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09 June 2016

Illazioni sul rapporto fra i sessi.

 
Spoiler prima di lasciarvi continuare a leggere inutilmente: il titolo è mero clickbait, il rapporto di cui parlerò è semplicemente quello numerico.
 
Scott Aaronson è sempre fonte di mille spunti interessanti di riflessione.
Anche quando sembra cadere su delle banalità da WTF.
Non fa eccezione questa recensione del libro di Max Tegmark [1], in cui però a un certo punto il nostro mette sullo stesso piano di impressiveness le "predizioni" della Relativà Generale (la precessione di Mercurio) o dell'equazione di Dirac (l'esistenza dell'animateria) con quella "di Darwin" sul rapporto numerico fra i due sessi nelle popolazioni delle varie specie animali.
 
Ora, la questione è la solita: l'insopprimibile e sacrosanto desiderio di avere un criterio di demarcazione, ed in particolare di averne uno semplice. Ahimè l'obiettivo, Quine insegna, è semplicemente irraggiungibile, soprattutto in termini di semplicità.
Ma — certo, certo — sono rassegnato alla marginalità della lezione quineiana nel panorama epistemologico corrente, per cui non mi stupisco più di tanto del fatto che Aaronson proponga la sua personale linea di demarcazione: "connecting elegant math to actual facts of experience".
Quel che mi sorprende è che abbia tentato di farci rientrare la teoria di Darwin, in questo connettere matematica elegante a fatti sperimentali, tramite la questione del rapporto numerico fra i sessi.
 
Il fatto è che la questione del sex ratio in chiave evoluzionistica non rappresenta nulla di neanche lontanamente simile ad un experimentum crucis per la teoria di Darwin.
Innanzitutto la definizione stessa del concetto di rapporto numerico fra i sessi è articolata (ne esistono almeno 4 tipologie diverse); inoltre, sì, si possono trovare dei riferimenti alla questione in scritti originali di Darwin (su questa cosa ci torno in chiusura di post, capirete perché scrivevo "di Darwin" fra virgolette), ma i nomi che più si legano alla questione sono quelli, ben successivi a Darwin, di Ronald Fisher e di W. D. Hamilton, e il tema restò a lungo oggetto di discussioni, analisi e ricerche. Anche dal punto di vista meramente sperimentale, infatti, esistono diverse notevoli eccezioni, molte specie in cui, per ragioni anche diverse, i rapporti numerici fra i sessi si assestano su valori significativamente diversi da quello paritario, in modo transitorio o permanente (specie partenogeniche, oppure con pratiche di accoppiamento diversificate come gli afidi, oppure specie eusociali...).
 
Insomma, nessuno, ed io men che meno, nega l'impressiveness della teoria di Darwin; ma mi sembra davvero difficile, in generale, ricondurla ad una singola questione centrale direttamente collegata ad un dato sperimentalmente; e in particolare mi sembra davvero difficile ricondurla a questa cosa del rapporto numerico fra i sessi di una popolazione, soprattutto alla luce della lezione gouldiana del pollice del panda [2].
 
