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25 February 2014

Serendipity /6 — Josh Turner e il bluegrass

 
Il meglio, si sa, è nemico del bene, ma anche il bene è nemico dell'alla bell'e meglio. La rubrica Android App of the Day era nata tempo fa col preciso scopo di segnalare NewsRob, il miglior feed reader (ancora!) in circolazione; ma in attesa di trovare il tempo di scriverne per bene è finito che hanno chiuso Google Reader. Ora, per fortuna — ve l'ho già detto? — NewsRob è rinato dalle sue stesse ceneri come GrazeRSS e col supporto a Feedly posso tutto sommato dire di aver ripristinato lo status quo per quanto riguarda la lettura di feed sincronizzata mobile/non-mobile e on-/off-line.
Ma come si capisce dal titolo, non è di app Android che voglio parlarvi, e la lunga premessa fuori tema era solo per scusarmi di un post, questo, che mi sono infine deciso a buttar giù alla bell'e meglio, per parlare, almeno, di Josh Turner, ché a pretendere di parlarne bene avrei rischiato di non parlarne affatto.
E nonostante il thread Serendipity non sia nato con questo post in mente, questo post, serendipicamente, ben si inserisce nel filone. Perché quella che questo post racconta è proprio la storia di una felice sequenza di scoperte fortuite a carattere musicale.
 
Tutto partì con la solita casuale ricerca di sana e buona musica antica, che a un certo punto mi aveva portato ad orbitare attorno a John Dowland, e in particolare alle diverse esecuzioni delle, e/o variazioni sulle, sue canzoni più famose: Flow My Tears, Come Again, If My Complaints... e in particolare The Earl of Essex Galliard, che solo in un secondo momento ho scoperto essere la versione puramente strumentale (The Right Honourable Robert, Earl of Essex, his Galliard) di un’altra sua canzone con tanto di lyrics: Can She Excuse My Wrongs? — canzone che, leggo su wikipedia, Elvis Costello incluse fra le bonus-track della riedizione del 2006 delle sue The Juliet Letters; la versione di Costello non sono riuscito a trovarla su YouTube, ma ho ricordi remoti (e per questo vaghi e indefiniti, e per questo "idìllici") di quel suo album con il Brodsky Quartet: dovrò riascoltarmelo, un giorno...
E insomma, to make a short story long, giungo infine — eccolo, finalmente entra in scena, il mitico Josh Turner — ad una piacevole esecuzione di quella canzone di Dowland in versione voce e liuto suonata da un ragazzino tutto spettinato come appena svegliatosi: Can She Excuse My Wrongs?
 
Fu un vaso di pandora: cose terribili ne uscirono.
 
Altri pezzi di musica antica, certo — ancora Dowland, A fancy, o Luis de Narvaez o Claudin de Sermisy o il sempreverde Greensleeves; persino, con mia grande e felice sopresa, una dignitosissima esecuzione di un bellissimo pezzo, l'If Ye Love Me di Thomas Tallis, che avevo avuto la fortuna di cantare col mio compianto Psalterium e che (beata ignoranza) credevo pressoché sconosciuto — barocca, anche — una trasposizione per chitarra di un violoncello di Bach — e di musica classica in generale, pure — il Mozart dell'Ave Verum e del Rondò Alla Turca, o la marcia funebre di Mendelssohn...
Ma il suo genere era un altro, dal nome — per me, allora — sconosciuto, che da quel momento, però, non avrei più smesso di iniettarmi direttamente nella coclea: il bluegrass (ecco, finalmente, qual era il genere della colonna sonora di Fratello, dove sei?, ché, ingenuo, cercare solo country o folk non bastava mica — senza contare che allora c'era solo Napster, mica YouTube, e la ricerca di nuova musica era incredibilmente più lenta e macchinosa...).
 
