Showing posts with label Bach. Show all posts
Showing posts with label Bach. Show all posts

11 August 2014

Serendipity /8 — Il romanticismo [era: Emilie Autumn Liddell]

E' Haydn e sinfonico, ma credo funzioni lo stesso:
"You find it beautiful? well I've got news for you: it isn't"
Oh, mio Dio, ma questi Young People's Concerts di Bernstein sono un'intera collezione di lezioni!
Dovrò assolutamente trovare il tempo di gustarmeli tutti!
(Il prossimo sarà senza dubbio What is a Mode?)
Ma restiamo all'orchestra di Haydn: sì, può sembrare che mi assecondi, e certamente ho apprezzato la canzonatura dell'eccesso di romanticismo. Ma il suo punto, direi, è ben diverso dal mio (sì, lo so che la tua è stata solo un'associazione di idee, che non volevi sostenere che le mie istanze fossero quelle di Bernstein, ma anch'io sto semplicemente facendo seguito al tuo spunto per dire ancora la mia).
Lui prende una posizione che potremmo dire "filologica", in cui mette l'autore al centro dell'opera e pretende che l'esecutore si renda semplice riproduttore di quel che l'autore aveva in mente. E già qui io alzerei il mio sopracciglio, e citerei la postilla di Eco al Nome della rosa: «Un narratore non deve fornire interpretazioni della propria opera, altrimenti non avrebbe scritto un romanzo, che è una macchina per generare interpretazioni. [...] L'autore dovrebbe morire dopo aver scritto. Per non disturbare il cammino del testo.»
Eco si riferiva alla narrativa, ma direi che il discorso è esportabile ad ogni forma di espressione artistica.
Bernstein, insomma, non sta criticando il romanticismo in musica, ma il romanticismo, potremmo dire così, fuori luogo. Tutti quei "vibrato, glissando, rubato, sforzando, crescendo" non sono il male in sé, per Bernstein, ma solo se applicati ad Haydn.
Io, nel mio piccolo, sono ad un livello molto più elementare: la mia non è una critica, nè filologica, nè tantomeno musicale; la mia è solo una dichiarazione di gusto musicale: il mio. La mia cultura musicale non mi permette di cogliere le sottili differenze di esecuzione (sì, ok, l'enfasi esagerata dell'esecuzione di apertura di questa lezione era piuttosto evidente, l'ho colta anch'io prima ancora che Bernstein la confessasse...) e i miei giudizi si esprimono in gran parte sulla base dell'opera "nuda e cruda", quasi indipendentemente dall'esecuzione (e da questo punto di vista la musica barocca è proprio la mia, col suo essere "musica pura", non a tema, mera struttura armonica e contrappuntistica).
O forse no, visto che lo stesso pezzo (la ciaccona del Vitalino dell'altro post) mi piaceva in versione barocca e non in versione romantica!
Vediamo: direi che il punto, per il mio gusto, potrebbe essere il peso che ha la romanticizzazione in un pezzo, in un'esecuzione: cosa succede se togli la dinamica alla ciaccona del Vitalino? E se la togli ad una sinfonia?
Ecco, prendi le tanto di moda "jazzizzazioni" di pezzi di musica classica: hanno scritto "Bach goes to town", hanno scritto anche "Beethoven goes to town"? Sì, lo so che è sleale usare Bach come elemento di paragone, ma, ripeto, cosa resta di una sinfonia, tolta la dinamica?
Ma anche questo forse non è vero: Uri Caine non ha riscritto solo le Variazioni Goldberg, ha anche riscritto Mahler —bellissimo! (ma forse quella di Mahler, pur essendo una sinfonia, non è romantica, in un qualche senso non troppo generico del termine...).
Però tutto sommato il confronto col jazz mi sembra sia d'aiuto, visto che io salto direttamente dal clavicembalo al banjo (ma in realtà anche del jazz, che detto così in generale è un po' una parola calderone, non è che riesca ad apprezzare tutto...).
La jazzizzazione di Bach, infatti, non avviene tramite immersione del suo contrappunto in un bagno di mera dinamica; gli orpelli con cui gli si rende omaggio sono di natura ritmica e armonica.
Quel che, dunque, non mi piace — diciamo meglio: quel che mi lascia spesso indifferente — della musica romantica, è il suo essere troppo centrato sulla dinamica, giocando con essa su una struttura musicale tutto sommato semplice, o comunque nascosta dalla dinamica. Che poi: anche il jazz gioca spesso con temi semplici, ma i suoi giochi sono ancora di natura musicale (tempo e armonia)!
Parlando di queste cose, un amico — per non violare la sua privacy lo chiameremo con un nome di fantasia, Matteo — aveva fatto una osservazione molto interessante: le colonne sonore dei videogiochi, una volta, dovevano accontentarsi di schede a 8 bit e un audio senza campionatura ma prodotto da un chip a modulazione di frequenza con giusto un paio di forme d'onda o poco più: una "musica" fatta solo di altezza e durata. E in effetti le colonne sonore di quei giochi, in genere, avevano — giocoforza — una struttura musicale che quelle dei giochi più moderni non si sforzano nemmeno di avere, forti delle possibilità ormai cinematografiche; e così, vincoli strettissimi come quello della monofonia portano naturalmente a re-inventare tecniche come l'arpeggio o l'armonia orizzontale, squisitamente contrappuntistiche.
Chiaramente la critica naturale a tutta questa mia difesa del barocco è forte: sono una specie di vecchio conservatore, che non apprezza le nuove possibilità del progresso, della dinamica del forte-piano (ma perché, in epoca barocca e rinascimentale non esistevano forse gli archi? i flauti? non avevano forse questi strumenti possibilità di dinamica? ma allora non era forse solo una questione di moda?).
Boh.
Che poi, non è che abbia una vera e propria tesi da difendere, e ormai non ricordo più nemmeno dove (se?) volessi andare a parare... ah, massì, certo: alla solita conclusione, e cioè che la musica ha quel qualcosa di fisico che difficilmente riesci a cambiare con la teoria, con la testa, con le parole.
 