Come dunque può essergli venuto in mente, ad Aaronson, di annoverare la questione della della sex ratio come emblema della forza sperimentale della teoria di Darwin?
Girovagando in rete sull'argomento, pian piano vado formulando un'ipotesi.
Diciamo pure un'illazione: che anche lui abbia cercato in rete, qualcosa come "main evidence for evolution" o "most important claims of evolution" e abbia trovato le "solite" prove (i reperti fossili, l'anatomia e lo sviluppo embrionale comparati come indicazioni di un antenato comune, la resistenza batterica agli antibiotici, etc, etc...); tra l'altro se avesse cercato qualcosa come "evidence for darwin's evolution" si sarebbe imbattuto addirittura in un prodromo del pollice del panda dello stesso Darwin [3]. Finché, questa è la mia illazione, non ha cercato qualcosa come celebrated argument evolution, e si è ritrovato davanti proprio al principio di Fisher, definito appunto "probably the most celebrated argument in evolutionary biology". Senonché a definirlo così fu, be', A. W. F. Edwards, allievo di quello stesso Fisher del cui principio stava tessendo le lodi — pare che venisse proprio chiamato "Fisher's Edwards".
Sia chiaro, tutto vorrei tranne che sminuire Edwards, il quale non era affatto un allievo sfigato e banale adulatore di Fisher: diventò famoso e rinomato genetista, pioniere insieme a Cavalli-Sforza nell'applicazione delle tecniche statistiche alla ricostruzione degli alberi evolutivi; nonché autore della famosa critica all'articolo di Lewontin sulla divisione dell'umanità in razze.
E del resto anche il suo giudizio sull'importanza del principio di Fisher, lungi da me negarlo, è ben fondato: si trattava di un argomento che mostrava come la selezione naturale, anche agendo a livello di singolo individuo, potesse plasmare una caratteristica di popolazione come il rapporto numerico fra i sessi, che invece sembra ovviamente candidata ad essere controllata da una selezione di gruppo; mostrava che a volte era necessario prendere in considerazione, in un modello evoluzionistico, più di due sole generazioni; si è rivelato essere un esempio ante litteram di quelle che verranno poi chiamate "strategie evolutivamente stabili" (ESS) e che portarono all'applicazione in campo genetico delle tecniche di teoria dei giochi; ha avviato i successivi interessi verso le implicazioni evoluzioniste degli investimenti parentali; etc, etc...
Insomma, si tratta certamente di un'idea estremamente feconda, anche se — ed è questo il mio punto — non propriamente "folgorante" e sperimentalmente "eclatante", come vorrebbe il nostro Aaronson.
Tant'è che, ho scoperto, l'idea di Fisher l'ebbe lo stesso Darwin, che la descrisse nella prima edizione del suo "L'origine dell'uomo", ma che rimosse nella seconda edizione proprio perché, e lo scrisse esplicitamente, si rese conto che la questione era in realtà molto più spinosa di quanto avesse inizialmente pensato.
 
 
 

[1] Il tema del libro di Tegmark è la sua "Mathematical Universe Hypothesis": sembra di essere sul pezzo delle ultime dichiarazioni di Musk sull'universo come simulazione, ma in realtà questo di Aaronson è un vecchio post di più di due anni fa: ci sono arrivato perché sto leggendo il suo (di Aaronson) ultimo (be', nel frattempo è diventato penultimo) post, in cui ripropone in forma scritta (Dio lo benedica!) il suo intervento, in risposta a quello di Penrose, ad un simposio che sarebbe sui fondamenti della fisica, ma in cui in realtà, almeno nel suo intervento e in quello di Penrose, si parla della coscienza. Anche lì mille spunti interessanti di riflessione, ma non ho ancora finito di leggerlo...
 
[2] L'idea che una progettazione improvvisata alla bell'e meglio (come il pollice del panda, che appunto pollice non è, ma un'estensione del sesamoide laterale) sia un argomento di gran lunga più efficace, per il darwinismo, rispetto ad un adattamento perfetto.
 
[3] Le ipotesi di Darwin, nella prima edizione de L'Origine delle specie, sull'origine delle balene, del tutto simile, nello spirito, all'idea del pollice del panda; poi rimossa dalle edizioni successive per via dell'eccessiva derisione che ne ricevette.
 

29 May 2012

Ciotole Gouldiane [era: Tom Waits [era: Serendipity]]

