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09 February 2007

Quantum Gravity - 4 : guida alla lettura

Visto l'inaspettato successo della saga Quantum Gravity, provo a dare una risposta piu' articolata al commento di Franco, per ribadire che si tratta davvero (almeno per quanto riguarda i primi due capitoli che ho gia' divorato) di una lettura “per tutti”.
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Innanzitutto non pensate di essere di fronte a un libro di Loop Quantum Gravity. Se volete, ha scritto anche quello (in forma di una living review...), ma li' non posso garantirvi facile lettura... Il fatto che in questo caso, invece, l'argomento sia piu' generale, fa si' che, almeno all'inizio, l'approccio sia meno tecnico, volto piu' a dare una visione d'insieme dello stato dell'arte.
Il primo capitolo lo e' di sicuro, e ve lo conferma il titolo (che mi piace tantissimo): General ideas and heuristic picture. E' diviso essenzialamente in due parti. Nella prima vi mette di fronte al problema (il connubio fra Relativita' Generale e Meccanica Quantistica) con un approccio storico/didattico, mettendo in evidenza gli aspetti concettuali delle due teorie e le conquiste intellettuali (piu' che matematiche e strettamente fisiche) che quelle stesse teorie hanno comportato. Ovviamente sono tutte considerazioni che trovano ampio spazio anche nella seconda parte, quella in cui introduce le motivazioni e le caratteristiche principali della sua soluzione alla gravita' quantistica, quella a loop.
Io personalmente ho sempre trovato le sue considerazioni estremamente solide e convincenti. Ne avevo letto per la prima volta tanto tempo fa in questa bellissima conversazione, che vi consiglio caldamente, a mo' di aperitivo o, se proprio non amate le letture pesanti, in sostituzione, al libro di cui sto parlando. E' un'agile e snella trascrizione di un dialogo, il che facilitera' ancora di piu' la lettura.
Dicevo che per quanto mi riguarda le sue argomentazioni sono inespugnabili, e se in futuro dovessimo scoprire che alla scala di Plank la gravita' non e' descritta dalla LQG, sara' solo per accidenti tecnici, o perche' avremo realizzato un ulteriore e ad ora inimmaginabile cambiamento di prospettiva. E comunque non sara' certo l'approccio delle Teorie di Stringhe − intrinsecamente fenomenologico − a dire l'ultima parola.
Ebbene, la forza enorme di quelle argomentazione potrete misurarla proprio nel secondo capitolo del libro, intitolato semplicemente − ambiziosamente − General Relativity. Qui, appunto, si parla solo della teoria di Einstein: non ci sono dispute su nessun punto, tutto e' unanimamente condiviso dalla comunita' dei fisici e vengono affrontate questioni che potrebbero benissimo essere argomento di una lezione del corso di laurea.
Eppure, seguendolo, scoprirete la Relativita' Generale come non l'avevate mai conosciuta.
Va bene, la prima parte del capitolo e' dedicata alle notazioni e ad un riassunto (un condensato!) della teoria, addirittura in numerose formulazioni differenti, piu' o meno equivalenti. Questa parte se volete potete anche saltarla, o leggerla − come ho fatto io − chiudendo gli occhi. Riapriteli un momentino soltanto al paragrafo 2.1.3, in cui introduce il concetto di invarianza di gauge nella formulazione di Dirac. E poi sul finire di questa prima parte del secondo capitolo (a pagina 33), subito dopo (o compreso!) l'ultimo paragrafetto scritto in piccolo sulla geometria di Riemann. Li' torna ad essere non tecnico (e vi avverte che potete saltare la seconda parte del capitolo 2 che segue... se siete interessati solo ai tecnicismi! ma e' chiaro che, al contrario, e' proprio quel che resta del capitolo 2 la parte piu' bella!!!).
Di quel che resta, essenzialmente, sapete gia' tutto (e quindi vi sarete gia' buttati a capofitto a leggere...).
Buon divertimento (e fatemi un bip, se vi e' piaciuto)!

