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13 September 2016

Teodicea (Dio e la presenza del male nel mondo), breve cronistoria

La parola problema può essere un'insidiosa petizione di principio. Parlare del problema ebraico è postulare che gli ebrei sono un problema; è vaticinare (e raccomandare) le persecuzioni, la spoliazione, l’assassinio, lo stupro e la lettura della prosa del dottor Rosenberg. Un altro demerito dei falsi problemi è quello di promuovere soluzioni anche esse false. A Plinio (Istoria naturale, lib. VIII) non basta osservare che i draghi assaliscono in estate gli elefanti: avventura l'ipotesi che lo facciano per berne il sangue che, come nessuno ignora, è freddissimo.
J. L. B.
I timori del dottor Americo Castro,
in Altre Inquisizioni
Kirbmarc aveva aperto un blog tutto suo, ma è ancora fermo al post di presentazione; forse, chissà, me lo sto perdendo su Facebook; ad ogni modo commenta altrove ed è sempre tutto da leggere.
L'ultimo mio avvistamento è da Fabristol, dove ci concede una squisita prospettiva storica di lungo periodo sulla teodicea, da quando il problema nemmeno si poneva (e non certo perché il male non esistesse) al come e perché la contraddizione emerge.
 

15 April 2009

darwinisti teorici e darwinisti sperimentali

Il punto c di questo commento di sagredo su Progetto Galileo mi ha fatto ricordare che avevo un post nel cassetto. Finisco ora di scriverlo e lo pubblico subito.
 
C'era una volta (ennesima dimostrazione della tempestività con cui questo blog scatta sulla notizia) Scott Aaronson che annunciò la pubblicazione dell'ultima lezione del corso Quantum Computing Since Democritus. Ho avuto modo di parlare molto di questo corso, anche se meno di quel che mi sarebbe piaciuto. Avrei in tasca, per esempio, almeno un altro spunto che, periodicamente, prende a frullarmi per la testa, ma ormai sta cominciando a formarsi la muffa su quel Bonus Addendum nascosto in fondo alla terza lezione... chissà quando troverò il tempo di tornarci su (anzi, sto cominciando anche a scordarmi tutte le cose che volevo dire a riguardo...).
Nel frattempo, mi limito a sengalarvi quest'ultima lezione, anche perchè non si parla solo di complessità computazionale. Come sempre, del resto, nelle sue lezioni. Ma in questa in particolare, visto che si intitola Ask Me Anything. Anzi, mi permetto addirittura di riportarne, traducendoli molto liberamente (e rozzamente) in italiano, alcuni stralci più significativi e meno tecnici.