10 June 2014

Serendipity /7 — Emilie Autumn Liddell

 
Ennesimo post a carattere musicale: sto cercando a tutti i costi di perdere definitivamente i miei due lettori rimasti.
Vi ricordo, mi raccomando, il solito disclaimer di questo genere di post, e cioè che la musica ha quel qualcosa di fisico che difficilmente riesci a cambiare con la teoria, con la testa, con le parole; e vi ricordo anche che, purtroppo, non ne capisco molto di musica (classica), e sono dunque prono a ingenuità di giudizio.
Oltretutto sono già stato accusato in passato — per non violare la sua privacy, chiameremo l'accusatore con un nome di fantasia, Franco, a richiamare la sua sincerità, apprezzata ed anzi financo ricercata, nell'esprimere le proprie opinioni; ricercata, la sincerità, perché giudicate autorevoli, va da sé, le sue opinioni — sono già stato accusato, dicevo, di essere vittima di ben altre fascinazioni che camuffavo, prima di tutto a me stesso, come musicali ma che, a suo dire, musicali non erano affatto — non potevano esserlo, questa era la sua tesi, perché musicalmente non v'era molto di cui restare affascinati.
 
E dunque, con tutte queste premesse, capirete bene il mio imbarazzo nel ripresentarmi al suo cospetto presentando questa volta nientepopodimenoché una specie di burlesque bleeding plague-rat guro emo fairy punk gothic lolita, cercando pure di invitare a prestare attenzione al lato squisitamente musicale della faccenda.
Eviterò, perciò, di concentrarmi sul personaggio, e proverò a seguire un percorso legato ad un pezzo specifico, la Ciaccona in sol minore per violino e basso continuo attribuita al Tommaso Vitalino, e ad un tema di carattere generale, la contrapposizione fra musica pura e musica romantica.
 