08 February 2007

Simmetrie in Fisica (Quantum Gravity - 3)

Le mie considerazioni precedenti, se volete, non sono tanto legate alla review, quanto in generale all'aria che si respira seguendo uno o l'altro lembo della Fisica.
Ma Rovelli ha un suo proprio valore aggiunto.
Vorrei fare un esempio preciso, fra i tanti casi di illuminazione in cui mi sono imbattuto leggendo le sue pagine: quello della (apparente) differenza fra simmetrie del linguaggio di una teoria (come le simmetrie di gauge) e simmetrie "reali" di un sistema fisico (come l'isotropia di un campo di forze centrali).
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Ho sempre pensato che ci fosse una differenza sostanziale fra questi due tipi di simmetria.
Nel primo caso abbiamo quella che vorremmo definire una "simmetria da ridondanza descrittiva". L'esempio paradigmatico e piu' elementare lo si trova gia' nell'elettromagnetismo classico delle equazioni di Maxwell: per pura e semplice convenienza matematica (si fa per dire...) decidiamo di descrivere il campo elettromagnetico con un quadrivettore (il potenziale), ma i gradi di liberta' fisici, quelli davvero misurabili, sono un suo derivato, i campi elettrico e magnetico. Il fatto che a configurazioni di potenziale diverso corrispondano le medesime configurazioni di campo, conferisce alle equazioni un'invarianza (una simmetria) precisamente rispetto a quelle trasformazioni del potenziale che lasciano invariato il campo. Ma e' una specie di accidente matematico: se ci fossimo ostinati a usare solo quantita' fisicamente rilevanti, come i campi, non ci ritroveremmo con questo pleonasmo.
Ben diverso sembra(!) il secondo caso. Il fatto che la lagrangiana di un campo di forze centrale abbia una simmetria sferica, e' un fatto concreto e misurabile. Tant'e' che, presa una qualsiasi soluzione delle equazioni del moto, e' sufficiente ruotarla arbitrariamente per ottenere un'altra soluzione delle equazioni del moto. Esattamente l'opposto di quel che succede effettuando una trasformazione di gauge a un potenziale elettromagnetico, dove si sta semplicemente riscrivendo la stessa configurazione di campo.
Ora, tutto quel che ho detto credo sia convinzione diffusa fra i fisici. E' quello che ci insegnano ai corsi ed e' facile convincerci di cio'. I problemi cominciano a sorgere quando si tira in ballo il portentoso teorema della Noether, secondo cui a ogni simmetria continua della teoria corrisponde una carica conservata. Il problema e' che entrambi i tipi di simmetria che abbiamo considerato generano ciascuno la propria carica conservata. La simmetria sferica genera la conservazione della quantita' di moto, la simmetria di gauge elettromagnetica genera la conservazione della carica elettrica. E la cosa, ammetterete, puzza tremendamente.
Prima di leggere Rovelli, io ero fermo qui. Non capivo bene perche' le due simmetrie (una fittizia, di notazione matematica, l'altra reale, sperimentalmente misurabile) dovessero avere ripercussioni del tutto analoghe (e ben reali). E quando mi ponevo la questione, immaginavo che la risposta potesse nascondersi − indovinate un po'? − in qualche trucco quantistico del teorema della Noether.
E invece no. La soluzione al problema e' del tutto classica. E la soluzione al problema e' che non esiste alcuna differenza fra i due tipi di simmetria. Se volete, sono entrambe delle simmetrie di gauge, delle simmetrie della notazione matematica che stiamo usando. La (apparentemente) diversa soluzione delle equazioni del moto che troviamo ruotando la prima soluzione, e' in realta' la stessa soluzione, perche' in quale modo potremo mai distinguerle? Forse perche' hanno coordinate spaziali diversamente orientate? Ma cos'hanno mai di fisico, le coordinate, essendo nient'altro che una nostra convenzione di linguaggio?
Eppure, allo stesso tempo, sono delle simmetrie fisiche, reali: come altrimenti potrebbero essere legate ad una carica conservata reale e fisicamente misurabile?
La soluzione, insomma, sta in una piu' chiara comprensione del concetto stesso di simmetria.
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Davvero non riusciro' mai ad esprimere la sensazione che ho provato. E' una di quelle cose per cui − da sola − vale la pena studiare fisica.
A quanto pare leggendo Rovelli, comprendere in questi termini la natura delle simmetrie (e in particolare della general covariance, la simmetria per diffemeorfismi di coordinate) fu il passo decisivo che condusse Einstein alla Teoria della Relativita' Generale.
Se appena potete, leggetevi il capitolo 2.2.4 (Active and passive diffeomorphisms) e 2.2.5 (General Covariance) della review di Rovelli. Ma tutto il capitolo 2.2 (The conceptual path to the theory) merita un'appassionata lettura.