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Scott: Altre domande? Magari una meno tecnica?
D: Come risponderesti ad un sostenitore dell'Intelligent Design? Senza farti sparare?
Scott: Be', davvero non saprei. E' uno di quei casi in cui potremmo applicare il principio antropico: se su questa cosa fosse stato possibile convincerlo con l'evidenza, non si sarebbe già convinto? Secondo me dobbiamo accettare che ci sono persone per cui la cosa più importante nelle proprie convinzioni non è se queste corrispondono al vero; altre proprietà sono più importanti, quali ad esempio il proprio ruolo in una comunità. Stanno giocando, cioè, un gioco diverso, in cui le credenze sono giudicate con standard diversi. E' come un giocatore di basket su un campo di calcio. Come potrà mai vincere?
[...]
Scott: E' chiaro che la religione svolge una qualche funzione, per le persone, altrimenti non sarebbe stata così onnipresente per migliaia di anni o non avrebbe resistito a significativi sforzi per eliminarla. Per esempio, forse le persone che credono che Dio stia dalla loro parte sono più coraggiose in battaglia. O forse la religione è uno dei fattori (fra altri più ovvi) che induce uomini e donne a sposarsi ed avere un sacco di bambini, e dunque rappresenta un tratto adattivo da un punto di vista darwiniano. Anni fa rimasi colpito da un fatto ironico: nell'America contemporanea abbiamo questo stereotipo di elite che crede nel darwinismo e vive spesso da solitario trentenne o quarantenne, e poi abbiamo lo stereotipo di quelli che rifiutano il darwinismo ma si sposano giovani e hanno 7 figli, 49 nipoti e 343 bisnipoti. A questo punto non è una gara fra darwinisti e anti-darwinisti; è una gara fra darwinisti teorici e darwinisti sperimentali!
Se quest'idea è corretta anche solo in parte — che le religioni sopravvivono perchè aiutano le persone a vincere le guerre, ad avere più bambini, etc — allora la domanda che si pone è: come sarai mai in grado anche solo di affrontarli se non diventando anche tu una religione alternativa?
D: Oh, sì, sono sicuro che questo è proprio quel che la gente pensa quando deve decidere se credere o meno in una religione.
Scott: Non sto dicendo che è qualcosa di consapevole, o che le persone la pensano proprio in questi termini. Certamente qualcuno lo fa, ma il punto è che non devono farlo, perchè il loro comportamento sia comunque descrivibile in questi termini.
D: Possiamo anche avere molti bambini senza accettare una religione, se vogliamo.
Scott: Certo, possiamo, ma lo facciamo, in media? Non ho numeri a portata di mano, ma credo che esistano studi che supportano il fatto che le persone religiose hanno in media più figli.
Ora, c'è un altro fattore chiave, ed è che alcune volte l'irrazionalità può essere la scelta più razionale, perchè è l'unico modo di dimostrare a qualcun altro che sei convinto di qualcosa. Tipo, se qualcuno si presenta alla tua porta chiedendoti cento dollari, è molto più probabile che tu glieli dia se ha gli occhi iniettati di sangue e un'aria davvero irrazionale — non hai idea di cosa starà per fare! L'unico modo di rendere efficace una strategia simile è fare in modo che l'apparenza di irrazionalità sia convincente. Il tizio non potrebbe semplicemente fingere, altrimenti lo capiresti. Deve essere molto, molto irrazionale e mostrarsi capace di vendicarsi di te a qualsiasi costo. Se credi che il tizio difenderà il suo onore fino alla morte, probabilmente non vorrai avere a che fare con lui.
Quindi la teoria è che la religione è un modo per convincere se stessi. Uno può dire di credere in un certo codice morale, ma gli altri possono capire che sta mentendo e non fidarsi di lui. D'altra parte, se uno ha una barba molto lunga e prega tutti i giorni e sembra davvero credere che l'aspetterà un inferno eterno se infrangerà i suoi precetti, sta costruendo il suo stesso convincimento. Secondo questa teoria la religione funzionerebbe come un modo di pubblicizzare una convinzione su un certo insieme di regole. Naturalmente le regole possono essere buone o possono essere terribili. Nondimeno, questa specie di convincimento pubblico ad obbedire a un insieme di regole, condite con ricompense e punizioni sovrannaturali, sembra essere un elemento importante di come le società si sono organizzate per migliaia di anni. E' il motivo con cui i potenti hanno convinto i propri sudditi a non ribellarsi, gli uomini hanno convinto le proprie mogli ad essere fedeli e le mogli convinto i propri mariti a non abbandonarle, eccetera.
Insomma, mi sembra che questi siano i tipi di forze "di teoria dei giochi" che Dawkins e Hitchens e gli altri crociati anti-religioni devono affrontare e che forse non riconoscono sufficientemente nei loro scritti. Ciò che gli rende le cose facili, naturalmente, è che i loro oppositori non possono semplicemente saltar fuori e dire "sì, naturalmente sono tutte sciocchezze, ma servono per queste importanti funzioni sociali!" Invece i difensori delle religioni spesso ricorrono ad argomenti che si demoliscono facilmente (almeno dopo Hume e Darwin) perchè la loro vera condizione, sebbene considerevolmente più forte, è di quelle che è molto difficile da sostenere apertamente!
Riassumendo, magari è vero che gli uomini (se sopravviveremo abbastanza a lungo) potrebbero arrivare a ripudiare le religioni, ora che abbiamo qualcosa di meglio con cui sostituire il loro potere esplicativo. Ma prima che ciò accada, credo che avremo bisogno almeno di capire meglio le funzioni sociali che la religione ha giocato per la maggior parte della storia e ancora gioca nella maggior parte del mondo, e forse avremo bisogno di trovare meccanismi sociali alternativi per risolvere lo stesso tipo di problemi.
D: Stavo pensando se ci fosse un altro caso in cui l'irrazionalità sia preferibile alla razionalità.
Scott: Da dove iniziare?
D: Specialmente se hai un'informazione incompleta. Come se avessi un politico che è ben convinto e che non cambierebbe mai i suoi ideali: saresti molto più sicuro che farà quel che dice di voler fare.
Scott: Perchè ha convinzioni. Crede in quel che dice. Per la maggior parte dei votanti, questo conta molto più che l'effettivo contenuto delle convinzioni. Bush da un'impressione molto buona di convinzione.
D: Ma non sono sicuro che ciò sia il meglio per gli interessi degli Stati Uniti.
Scott: Esatto, questo è il punto! Come combatti persone che sono diventati maestri nel meccanismo dell'irrazionalità razionale? Dicendo "no, guarda qui, i tuoi fatti si sono rivelati sbagliati"? A che gioco stai giocando? Prendi un altro esempio: un single al bar. Quelli che hanno più successo sono quelli più abili a convincere se stessi (almeno temporaneamente) di certe falsità: "Sono il più figo qui". Questo è un chiaro caso in cui l'irrazionalità sembra razionale, in un certo senso.