Josh Turner fu certamente la via di accesso ad un intero mondo da esplorare.
Solo un esempio, alla bell'e meglio: prendi un vecchio classico qualsiasi, Big Sciota — di cui esistono già quattro versioni featuring Josh Turner, una vecchia chitarra-mandolino-banjo, un'altra mandolino e due chitarre, replicata qualche anno dopo ad una specie di fest(iv)a(l), non ho capito, ed eseguita finanche tutta da solo, su mandolino, chitarra, banjo e... come chiamarlo? basso-lele? mitico! — prendi quel vecchio classico, dicevo, e un quick youtubing ti porta al gustoso video dei Jaywalkers, in cui la cantano su contrabbasso, mandolino e fiddle (fiddle, sì: il violino nel bluegrass è un'altra cosa, 'nevvero?), o ad una hot jam ad un certo River City Bluegrass Festival; lì ti colpisce chiaramente uno dei due violinisti, quel certo Nicky Sanders youtube-ando il quale arrivi agli evidentemente famosi Steep Canyon Rangers fra cui — una volta di più — è dolce naufragare... (e.g. Orange Blossom Special, ovvero, potremmo dire, lo standard-jazz del bluegrass; Knob Creek, a hauntingly beautiful melody which flows through many tempo and mood changes SCR really shines; Alabama Jubilee, e andate in giubilo al 3:40...)
 
Il bluegrass, dicevo, è stato un intero mondo da esplorare, ma c'è qualcosa di particolare e specifico in Turner. Com'è normale, non basta certo che un pezzo sia suonato col banjo perché mi piaccia, esattamente come non basta che ci sia il clavicembalo perché mi piaccia un pezzo barocco (ecco, sì, bello il parallelo fra clavicembalo e banjo: entrambi strumenti o-lo-adori-o-lo-detesti; inutile che vi dica a quale religione io appartenga...). Anzi, essendo il bluegrass un genere molto caratteristico, è facile che youtubando a caso vi imbattiate in pezzi tutti uguali a se stessi e presto, quando non subito, noiosi. Provate ad esempio a chiedere "bluegrass" a Spotify: vi verrà da scappare a gambe levate! Tra l'altro lo stesso Josh su Spotify è presente solo con i due album del suo gruppo, "The Other Favorites", ma anche quelle album-version sono di una mediocrità che non rende minimamente giustizia alle corrispondenti versioni che ho trovato su YouTube...!
Ecco, per Josh Turner è scoppiato quella specie di innamoramento per cui riesce a piacermi qualsiasi cosa scelga di suonare. Non mi capitava una cosa del genere dai tempi, remotissimi, della Yoko Kanno dell'OST di Cowboy Bebop: avere una playlist di decine e decine di brani dai generi e gli stili più vari, tutti bellissimi, tutti di una sola persona. Ok, sì, Josh non è così eclettico come Yoko Kanno, ma il fatto è che non mi piace soltanto quando fa bluegrass: lì, certo, sceglie dei pezzi bellissimi, o — meglio — è capace di renderli tali: Hello Mary Lou (sempre in versione single performancer chitarra-mandolino-banjo-bassolele), Jack-A-Roe, Shady Grove, The Tennessee Waltz, E.M.D.... e potrei continuare a lungo: alla versione originale, spesso, non avreste concesso più di una dozzina di secondi di ascolto! Non mi piace, dicevo, soltanto quando fa bluegrass, ma anche quando canta e/o suona cose più "pop", tipo Bob Dylan (Don't Think Twice, It's Alright), i Beatles (Get Back), i Who (Behind Blue Eyes), Ray Charles (Hallelujah I Love Her So), Adele (Rolling In The Deep), La ragazza di Ipanema, Summertime, etc etc.
 
E niente, basta, direi che ho già detto fin troppo, che poi l'avevo detto sin dal primo post di questa inattesa saga: la musica ha quel qualcosa di fisico che difficilmente riesci a cambiare con la teoria, con la testa, con le parole: se certa musica non ti piace, è difficile appassionartici, soprattutto per iscritto.