Continua la serie di post in risposta ad un commento del post precedente (si era già off-topic e la mia risposta si allungava...)
Ciò che evolve deve avere tre caratteristiche. Primo, deve esistere, secondo deve mantenere un’identità attraverso il tempo, terzo deve cambiare. Entità come specie, genere, famiglia e così via non esistono nella realtà, ma sono definibili solo arbitrariamente, perciò (e per altri motivi) le escluderei. L’individuo, o il gene, non hanno una continuità individuale nel tempo. L’individuo muore, il gene scompare oppure diventa un altro gene e non è più se stesso. Perciò li escluderei. (E’ da notare che ciò che evolve è ente diverso da ciò che viene selezionato, in quanto la selezione è sempre negativa, taglia e basta. Quindi l’individuo o il gene possono essere ciò che viene selezionato, ma non ciò che evolve). Direi che l’unico che può ambire al titolo è la popolazione, intesa come insieme di individui fra cui c’è scambio genico. Ancora meglio, il pool allelico della popolazione. Esiste, attraversa il tempo mantenendo una propria individualità, ma cambia mano a mano.
Non vorrei aprire un dibattito ontologico (quando scopri Quine, frasi come "per prima cosa qualcosa deve esistere", "sono definibili solo arbitrariamente, quindi non esistono", lasciano il tempo che trovano...), però, però...
Intendiamoci: a naso il tuo discorso mi piace e direi che mi trova perfettamente d'accordo.
Ma anche la vita, nel suo complesso, esiste, attraversa il tempo mantenendo una propria individualità, e cambia mano a mano.
Sì, questa mia è una provocazione, però la tua precisazione secondo cui ciò che viene selezionato è qualcosa di diverso da ciò che evolve mi insinua il dubbio se si stia discutendo di nomi o di cose.
Il dibattito Gould-Dawkins su quale sia il soggetto fondamentale dell'evoluzione non è un dibattito aristotelico sull'essenza e gli accidenti, ma cerca invece proprio di stabilire quale sia, se ci sia, un piano principale su cui agisce la selezione naturale. Volendo semplificare, per Dawkins la selezione non avviene a livello di specie, di gruppo né di individuo, ma a livello di gene (opportunamente definito in maniera intensiva come una qualsiasi porzione di DNA che sia abbastanza piccola da durare per un gran numero di generazioni e da essere distribuita in un gran numero di copie). Certamente se questa tesi, come si legge in giro, si traducesse semplicemente nel fatto che oggetto dell'evoluzione è solo la distribuzione di frequenza allelica di una popolazione, tu e Dawkins andreste felicemente a braccetto. Se poi si facesse notare che, nei casi più semplici, la tua definizione di popolazione come insieme di individui fra cui c’è scambio genico è ampiamente sovrapponibile all'usuale definizione di specie, anche Gould non ti riserverebbe sguardi troppo torvi.
Da una parte, la scoperta di DNA non-codificante, e più in generale la possibilità di analisi statistiche a livello di sequenze nucleotidiche, ha aperto le porte a tutto un modo, spesso fenotipicamente cieco, che si presta magnificamente all'approccio di Dawkins. Dall'altra (io cito sempre l'articolo con Lewontin I pennacchi di San Marco) è evidente che esistano spinte evolutive su piani così diversi (coadattamento, pleiotropia, flusso genico, simbiosi, deriva genetica, allometria...) che sarebbe ingenuo limitarsi ad un singolo approccio.
E allora certo, se consideriamo l'andamento temporale del pool allelico di una popolazione fra cui c'è scambio genico, potremo osservare precisamente, e magnificamente, un andamento evolutivo squisitamente darwiniano. Questo approccio, però, privilegiando il concetto di allele, ignora di principio tutte quelle dinamiche non-alleliche, su cui pure, seguendo Dawkins, si possono innestare meccanismi darwiniani di selezione.
Allo stesso modo, poi, è possibile montare un grandangolo sulla nostra prospettiva e considerare l'evoluzione di popolazioni, di specie, da un punto di vista che sì, potremmo dire ecologico e che sì, si presta bene ad un'analisi "banalmente" Malthusiana à la Lotka-Volterra, ma su cui potremmo ugualmente identificare, sul lungo periodo, dinamiche adattive di tipo darwiniano.
Sono d'accordo, puoi benissimo dire che per una gazzella il ghepardo è semplicemente un fattore ambientale e che i veri competitor della gazzella sono le gazzelle sue simili. Ma questa io la considero (semplicemente) una prospettiva in più (feconda e illuminante), non la prospettiva a cui ricondurre tutte le altre, a quel punto irrilevanti.
Per esempio, prendiamo la tua metafora delle ciotole adattive: è bellissima perché mette in evidenza l'esistenza di vincoli "genetici" (la compatibilità o la competizione fra alcuni caratteri funzionali espressi da certi geni che "compongono" lo stesso organismo) che possono essere altrettanto o addirittura più forti di vincoli più "visibili" come certe caratteristiche ambientali o l'esistenza di determinati predatori o competitori ecologici — a questo proposito mi vengono sempre in mente gli esempi di Diamond sul fatto che zebre, rinoceronti e leoni della savana, potenzialmente utili come animali da macello o da forza lavoro, non sono stati domesticati perché, a differenza delle specie della mezzaluna fertile, non esiste una mutazione capace di renderli mansueti, di farli accoppiare in cattività e di farli convivere in branchi ad alta densità abitativa (le stalle negli insediamenti umani).
Però questo non toglie che, accanto a questi vincoli genetici, gli altri vincoli restino, ed ha poco senso zoomare sempre a livello allelico per descrivere forzanti ecologiche, fisiche, geometriche, che si esplicano a livello di singolo individuo, di popolazione o di specie.