E insomma càpita che càpito, non chiedetemi come (volete saperlo davvero? ma vi ho già parlato della Follia, no?), su qualche video di questa Emilie Autumn Liddell. Le prime reazioni sono contrastanti: ma è un giocattolo o un violino vero? e lo sta suonando davvero, dal vivo, nel bel mezzo di un musical a metà fra il punk-rock e il burlesque? non me ne intendo molto, magari non sarà una grande esecutrice, ma sembra difficile che si tratti di una semplice dilettante (per dire: sarà anche in versione elettrica, ma questo stralcio dalla partita per violino solo di Bach che introduce il suo pezzo "Face The Wall" non mi sembra alla portata di qualsiasi dilettante (e infatti poi scopro, qui, qui, qui, qui, qui, o qui, che col Bach della partita numero due si deve sentire piuttosto a proprio agio, persino col violino barocco; e per quel che mi riguarda la partita di Bach vale un sacco di punti). Ecchécéntra, direte voi, anche Allevi non è un dilettante, eppure... (non conosco Allevi, non lo seguo, ma immagino non abbia fatto, di pianoforte, un corso serale...)! E avete perfettamente ragione, ma mi appello al disclaimer iniziale e proseguo.
 
Erro, dunque, e scopro che oltre a suoi brani originali di questo suo genere — volete chiamarlo così? — adolescenziale (che quando va bene ricorda una specie di mix fra i Dream Theater e Tori Amos), accanto ai suoi pezzi, dicevo, esistono sue esecuzioni di musica classica, anzi proprio barocca. Oltre alla già citata Follia (mi sembra notevole, ma devo stare attento ai miei giudizi ingenui, soprattutto sulla Follia, che tende a piacermi anche nelle trascrizioni per ensemble di mazzi di chiavi dispari) trovo altri pezzi dai nomi del tutto anonimi/generici: un allegro, una sonata per violino e basso continuo(*), o un'altrettanto generica Ciaccona.
Non saranno mica addirittura sue composizioni? Quella ciaccona, in particolare, è chiaramente barocca, quantomeno nelle sonorità, ma in effetti ha qualcosa di atipico per il barocco che, chissà, magari è proprio dovuto al fatto che si tratta di una sua composizione con aspirazioni barocche ma che, inevitabilmente, si ritrova a modulare dinamiche armoniche più moderne. Solo che poi, continuando a girarle attorno, scopro un diverso upload dello stesso pezzo nel cui titolo si cita un certo Vitali. Finalmente un appiglio: evidentemente no, non erano pezzi suoi. Cerco allora su YouTube altre esecuzioni di questa ciaccona di Vitali: chissà, penso, se riesco a farmi un'idea di questa Emilia Autunno dal confronto con altre esecuzioni più "classiche" degli stessi pezzi.
 
Be', le altre esecuzioni in cui mi imbatto sono — per me — una grossa delusione: vibrati e dinamica struggente che nemmeno in un concerto di Tchaikovsky, trascrizioni per violoncello, orchestre, sinfoniche persino, con tanto di immagini new age di accompagnamento. Anche la versione di Eduard Melkus, chiamata "originale" (?) e suonata su violino barocco, ha dinamiche troppo romantiche per i miei gusti. Provo ad aggiungere il termine "baroque" nella ricerca, ma a quel punto mi ritrovo fra i risultati mille altre ciaccone, barocche, sì, ma non più quella del Vitalino. L'unica altra sua versione dalle parvenze barocche che sono riuscito a trovare è quella di tale Stéphanie De Failly, che però è accompagnata da un organo, invece che dal mio amato clavicembalo (che invece accompagna la Autumn!), e che ogni tanto, almeno mi pare, si concede comunque qualche piccola libertà dal retrogusto tendente al romantico.
 
