il mio commento fuori tema: quello che la Grimaud e la Tipo stavano suonando non era Bach, ma Busoni; allo stesso modo la Autumn e gli altri non stavano suonando la stessa ciaccona: lei quella del Vitali, gli altri quella del David.
Ancora, a proposito di romanticizzazione del barocco, prendete il bellissimo Jean-Philippe Rameau della gavotta (con variazioni!) ultimo movimento della prima suite in La minore dalle "Nouvelles Suites de Pièces de Clavecin" pubblicate intorno al 1728: difficile renderla romantica, mi dicevo, perché anche nei pezzi più "melodici" c'è l'altra voce che martella contrappuntisticamente a ritmo sostenuto. Ma mai sottovalutare il romanticismo: basta esagerare col lento e i rallentando, con le dinamiche forte/piano, et voilat! E non crediate che l'abbia cercata col lanternino: su YouTube è tutto un fiorire di versioni romanticheggiate.
Forse, se proprio vogliamo "romanticizzare" il barocco, l'unica possibilità è partire dalla Follia e chiamarsi Sergei Vasilievich Rachmaninov. Ma in questo caso, mi pare di notare chiaramente, la "romanticizzazione" non avviene tramite "banali" dinamiche di tempo e forte/piano (e infatti temo che stia chiamando con lo stesso nome, "romanticizzazione", due cose diverse, e che quella di Rachmaninov sia, sì, una de-barocchizzazione, ma che non abbia molto a che fare col romanticismo musicale... c'è qualche musicista fra il pubblico?).
 
Va bene, basta, la smetto: mi pare che il post sia venuto già abbastanza lungo, la Emilie Autumn ve l'abbia segnalata e linkata abbondantemente, la mia ignoranza musicale abbia già fatto bella mostra di sé, e si possa dunque chiudere qui il post (e a questo punto magari anche il blog, chissà).
 
 
(*) Scoprirò poi che si tratta di una delle 12 sonate di Carlo Ambrogio Lonati, maestro, pare, di Francesco Saverio Geminiani: ma vedi tu cosa si scopre ad ascoltare una burlesque plague-rat etc-etc gothic lolita...