07 February 2007

Quantum Gravity - 2

Non c'e' che dire: almeno per i primi capitoli (sono arrivato al secondo) la review di Rovelli si legge davvero tutta d'un fiato. E la prima cosa che salta agli occhi e' proprio la fortissima sensazione di genuina comprensione che si ha studiando la relativita' generale e i suoi dintorni. Non c'e' paragone con quel che si prova quando si studia l'altro bandolo, quello quantistico, della Fisica.
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In Meccanica Quantistica si ha certamente la sensazione di capire meglio quanto e' bizzarro il mondo microscopico. Riuscire a imbrigliare queste bizzarrie e sapersi destreggiare in allestimenti sperimentali dagli esiti contro-intuitivi ha il suo fascino e trasmette in qualche modo la sensazione di aver capito qualcosa degli ingranaggi del mondo microscopico. Ma, appunto, solo questo: la sensazione di aver capito qualcosa [›››].
In Relativita' (Generale) e' tutto diverso. Qui − ed e' questo che balza agli occhi leggendo Rovelli − tutto e' chiaro e pulito [›››]. Quando si capisce qualcosa di nuovo, quando si afferra un nuovo concetto o si realizza il significato di una qualche relazione, si ha proprio la sensazione di aver aumentato la risoluzione della propria immagine del mondo. Si percepisce nettamente di essersi liberati da preconcetti limitanti, si realizza che contingenze lontane sono in realta' lati contigui di una medesima realta'. L'atto del capire e' consustanziale alla sensazione che − accidenti! − doveva essere ovvio fin dall'inizio che le cose funzionavano in questo modo, perche' questa si' che e' la cosa piu' semplice e naturale, mentre il vecchio modo di vedere le cose era evidentemente frutto di un grossolano pregiudizio.
L'esatto contrario della meccanica quantistica, in cui ci si limita a gioire del saper riprodurre gli ingranaggi, e ci si gongola nel saper domare circostanze altrimenti folli.

05 February 2007

Quantum Gravity

La nuova vita al CERN, fra le altre cose, comporta soventi viaggi di 4 ore e piu', sulla tratta Milano-Ginevra. Siccome la batteria del mio portatile ha (ormai) una durata di gran lunga inferiore [›››], si tratta della stessa avventura delle due ore di metropolitana giornaliere di quando frequentavo l'universita' a Milano, semplicemente accorpate a scadenza settimanale. Ovvero: tanto tempo per leggere.
Come avrete capito, sto semplicemente prendendola per le lunghe soltanto per dirvi cosa ho (con inattesa soddisfazione) cominciato a leggere: Quantum Gravity di Carlo Rovelli (in realta' nella sua versione draft di fine 2003 che si puo' trovare tra i link di approfondimento della pagina a lui dedicata della wikipedia).
Capisco che potrebbe trattarsi di un consiglio per nessuno, ma per chi ama il genere divulgativo e in particolare si interessa di questioni di fisica in prospettive piu' generali [›››], questa review rappresenta un gioiello davvero brillante (per ora sono ancora ai capitoli introduttivi, probabilmente quando affondera' sul serio nella Loop Quantum Gravity perdero' ogni capacita' di seguirlo...)
Le considerazioni che scaturiscono da una simile lettura sono infinite: la vastita' dei temi toccati e la densita' di concetti mediati sono squisitamente borgesiane, ma in piu' c'e' tutto lo spessore che deriva dal fatto che i temi non sono solo toccati, ma variamente sviscerati e rivoltati.
Appena ho un po' di tempo, provero' a dire due parole un po' piu' specifiche... stay tuned!