Non c'e' che dire: almeno per i primi capitoli (sono arrivato al secondo) la review di Rovelli si legge davvero tutta d'un fiato. E la prima cosa che salta agli occhi e' proprio la fortissima sensazione di genuina comprensione che si ha studiando la relativita' generale e i suoi dintorni. Non c'e' paragone con quel che si prova quando si studia l'altro bandolo, quello quantistico, della Fisica.
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In Meccanica Quantistica si ha certamente la sensazione di capire meglio quanto e' bizzarro il mondo microscopico. Riuscire a imbrigliare queste bizzarrie e sapersi destreggiare in allestimenti sperimentali dagli esiti contro-intuitivi ha il suo fascino e trasmette in qualche modo la sensazione di aver capito qualcosa degli ingranaggi del mondo microscopico. Ma, appunto, solo questo: la sensazione di aver capito qualcosa [›››] .
In Relativita' (Generale) e' tutto diverso. Qui − ed e' questo che balza agli occhi leggendo Rovelli − tutto e' chiaro e pulito [›››] . Quando si capisce qualcosa di nuovo, quando si afferra un nuovo concetto o si realizza il significato di una qualche relazione, si ha proprio la sensazione di aver aumentato la risoluzione della propria immagine del mondo. Si percepisce nettamente di essersi liberati da preconcetti limitanti, si realizza che contingenze lontane sono in realta' lati contigui di una medesima realta'. L'atto del capire e' consustanziale alla sensazione che − accidenti! − doveva essere ovvio fin dall'inizio che le cose funzionavano in questo modo, perche' questa si' che e' la cosa piu' semplice e naturale, mentre il vecchio modo di vedere le cose era evidentemente frutto di un grossolano pregiudizio.
L'esatto contrario della meccanica quantistica, in cui ci si limita a gioire del saper riprodurre gli ingranaggi, e ci si gongola nel saper domare circostanze altrimenti folli.
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