Per dimostrare la prima tesi [...] il dottore ricorre a un procedimento che dobbiamo chiamare sofistico, per non mettere in dubbio la sua intelligenza; ingenuo, per non dubitare della sua probità.
J. L. B. I timori del dottor Americo Castro, in Altre Inquisizioni
Tassativamente solo dopo esservi gustata la lettura dei due pezzi linkati qui sopra siete autorizzati a gustarvi l'ascolto del pezzo qui sotto, scelto fra i tanti di questo tal Bird senza alcuna pretesa d'averne selezionato il migliore, ma al solo scopo di dedicarlo a Franco, ché mi ha ricordato il suo Tom Waits.
No, non conoscevo entrambe le tue ultime segnalazioni: le aggiungo di buon grado alla mia playlist degli originali di Tom Waits: sinceramente non le avrei dette molto Capossela, ma mi piacciono (ormai sto imparando ad apprezzare Tom Waits anche al primo ascolto...).
Permettimi però di cogliere l'occasione per ritornare sulle mie tesi, ché continuo a restare della mia opinione.
Prendiamo proprio la Singapore che citi: ci sono diverse linee strumentali più o meno melodiche che si parlano, ma nessuna di esse costituisce l'ossatura portante del pezzo, il suo "basso continuo" (o almeno io faccio una fatica enorme a sentirla, solo qua e là, a sprazzi...). Anche perché spesso il loro gioco è quasi di dissonanza, di tensioni sospese... c'è solo un momento, quando entra una voce di tromba — mi pare sia una tromba — in primo piano, che un briciolo di armonia sembra rischiarare le tenebre del pezzo, ma, appunto, dura poco.
La voce di Tom Waits, poi, in questo pezzo, è davvero completamente neutra dal punto di vista musicale: non traccia nessuna linea, ogni tanto si appoggia su una nota e si tiene lì fino a al momento di risolvere su un'altra, ma il più delle volte si limita ad esprimere la sonorità della metrica delle parole e il ritmo della loro recitazione: sapresti "canticchiare" questa canzone? No, non è possibile, non esiste alcuna canzone in un senso proprio del termine.
Adesso concedimi un po' della tua pazienza e prendi questa cover di tali Blue Flags and Black Grass. Qui ci hanno messo, belli chiari chiari, gli accordi: come la base MIDI di un corso di chitarra per corrispondenza (elettronica) in cui devono rendere in maniera didascalica la struttura armonica del pezzo.
Oppure — pazienta ancora — prendi quest'altra cover di tali Asheville Waits Band: qui, oltre agli accordi, si sente, bella chiara e protagonista, una possibile linea di basso del pezzo.
Infine — e lasciamelo dire subito: questa cover proprio non mi piace e sono stato combattuto a lungo nel citarla per non irritarti, ma mi serve per chiarire il senso del mio discorso — prendi la cover di tal Anna Madorsky: qui invece abbiamo una (mediocre) linea melodica principale.
Ora, ti prego di non fraintendermi: la grandezza (va bene, va bene: uno degli elementi di grandezza) di Tom Waits è proprio il suo lasciare che tutte queste cose (la struttura armonica, l'ossatura di basso, una linea principale del pezzo...) restino in sospeso, siano solo suggerite, debbano essere "immaginate", come l'infinito dietro l'ermo colle, dall'orecchio dell'ascoltatore. Come un piacevole ricordo: vago e indefinito.
Il mio punto, come dicevo sin dall'inizio, è che tale grandezza può essere difficile da cogliere, o almeno che lo è stato per me tempo fa. Nel mio percorso è stato propedeutico l'ascolto di alcune cover che hanno provato a giocare, a mio modestissimo parere con un certo successo, con l'input originale di Tom Waits. Perché chiaramente la linea melodica la Madorsky se l'è letteralmente inventata, pagandone tutto il prezzo. Così come la linea di basso degli Asheville rappresenta anch'essa una loro personalissima interpretazione, con un esito questa volta decisamente più gradevole.
Con la musica è difficile fare un post. Volevo dilungarmi a spiegare come il mio rapporto con Tom Waits, cominciato male anni addietro quando ero partito direttamente da lui medesimo, sia inaspettatamente cambiato (pian piano, occupando i capillari molto lento) passando attraverso alcune cover (la maggior parte citate qui sopra...). Mi sarei dilungato sulla struttura musicale apparentemente nascosta, nelle versioni originali, dal timbro della sua voce, dalla sua interpretazione e dall'arrangiamento spesso scarno; struttura che invece emerge più chiara e comprensibile (e apprezzabile) in alcune cover particolarmente felici e ben riuscite sia nell'arrangiamento che nell'interpretazione. Avrei ipotizzato che il mio orecchio inesperto aveva avuto bisogno di un'introduzione "catchy", per poter poi tornare ad apprezzare l'originale. Avrei però sollevato alcuni dubbi sull'ipotesi catchy, azzardando un parallelo con il confronto fra il De André puro, e quello "drogato" dalla PFM (avreste usato davvero l'espressione "catchy" per descrivere la trasformazione di De André nel concerto del '79? E del resto riuscireste a dire, per De André, che sono oggettivamente migliori le versioni originali rispetto a quelle progressive? o viceversa?).
Dite che il paragone con De André é eccessivo? É eccessivo quello con la PFM? Entrambi?
Avrei potuto, dicevo, dilungarmi in un post articolato e cerebrale, financo tecnico (di quella tecnicità improvvisata e millantata di chi ha imparato qualche termine musicale e crede, con quelli, di capire la musica). Avrei potuto, ma poi la musica ha quel qualcosa di fisico che difficilmente riesci a cambiare con la teoria, con la testa, con le parole: se certa musica non ti piace, é difficile appassionartici, soprattutto per iscritto.
E così, alla fine, conviene non dilungarsi, limitarsi ad una breve segnalazione à laburaku: tanto chi ha modo di apprezzare, apprezza ugualmente (Yoshi, io ad esempio ho apprezzato!).