12 February 2012

Darwin Day

Non è morto, s'era detto, questo blog.
Provo a confortare questa tesi oggi, riprendendo (l'impegno) ad onorare il Darwin day (un solo post all'anno, dai, ce la posso fare...).
E poiché chi passa da queste parti, insomma, siamo tutti darwinisti fino alle ossa, posso permettermi di celebrare Carletto segnalando un aspetto ancora controverso fra i tanti meccanismi in gioco nell'evoluzione delle specie.
Delle specie?
Sì, l'aspetto su cui volevo darvi qualche spunto di riflessione è proprio la questione del "cosa sono ad evolvere, le specie? le popolazioni? i fenotipi (estesi)? i geni?"
 
Come sapete sono di religione Gouldiana: l'idea che mi sono fatto è che non c'è una risposta univoca a questa domanda, e che l'evoluzione avviene, contemporaneamente, su piani differenti, con tempi, intensità e modi diversi e specifici. L'idea di un'evoluzione gene-centrica resa popolare da Dawkins rappresenterebbe, dunque, solamente uno di questi meccanismi (certamente impossibile da immaginare per Darwin stesso), ma trovo ingenuo e semplicistico elevarlo ad unico riferimento ultimo per qualsiasi dinamica evolutiva.
In particolare, uno degli aspetti che più mi lascia insoddisfatto è la selezione per parentela (kin-selection).
Ne avevo già parlato a suo tempo (ormai più di quattro anni fa!) in Dawkins contro Gould, da cui era anche scaturita un'interessante discussione con ospiti illustrissimi. Di recente mi è capitato di tornare sul tema leggendone su Leucophaea. L'articolo principale citato da Marco, M. Nowak, C. Tarnita, E. Wilson, The evolution of eusociality (pullicato su Nature quest'estate e di cui potete recuperare il PDF grazie a Google Scholar), sfonda, per quanto mi riguarda, una porta aperta (leggetevi, nel bellissimo post di Marco, chi era il Wilson che firma l'articolo...) anche se vorrei trovare il tempo di leggermi la rassegna citata da Marco, S. A. West, A. S. Griffin, A. Gardner, Social semantics: altruism, cooperation, mutualism, strong reciprocity and group selection, e le repliche all'articolo di Nowak, giusto per sentire anche l'altra campana...
 
Di un tema simile aveva parlato anche tupaia, proprio lo scorso Darwin day (sì, lo so, significa un'anno fa...), in un suo bellissimo post, Le specie egoiste, scritto a quattro mani con Danilo Avi — a proposito di tupaia, Marco nel suo post che ho citato qui sopra accenna all'eterocefalo glabro linkando l'articolo di wikipedia... invece che il bellissimo post di tupaia I wurstel con i denti! Lo scorso Darwin day, dicevo, tupaia e Danilo provano a guardare l'evoluzione naturale da una prospettiva di competizione intraspecifica, in contrapposizione all'usuale competizione interspecifica. E l'insight, per quel che mi riguarda, è davvero notevole: uno dei punti “vuoti” de Il gene egoista era proprio il fatto di partire dalla riproduzione sessuata, e utilizzarla come elemento chiave (la competizione fra alleli), senza però spiegarla. Del resto, nell’usuale interpretazione dell’evoluzione come della “sopravvivenza del più adatto”, la giustificazione della riproduzione sessuata arranca un po’, visto che il suo vantaggio (la maggior variabilità genetica e dunque una maggior capacità di far fronte a cambiamenti ambientali imprevisti) riguarda la specie intera e non il singolo individuo. Invece leggendo il post dell'orologiaio miope (e in particolare l’esempio degli insetti e della partogenesi) mi sembra quasi che le cose tornino magistralmente: la riproduzione sessuata è un meccanismo capace di portare vantaggio al singolo allele, nella misura in cui crea una diversificazione nel panorama competitivo intraspecifico. Sicuramente è una prospettiva da approfondire, ma è la prima volta che leggo una possibile spiegazione della nascita della rirproduzione sessuata che non mi lascia retrogusti di insoddisfazione.
Buon Darwin day a tutti!