Ma è dunque la Autumn a barocchizzare un pezzo romantico, o...? Cerco chi fosse questo Tommaso Vitali e scopro che sì, si tratta di un compositore e violinista in pieno periodo barocco, autore di sonate nello stile nientemeno che di Corelli, appunto, e a cui questa ciaccona, nonostante sia il principale motivo per cui è noto, viene semplicemente attribuita, sulla base dell'indicazione "Parte del Tomaso Vitalino" che il copista lasciò sul frontespizio della trascrizione per la biblioteca di Dresda. Ma scopro anche le due particolarità principali di questa ciaccona, che spiegano molte cose del mio girovagare su YouTube.
La prima è che la partitura originale ha, oggettivamente, qualcosa di anomalo rispetto allo stile barocco: in particolare (e mi limito a riportare quanto dice wikipedia, ché di musica non me ne intendo abbastanza per capirle) farebbe uso di "violenti" (wildly) cambi di tonalità, toccando, a partire dal sol minore (perché — vero, no? — non ha armonicamente senso citare delle tonalità di passaggio senza specificare la tonalità di partenza!), toccando, si diceva, il si bemolle e il mi bemolle minori, cosa del tutto inusuale, così dicono, per le prassi barocche.
La seconda cosa è che tale ciaccona è stata rimaneggiata un sacco di volte, già a partire dall'800, da musicisti che non si limitarono a farne trascrizioni per strumenti diversi, ma perpretarono delle vere e proprie rielaborazioni (very much arranged and altered version) con forti caratterizzazioni romantiche (romanticizzò e adattò la linea melodica al violino moderno): Ferdinand David ('800), Jascha Heifetz ('900), Ottorino Respighi ('900), etc, etc. E pare appunto che la versione romantica di Ferdinand David sia quella più eseguita. Ed ecco, verosimilmente, il senso della dicitura "originale" nell'esecuzione di Melkus — ma deve aver mantenuto, di originale, giusto la partitura, drogandola comunque nell'esecuzione con una massiccia dose di romanticismo!
 
Io — e lo confesso così, apertamente, a conferma del mio dilettantismo musicale — ho una vera e propria idiosincrasia per la musica romantica: quelle orchestre sterminate, in cui tutte le voci sono ovattate, annegate le une nelle altre; quelle dinamiche esasperate che annacquano la struttura musicale... struttura musicale? ma hanno una struttura musicale, quei pezzi buoni giusto come colonne sonore?
Ok, ok, chiedo scusa, mi sto lasciando prendere la mano, e certamente sto generalizzando troppo.
Ma non è la prima volta che provo grande delusione di fronte alla romanticizzazione del contrappunto.
Tempo fa, ad esempio, avevo anche provato ad intromettermi in una colta conversazione fra lo Smeriglia e la sua amica Micol, sperando mi rispondessero qualcosa di utile per capire meglio questo romanticismo in musica; ma giustamente hanno ignorato il mio commento fuori tema: quello che la Grimaud e la Tipo stavano suonando non era Bach, ma Busoni; allo stesso modo la Autumn e gli altri non stavano suonando la stessa ciaccona: lei quella del Vitali, gli altri quella del David.
Ancora, a proposito di romanticizzazione del barocco, prendete il bellissimo Jean-Philippe Rameau della gavotta (con variazioni!) ultimo movimento della prima suite in La minore dalle "Nouvelles Suites de Pièces de Clavecin" pubblicate intorno al 1728: difficile renderla romantica, mi dicevo, perché anche nei pezzi più "melodici" c'è l'altra voce che martella contrappuntisticamente a ritmo sostenuto. Ma mai sottovalutare il romanticismo: basta esagerare col lento e i rallentando, con le dinamiche forte/piano, et voilat! E non crediate che l'abbia cercata col lanternino: su YouTube è tutto un fiorire di versioni romanticheggiate.
Forse, se proprio vogliamo "romanticizzare" il barocco, l'unica possibilità è partire dalla Follia e chiamarsi Sergei Vasilievich Rachmaninov. Ma in questo caso, mi pare di notare chiaramente, la "romanticizzazione" non avviene tramite "banali" dinamiche di tempo e forte/piano (e infatti temo che stia chiamando con lo stesso nome, "romanticizzazione", due cose diverse, e che quella di Rachmaninov sia, sì, una de-barocchizzazione, ma che non abbia molto a che fare col romanticismo musicale... c'è qualche musicista fra il pubblico?).
 