23 January 2009

Ateismo, agnosticismo e laicismo: panegirico sui massimi sistemi

Ormai è notizia vecchia: dopo Stati Uniti, Australia e Spagna, anche l'Italia fa avrebbe voluto far seguito all'iniziativa degli autobus a Londra della British Humanist Association: l'UAAR aveva fatto un'offerta per uno spazio pubblicitario sugli autobus di Genova in cui sarebbe campeggiato lo slogan che vedete qui di fianco. Sollevare il dibattito sulla questione religiosa era certamente uno degli obiettivi dell'iniziativa e altrettanto certamente sembra che questo obiettivo sia stato raggiunto, almeno a guardare la blogosfera.
A parte queste considerazioni molto interessanti di Morgan, il dibattito fra i blog mi è sembrato girare principalmente intorno all'assenza di un avverbio dubitativo sull'esistenza di Dio, che era invece presente (l'avverbio, non Dio) a Londra e a Madrid (in Australia, come da noi, la campagna è stata vietata, e in California non hanno citato direttamente Dio ma hanno fatto riferimento solo alle religioni, "Imagine No Religion"); ad esempio da Marco o da Leonardo (apro una piccola parentesi: questa volta Leonardo mi ha davvero deluso, il suo post è soltanto un esempio di benaltrismo da manuale: ha pontificato in non si sa bene che direzione — in difesa delle religioni? in difesa del comunismo? ma solo quello agnostico? contro la scienza? semplicemente contro l'UAAR? — inanellando una serie di considerazioni storico-sociali escatologiche così enormi che l'autobus di Genova non si riesce più nemmeno a vedere: l'esistenza di un pianeta extrasolare trattata come l'esistenza della teiera di Russell, le ragioni "economiche" per l'esistenza delle religioni, l'importanza del ruolo consolatorio delle religioni, l'importanza dell'azione caritatevole delle religioni, il pessimismo storico e il pessimismo cosmico leopardiano, uno sciocco slogan "sei ateo solo perchè te lo puoi permettere"... Tutto questo sproposito solo per criticare uno slogan sciocco? Vabbe', chiusa parentesi).
Le critiche, nei post e nei relativi commenti, si sono articolate essenzialmente in due tempi (concettuali, non cronologici). Dapprima si è criticata la forma, il tono che quell'assenza dava all'iniziativa: lasciava intendere, dicono quasi tutti, la stessa identica sicumera delle religioni, che pretendono di essere le uniche depositarie dell'unica Verità su(ll'unico) Dio. Quindi, in un secondo tempo, si scatenava il dibattito sul contenuto: ma è davvero così certa la non esistenza di Dio?
Sul primo tempo del dibattito non vorrei dilungarmi: una discussione sulla modalità dell'iniziativa dovrebbe essere portata avanti dai promotori stessi, perchè non può che andare di pari passo con una discussione sulle motivazioni dell'iniziativa. Quali sono gli obiettivi? Convincere? Rappresentare? Provocare? Stimolare? La risposta alla critica "dovevate lasciare quel probabilmente" può essere molto diversa in ciascuno dei casi.
Vorrei invece commentare il secondo tempo della discussione, perchè entra più squisitamente nel merito della questione.
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La maggior parte dei critici critica perchè non si sentirebbe di sottoscrivere un'affermazione così forte. Come dicevo, non voglio discutere del fatto che un'affermazione dubitativa sarebbe stata sottoscritta anche dagli agnostici, perchè questo sarebbe tornare a discutere degli scopi dell'iniziativa e quindi delle sue modalità. Voglio invece entrare proprio nel merito della questione "ateismo", e in particolare vorrei rispondere a due domande specifiche: primo, che "sicurezza" abbiamo dell'esistenza di Dio; secondo, se è vero che una posizione scettica forte, atea appunto, sarebbe del tutto simile a una posizione dogmatica e dunque soggetta a tutte le critiche che vengono avanzate verso le religioni.
Le due domande in qualche modo sono legate e credo che tutto il problema sia riconducibile, in fondo, ad una disputa su una parola: "teoria". Un esempio concreto di una simile discussione potete trovarla in calce a un post quasi apparentemente "ingenuo" di Progetto Galileo. Una discussione emblematica, nonostante a un certo punto possa sembrare un accapigliarsi per un dettaglio: quella di Darwin è solo una teoria?
C'è una situazione di fatto nota a tutti e su cui concorderebbero entrambi i contendenti di questa disputa, ed è che la scienza non ha certezze, che si limita a proporre modelli, che questi modelli possono essere corroborati da una mole impressionante di verifiche sperimentali e nonostante ciò possono essere mandati in frantumi anche da una singola falsificazione.