20 May 2009

Stephen Jay Gould

Un passaggio veloce, giusto il tempo per unirmi anch'io, con Marco, al ricordo di un grande: Stephen Jay Gould.
Lo conobbi per la prima volta con Questa idea della vita, ma conservo per sempre ricordi specifici per quasi tutti gli innumerevoli saggi che ho avuto modo di leggere, ciascuno frutto succoso capace di estasiarti parola dopo parola con un inconfondibile sintesi di intelligenza e stupore, con quella sua capacità di andare a fondo e di darti allo stesso tempo un respiro di grande vastità.
Marco mi perdonerà se gli rubo le parole per descrivere precisamente la sua stessa riverenza nei confronti di Gould. Se gli rubo le parole per ricordare la sua prosa quasi mantrica, la sua abitudine a scavare le motivazioni più profonde, soprattutto storicizzando ogni vita e ogni pensiero e per rimanere come lui compiaciuto che dai suoi articoli sono nati blog, libri, ragionamenti e ipotesi-teorie; alla faccia della divulgazione che non serve a niente.
Come Marco, oggi metto anch'io da parte qualche personale divergenza di opinioni, incapace comunque di intaccare anche solo minimamente la singolare venerazione che nutro nei suoi confronti.

15 April 2009

darwinisti teorici e darwinisti sperimentali

Il punto c di questo commento di sagredo su Progetto Galileo mi ha fatto ricordare che avevo un post nel cassetto. Finisco ora di scriverlo e lo pubblico subito.
 
C'era una volta (ennesima dimostrazione della tempestività con cui questo blog scatta sulla notizia) Scott Aaronson che annunciò la pubblicazione dell'ultima lezione del corso Quantum Computing Since Democritus. Ho avuto modo di parlare molto di questo corso, anche se meno di quel che mi sarebbe piaciuto. Avrei in tasca, per esempio, almeno un altro spunto che, periodicamente, prende a frullarmi per la testa, ma ormai sta cominciando a formarsi la muffa su quel Bonus Addendum nascosto in fondo alla terza lezione... chissà quando troverò il tempo di tornarci su (anzi, sto cominciando anche a scordarmi tutte le cose che volevo dire a riguardo...).
Nel frattempo, mi limito a sengalarvi quest'ultima lezione, anche perchè non si parla solo di complessità computazionale. Come sempre, del resto, nelle sue lezioni. Ma in questa in particolare, visto che si intitola Ask Me Anything. Anzi, mi permetto addirittura di riportarne, traducendoli molto liberamente (e rozzamente) in italiano, alcuni stralci più significativi e meno tecnici.