Va bene, basta, la smetto: mi pare che il post sia venuto già abbastanza lungo, la Emilie Autumn ve l'abbia segnalata e linkata abbondantemente, la mia ignoranza musicale abbia già fatto bella mostra di sé, e si possa dunque chiudere qui il post (e a questo punto magari anche il blog, chissà).
 
 
(*) Scoprirò poi che si tratta di una delle 12 sonate di Carlo Ambrogio Lonati, maestro, pare, di Francesco Saverio Geminiani: ma vedi tu cosa si scopre ad ascoltare una burlesque plague-rat etc-etc gothic lolita...
 
 

24 June 2012

Variazioni [era: Serendipity]

 
Provo con un altro post "musicale", che riprende in qualche modo il discorso sulle cover iniziato qualche post fa, serendipicamente, con Tom Waits.
C'è una cosa, in musica, che amo molto, e sono le variazioni. Forse perché entrano in gioco meccanismi atavici e infantili legati alla ripetizione di un elemento familiare, che ricorsivamente rinforzano la stessa familiarità; forse per il gioco intellettuale, ma giocato a livelli molto prossimi all'elaborazione inconscia del dato percettivo, quindi molto fisico, del riconoscimento di un pattern noto in un contesto sempre diverso: cercare il tema, scoprirne il tratto messo in rilievo da quella particolare variazione, sovrapporlo inconsciamente a quello di un'altra, ricreare ogni volta un ascolto diverso sulla base del peso relativo delle diverse variazioni che mentalmente vengono richiamate da quella che sta suonando in quel momento particolare...
Ovviamente avrete pensato subito che avessi in mente, per antonomasia, le Variazioni Goldbach... ehm, scusate, volevo dire le Variazioni Goldberg di Bach. Forse non sapete, però, che sì, pensavo proprio a Bach, ma anche, contemporaneamente, per antonomasia, a Uri Caine. Alle sue Variazioni Goldberg, ma anche al suo Mahler (che a sua volta, tanto per dire, nella sua Sinfonia n. 1 citava, variando in minore, nientepopodimenoché Fra Martino...).
Il jazz, da questo punto di vista, è un po' il nirvana delle variazioni, con i suoi standard declinati miriadi di volte.
 
Non propriamente una variazione, un'esecuzione rappresenta comunque un'istanza concreta e particolare di un ipotetico ideale astratto di composizione musicale: diverse esecuzioni di uno stesso brano sono l'occasione per cogliere l'ingrediente "personale" dell'esecutore, e giudicarne la bravura. Ora, qui io metterò in mostra tutta la mia ignoranza musicale, perché sono assolutamente incapace di giudicare la bontà di un'esecuzione, e mi limito a cogliere l'affinità, del tutto soggettiva, fra l'opera (in astratto) e il mio personalissimo gusto musicale. Credevo che la principale ragione di ciò fosse da cercare nel fatto che rarissimamente mi capita di ascoltare esecuzioni diverse di una stessa opera. Credevo che la ragione andasse ricercata lì perché credevo risiedesse lì il concetto stesso di "competenza di giudizio": nell'abitudine ad usufruire con una certa frequenza di certe esperienze, nell'ambito del loro più o meno naturale ambito di variabilità, nel saper cogliere le differenze e quindi, quasi automaticamente, nel saper riconoscere le varianti migliori.
Perché mai non sono in grado di riconoscere la bontà di una bottiglia di vino? Sì, ok, per tutta una serie di ragioni, ma prima di quelle viene il fatto di non essere un bevitore abituale.
Messi per la prima volta di fronte a, tanto per dire, un balletto di danza classica, sapreste giudicare la qualità della performance?
Allo stesso modo, per quel che mi riguarda, è già tanto saper dire che preferisco la musica rinascimentale e barocca a quella sinfonica ottocentesca, perché è già tanto se ho avuto modo di ascoltare diversi brani di quei diversi generi, ma non addirittura diverse esecuzioni di medesime composizioni.
 