Cio che li tiene distanti mille miglia è il valore di questa incertezza. Stefano insiste sulla mancanza di certezze come un'entità indissolubile e assoluta: o ce l'hai, o è come non avere niente. Sul fronte opposto invece si tengono in conto anche le sfumature: non essere certi di niente non significa che qualsiasi cosa è equivalente a un'altra.
E allora quella di Darwin è solo una teoria, se si va alla ricerca di certezze assolute, di quelle certezze che dopo Berkeley non sappiamo più dove trovare. Che teoria, invece, è quella di Darwin, se si cerca di capire il mondo che ci circonda per come meglio ci riesce!
Per Dio — e non è un'imprecazione — il modo di porsi è lo stesso. Esiste davvero, Dio? E come fai, qualsiasi sia la tua risposta, ad esserne davvero così sicuro?
Lasciamo da parte i credenti: loro su questo, probabilmente, non avrebbero dubbi, in senso assoluto. E, per un attimo, lasciamo da parte anche gli agnostici, che vorrebbero poter non rispondere. Prendiamo gli atei, che rispondono di no, Dio non esiste. Come fanno ad esserne sicuri? Be', la risposta è la stessa del caso di Darwin: non ne sono affatto assolutamente sicuri! Ma sanno che non si può essere sicuri di niente, a quel modo, e che nonostante ciò si può cercare di capire il mondo che ci circonda in modo comunque accettabile, anzi, di cui si può ben andare orgogliosi. Ed evidentemente rispondono di no perchè gli sembra proprio che Dio non esista, e di ciò credono di avere ottime ragioni, le migliori che si possono avere in un mondo in cui non esistono certezze assolute. Che ci volete fare, dicono anche che non esistono UFO di origine extraterrestre, ma, se mettete loro il coltello alla gola dell'aggettivo assoluta, crolleranno e ammetteranno che no, non ne hanno certezza.
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L'obiezione del credente, e probabilmente anche dell'agnostico, è che con Dio non si ha a che fare con una "cosa del mondo", che il trascendente esula completamente dall'indagine scientifica e dunque dalla sua scala di certezze. E di fronte ad un'obiezione del genere, effettivamente, la discussione si deve fermare. Cioè, si potrebbe anche continuare, si potrebbe ribattere che è ingenuo pensare che scienza e fede riguardino due mondi diversi e separati (il famoso NOMA), si potrebbe argomentare, seguendo Quine, sull'unità della nostra conoscenza del reale, ma sarebbe una cosa lunga e noi si era partiti con due domande specifiche.
E torniamo a quelle domande, dunque.
Primo: che sicurezza hanno gli atei della non esistenza di Dio? Be', ognuno potrà specificare la percentuale che preferisce, ma il senso di tutto questo post vorrebbe chiarire che non ha senso ribatter loro "ma come puoi? ne hai forse la prova incontrovertibile?" perchè non è questo che intendono quando si dicono certi della non esistenza di Dio.
Secondo: ma l'ateismo è dunque dogmatico e fondamentalista come una qualsiasi religione? La domanda ovviamente va spezzata: è dogmatico? è fondamentalista? Strettamente parlando non è dogmatico, perchè non pretende di avere la verità rivelata (e da chi, se non c'è un Dio?). Certo che, quanto a "sicurezza" della propria tesi, qualche ateo potrebbe non sentirsi meno certo e irremovibile di un credente. E se questo può bastare a qualcuno per etichettarmi come dogmatico, che etichetti pure.
E sul fondamentalismo?
Be', prima di rispondere sul fondamentalismo dell'ateo, vorrei dar voce subito all'obiezione dei credenti: ma non è vero che siamo tutti fondamentalisti!
La risposta, cioè, è che il fondamentalismo non è legato al carattere di certezza di una convinzione, ma al contenuto specifico della convinzione. Credere che non ci sia niente di trascendente non è necessariamente un credo fondamentalista. Credere che esista un Dio che ci ama, altrettanto. Il problema sorge quando questo Dio che ci ama pretende che tutti "assecondino le sue leggi".
E allora è inutile paragonare il dogmatismo di fede del credente con la spavalda certezza dell'ateo per dedurre che il fondamentalismo delle religioni è nascosto anche dietro chi nega l'esistenza di Dio. Per rispondere davvero alla domanda sul fondamentalismo ateo bisogna rispondere a ben altre domande: gli atei cercano di impedire ai credenti di professare la propria fede? Di praticarla?
Rispondere di no a queste domande non significa dichiararsi agnostico perchè non si sta discutendo nel merito delle convinzioni religiose, ma si sta discutendo di libertà religiosa. E questa cosa, che non sta nè dalla parte dell'ateo, nè dalla parte del credente nè tantomeno dalla parte dell'agnostico, si chiama laicismo.