   —   ∴   —   

Scott: Altre domande? Magari una meno tecnica?
D: Come risponderesti ad un sostenitore dell'Intelligent Design? Senza farti sparare?
Scott: Be', davvero non saprei. E' uno di quei casi in cui potremmo applicare il principio antropico: se su questa cosa fosse stato possibile convincerlo con l'evidenza, non si sarebbe già convinto? Secondo me dobbiamo accettare che ci sono persone per cui la cosa più importante nelle proprie convinzioni non è se queste corrispondono al vero; altre proprietà sono più importanti, quali ad esempio il proprio ruolo in una comunità. Stanno giocando, cioè, un gioco diverso, in cui le credenze sono giudicate con standard diversi. E' come un giocatore di basket su un campo di calcio. Come potrà mai vincere?
[...]
Scott: E' chiaro che la religione svolge una qualche funzione, per le persone, altrimenti non sarebbe stata così onnipresente per migliaia di anni o non avrebbe resistito a significativi sforzi per eliminarla. Per esempio, forse le persone che credono che Dio stia dalla loro parte sono più coraggiose in battaglia. O forse la religione è uno dei fattori (fra altri più ovvi) che induce uomini e donne a sposarsi ed avere un sacco di bambini, e dunque rappresenta un tratto adattivo da un punto di vista darwiniano. Anni fa rimasi colpito da un fatto ironico: nell'America contemporanea abbiamo questo stereotipo di elite che crede nel darwinismo e vive spesso da solitario trentenne o quarantenne, e poi abbiamo lo stereotipo di quelli che rifiutano il darwinismo ma si sposano giovani e hanno 7 figli, 49 nipoti e 343 bisnipoti. A questo punto non è una gara fra darwinisti e anti-darwinisti; è una gara fra darwinisti teorici e darwinisti sperimentali!
Se quest'idea è corretta anche solo in parte — che le religioni sopravvivono perchè aiutano le persone a vincere le guerre, ad avere più bambini, etc — allora la domanda che si pone è: come sarai mai in grado anche solo di affrontarli se non diventando anche tu una religione alternativa?
D: Oh, sì, sono sicuro che questo è proprio quel che la gente pensa quando deve decidere se credere o meno in una religione.
Scott: Non sto dicendo che è qualcosa di consapevole, o che le persone la pensano proprio in questi termini. Certamente qualcuno lo fa, ma il punto è che non devono farlo, perchè il loro comportamento sia comunque descrivibile in questi termini.
D: Possiamo anche avere molti bambini senza accettare una religione, se vogliamo.
Scott: Certo, possiamo, ma lo facciamo, in media? Non ho numeri a portata di mano, ma credo che esistano studi che supportano il fatto che le persone religiose hanno in media più figli.
Ora, c'è un altro fattore chiave, ed è che alcune volte l'irrazionalità può essere la scelta più razionale, perchè è l'unico modo di dimostrare a qualcun altro che sei convinto di qualcosa. Tipo, se qualcuno si presenta alla tua porta chiedendoti cento dollari, è molto più probabile che tu glieli dia se ha gli occhi iniettati di sangue e un'aria davvero irrazionale — non hai idea di cosa starà per fare! L'unico modo di rendere efficace una strategia simile è fare in modo che l'apparenza di irrazionalità sia convincente. Il tizio non potrebbe semplicemente fingere, altrimenti lo capiresti. Deve essere molto, molto irrazionale e mostrarsi capace di vendicarsi di te a qualsiasi costo. Se credi che il tizio difenderà il suo onore fino alla morte, probabilmente non vorrai avere a che fare con lui.
Quindi la teoria è che la religione è un modo per convincere se stessi. Uno può dire di credere in un certo codice morale, ma gli altri possono capire che sta mentendo e non fidarsi di lui. D'altra parte, se uno ha una barba molto lunga e prega tutti i giorni e sembra davvero credere che l'aspetterà un inferno eterno se infrangerà i suoi precetti, sta costruendo il suo stesso convincimento. Secondo questa teoria la religione funzionerebbe come un modo di pubblicizzare una convinzione su un certo insieme di regole. Naturalmente le regole possono essere buone o possono essere terribili. Nondimeno, questa specie di convincimento pubblico ad obbedire a un insieme di regole, condite con ricompense e punizioni sovrannaturali, sembra essere un elemento importante di come le società si sono organizzate per migliaia di anni. E' il motivo con cui i potenti hanno convinto i propri sudditi a non ribellarsi, gli uomini hanno convinto le proprie mogli ad essere fedeli e le mogli convinto i propri mariti a non abbandonarle, eccetera.
Insomma, mi sembra che questi siano i tipi di forze "di teoria dei giochi" che Dawkins e Hitchens e gli altri crociati anti-religioni devono affrontare e che forse non riconoscono sufficientemente nei loro scritti. Ciò che gli rende le cose facili, naturalmente, è che i loro oppositori non possono semplicemente saltar fuori e dire "sì, naturalmente sono tutte sciocchezze, ma servono per queste importanti funzioni sociali!" Invece i difensori delle religioni spesso ricorrono ad argomenti che si demoliscono facilmente (almeno dopo Hume e Darwin) perchè la loro vera condizione, sebbene considerevolmente più forte, è di quelle che è molto difficile da sostenere apertamente!
Riassumendo, magari è vero che gli uomini (se sopravviveremo abbastanza a lungo) potrebbero arrivare a ripudiare le religioni, ora che abbiamo qualcosa di meglio con cui sostituire il loro potere esplicativo. Ma prima che ciò accada, credo che avremo bisogno almeno di capire meglio le funzioni sociali che la religione ha giocato per la maggior parte della storia e ancora gioca nella maggior parte del mondo, e forse avremo bisogno di trovare meccanismi sociali alternativi per risolvere lo stesso tipo di problemi.
D: Stavo pensando se ci fosse un altro caso in cui l'irrazionalità sia preferibile alla razionalità.
Scott: Da dove iniziare?
D: Specialmente se hai un'informazione incompleta. Come se avessi un politico che è ben convinto e che non cambierebbe mai i suoi ideali: saresti molto più sicuro che farà quel che dice di voler fare.
Scott: Perchè ha convinzioni. Crede in quel che dice. Per la maggior parte dei votanti, questo conta molto più che l'effettivo contenuto delle convinzioni. Bush da un'impressione molto buona di convinzione.
D: Ma non sono sicuro che ciò sia il meglio per gli interessi degli Stati Uniti.
Scott: Esatto, questo è il punto! Come combatti persone che sono diventati maestri nel meccanismo dell'irrazionalità razionale? Dicendo "no, guarda qui, i tuoi fatti si sono rivelati sbagliati"? A che gioco stai giocando? Prendi un altro esempio: un single al bar. Quelli che hanno più successo sono quelli più abili a convincere se stessi (almeno temporaneamente) di certe falsità: "Sono il più figo qui". Questo è un chiaro caso in cui l'irrazionalità sembra razionale, in un certo senso.