Poi arrivò YouTube.
 
Certo, soprattutto per la musica classica, quel che si trova su YouTube non può certo considerarsi un campione rappresentativo del "naturale ambito di variabilità". Però, con tutte le cautele del caso, un minimo di esplorazione la consente.
Così, non ricordo più come, diciamo pure, ancora, serendipicamente, scopro il Si dolce è 'l tormento di Monteverdi nell'esecuzione di Marco Beasley e Guido Morini (Accordone). Mi piace molto, ma mi accorgo subito che c'è qualcosa di insolito: il modo di cantare di Beasley non è quello tipico delle esecuzioni di musica rinascimentale (non chiedetemi dettagli tecnici che non saprei come chiamare: forse l'espressione giusta è voce impostata, che mancherebbe a Beasley, ma un musicista potrebbe storcere il naso). In effetti poi scopro che questo Beasley è presente su YouTube con un repertorio piuttosto variegato, che spazia, pur restando in qualche modo nell'orbita delle sonorità barocco-rinascimentali, dalla tarantella pugliese (La Carpinese, Marco Beasley e L'Arpeggiata) alla musica tradizionale napoletana (badate alla differenza notevole fra questa sublime versione di Beasley de La canzone del Guarracino, così barocca e rinascimentale, e quest'altra versione in concerto con Pino De Vittorio, in cui canta ancora lo stesso Beasley ma che è chiaramente dominata dallo stile dell'altro, nel suo essere, come commenta Beasley stesso a un certo punto verso il finale (minuto 5:45), proprio Napoli esagerata, da intendere in un senso che, personalissimamente, non è proprio un complimento).
 
Bazzicando ancora su YouTube attorno a Beasley, concedetemi quest'altra parentesi, ho scoperto anche queste variazioni (Se l'aura spira) di Frescobaldi, che sono davvero bellissime, io non le conoscevo, non solo in questa particolare esecuzione del Beasley con un anacronistico ma icastico clarinetto in vece di flauto, e infatti ho poi scoperto che il loro tema, che Frescobaldi stesso chiamava la follia, altri non è che una sorta di precursore (lo chiamano the early folia) del più famoso tema omonimo (the late folia), che tanto mi fa impazzire, ogni volta, a onorare il suo nome, e che proprio in questa occasione ho scoperto potrebbe dare la polvere, di gran lunga, a qualsiasi standard jazz, quanto a popolarità come oggetto di variazioni (Which composers have written variations upon La Folia (in chronological order)?), e io che pensavo solo a Corelli.
Chiusa parentesi.
 
Dicevo, delle interpretazioni di Beasley: a conferma dei miei sospetti trovo in coda ai suoi video di musica antica dei commenti (vedi qui a lato) che si indovinano essere di musicisti che giudicano pessimamente l'esito di questi suoi esperimenti musicali. Lo ripeto ancora una volta, il mio gusto musicale è estremamente naif e con poca esperienza, io sono uno di quelli che non si accorge delle oggettivamente, a detta di alcuni miei amici musicisti, pessime qualità come tenore di Andrea Bocelli (pur non amandolo a mia volta, ma, come dicevo, semplicemente sulla base del mio gusto musicale rispetto al genere che usualmente canta).
Forse, dicevo, non basta frequentare certi generi, per maturare un gusto competente, e chissà cos'altro mi manca, perché rispetto a tutte le altre versioni "più classiche" che trovo su YouTube, il Si dolce è 'l tormento di Beasley è di gran lunga quella che preferisco.