13 January 2009

Progetto Galileo e Progetto Darwin 2009

Per vostra informazione, oggi è uscito il mio secondo contributo a Progetto Galileo.
Ma la vera notizia è la partenza dell'iniziativa Progetto Darwin 2009: una serie di articoli sull’evoluzionismo che verranno pubblicati nei prossimi mesi per festeggiare i 200 anni dalla nascita di Carletto Darwin e i 150 anni dalla pubblicazione del suo L'origine delle specie. Ci saranno articoli non solo dal punto di vista scientifico e divulgativo, ma anche da punti di vista inusuali e speriamo interessanti.
Sì, a un certo punto potrebbe anche comparire un mio pezzo, ma gli altri saranno sicuramente molto meglio: non perdeteveli!
 
PS/UPDATE
Oggi è già uscito il primo pezzo!

11 February 2008

Darwin day: i pennacchi di San Marco

Quest'anno, a differenza dell'anno scorso, vorrei cogliere l'occasione del Darwin Day per segnalarvi la versione online di un celebre articolo di Stephen Jay Gould e Richard Lewontin che vi propongo:
 
I pennacchi di San Marco e il paradigma di Pangloss
 
L'aria che si respira in queste poche pagine è davvero lontana anni luce da quella de Il gene egoista. Non è questione di mettere in discussione come errati singoli fenomeni e le loro spiegazioni, come l'interessante concetto di fenotipo esteso, quanto quello di capire qual è l'ordine di importanza, in generale, nella storia della vita sulla Terra, delle spinte adattive rispetto a meccanismi evolutivi di tipo non-adattivo (deriva genetica, allometria, et cetera...).
Per chi non ha mai letto niente di Gould, queste poche pagine possono rappresentare l'occasione per un invitante assaggio della sua prosa.
 
L'UARR di Milano organizza per il Darwin Day una conferenza il 20 febbraio; se invece siete dalle parti di Roma, potete partire da qui; del resto febbraio è un mese ricco di appuntamenti... :)
 
PS
Sullo SWIF potete anche trovare un'intera sezione dedicata a quest'articolo, con una nota introduttiva, un link alla versione originale, un'altra versione italiana corredata di immagini, e del materiale di approfondimento sia sul lato darwiniano ed evoluzionistico, che architettonico.
 
PPS
Lap(l)aciano, non mi sono dimenticato: ho letto nonoverlapping magisteria, prima o poi scriverò un commento...

22 August 2007

Darwin, Evoluzionismo e Darwinismo

Link sparsi, scovati a partire, appunto, da Darwin, Evoluzionismo e Darwinismo.
Il primo prende spunto dal numero di vertebre nel collo dei mammiferi e ricorda molto lo stile del mio amato Jay Gould. Appare su seed ed e' da leggere tutto, sia la prima che la seconda parte.
Scopro poi che Repubblica e' da giugno che sta pubblicando una Breve introduzione alla teoria dell'evoluzione, a cura di nientepopodimenoche' Luigi e Luca Cavalli Sforza. Non ho ancora fatto in tempo a dargli neanche una lettura veloce, ma dai titoli sembrano molto interessanti...