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16 May 2014

Fluttuazioni quantistiche in cosmologia

E dopo il quantum computing (vi ricordate, no, la storia dell'epistemologia quantitativa di Aaronson, no? "Computer science" is a bit of a misnomer; maybe it should be called "quantitative epistemology") scopro che anche la moderna cosmologia — Sean Carroll, Squelching Boltzmann Brains (And Maybe Eternal Inflation) — può avere qualcosa da dire (addirittura con evidenze sperimentali? vedi le recenti misure di BICEP2) sulla natura delle fluttuazioni quantistiche e sulle diverse "interpretazioni" della meccanica quantistica.

02 February 2009

Darwin fra le stelle

Dopo Rovelli, l'estate scorsa ho avuto modo di apprezzare molto il suo amico Lee Smolin nel bellissimo Three Roads to Quantum Gravity. Lo stesso Lee Smolin che ha proposto la teoria della selezione naturale cosmologica di cui parlo su Progetto Darwin.
Devo confessare che all'inizio ho storto il naso: Smolin mi aveva fatto un'ottima impressione, ma qul nome pomposo, selezione naturale cosmologica, sembrava alludere troppo ad uno di quei tanti tentativi, maldestri e inappropriati, di sovrapporre due ambiti molto distanti, e quindi apparentemente scorrelati, quali la cosmologia e la biologia. Lasciava immaginare uno di quegli approcci "finalistici" alla cosmologia che vanno sotto il nome generico di principio antropico e che, per così dire, non trovano proprio il classico consenso universale della comunità scientifica.
Ma ho dovuto ricredermi presto: la selezione naturale cosmologica rappresenta forse l'unico caso di applicazione rigorosa — addirittura falsificabile — dei principi più generali della teoria di Darwin in un ambito diverso da quello biologico.
Ne riporto dunque, per sommi capi, le idee principali. Il taglio sarà divulgativo (non che io ne abbia una conoscenza molto più approfondita...), il riferimento originale che ho seguito è l'articolo di Smolin stesso: The status of cosmological natural selection.
 
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La motivazione principale che ha spinto a formulare la selezione naturale cosmologica — motivazione che è all'origine anche di quasi tutte le versioni del principio antropico — è il cosiddetto problema della sintonizzazione fine (fine tuning); la constatazione, cioè, che i parametri fondamentali del modello standard delle particelle elementari e della cosmologia sembrano assumere valori numerici "molto particolari", nel senso che una loro anche piccolissima modifica distruggerebbe il delicatissimo equilibrio di processi che hanno portato alla formazione nell'universo di una grande quantità di stelle dalla vita molto lunga e ridurrebbe drasticamente l'enorme varietà chimica degli elementi che invece osserviamo — e che consideriamo fondamentale per lo sviluppo della vita così come la conosciamo.
L'obiezione più elementare al considerare questa circostanza come un problema da spiegare, e cioè che le costanti fondamentali sono quelle che sono e, proprio perchè costanti, non possono cambiare, viene notevolmente ridimensionata da una caratteristica che ha la teoria più accreditata per spiegare il modello standard a un livello più profondo: la cosiddetta teoria delle stringhe. Senza entrare nei dettagli, la teoria delle stringhe ha una forma del tutto generale in cui il modello standard e le sue costanti fondamentali discendono in maniera contingente, non necessaria, a seconda dello stato in cui si trova — concedetemi questa concisa terminologia tecnica da considerare come espressione evocativa — la geometria del background spazio-temporale. L'idea, dunque, è che le costanti fondamentali dell'universo avrebbero potuto davvero essere diverse (e magari lo sono, in remote regioni dell'universo); e quindi la domanda sul perchè, allora, abbiano assunto proprio questi valori e non altri, appare sotto una luce meno speculativa, meno, per così dire, metafisica, e può legittimamente aspirare a diventare, un giorno, parte integrante dell'ambito di indagine della fisica — esattamente com'è successo per la cosmologia stessa, entrata a buon diritto nei programmi di ricerca in fisica nella prima metà del secolo scorso dopo la scoperta della legge di Hubble, della radiazione cosmica di fondo, e delle prime stime sull'abbondanza cosmica degli elementi.
In questo contesto, dunque, appare più accettabile il ragionamento alla base di tutte le varie forme di principio antropico, le quali pretendono di giustificare a posteriori la "straordinarietà" dei particolari valori assunti dalle costanti del modello standard basandosi semplicemente sul fatto che, letteralmente, altrimenti non saremmo qui a discuterne. Ma la sterilità di tutte le varie forme di principio antropico sta nel fatto che esse si limitano a questa mera "giustificazione" del fine tuning, senza alcuna possibilità di fare alcuna previsione specifica che possa essere verificata o falsificata.
Su questo, invece, la selezione naturale cosmologica è profondamente diversa.
 
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Forti, dunque, delle possibilità teoriche offerte dalla teoria delle stringhe, consideriamo uno "spazio", un insieme astratto di diversi "modelli standard" così come sono ammessi dalla teoria. I presupposti essenziali di una qualsiasi teoria di selezione naturale cosmologica sono essenzialmente due, in stretta analogia con l'evoluzione nella biosfera. Da una parte deve esistere una "popolazione" di questi universi possibili, ciascuno con una sua probabilità più o meno elevata di "presentarsi" (l'equivalente di una popolazione di individui biologici sulla Terra). Dall'altra deve esistere un processo capace di generare un'evoluzione in quella popolazione di universi, un processo che coinvolga la "nascita" ed eventualmente la "morte" di questi universi, in modo tale che la distrubuzione della popolazione di universi possa cambiare nel tempo a seconda di quali universi nascano più frequentemente e quali meno.
Ma perchè da una teoria del genere si possano dedurre delle conseguenze falsificabili devono verificarsi ulteriori condizioni.
Innanzitutto il processo evolutivo deve condurre ad una popolazione di universi distribuita in maniera molto particolare, altamente non casuale, in modo da poterla riconoscere proprio sulla base delle sue caratteristiche. In particolare devono esserci delle quantità misurabili del nostro universo che risultano molto frequenti negli universi della popolazione a cui si giunge con il processo di evoluzione: in questo modo possiamo dire che il processo di evoluzione della nostra teoria spiega il valore di quella quantità che misuriamo nel nostro universo. Ma non basta: devono esserci delle altre quantità misurabili del nostro universo, ma che non sono ancora state misurate, che risultino anch'esse molto frequenti negli universi della popolazione a cui si giunge con il processo di evoluzione della nostra teoria: in questo modo possiamo dire che la nostra teoria prevede che il nostro universo presenti queste altre quantità misurabili.
Basta? No: per poter dire di essere davvero davanti a una possibile spiegazione del fine tuning, i meccanismi di questo processo di selezione devono essere estremamente sensibili a quelle caratteristiche peculiari (l'esistenza di una chimica complessa e di molte stelle a vita lunga) su cui le costanti del modello standard si sono così finemente sintonizzate.
Notate bene che queste ultime condizioni non fanno alcun riferimento ai dettagli della teoria delle stringhe che sta alla base della possibilità di avere diversi costanti per il modello standard, mentre fanno riferimento solo alle caratteristiche del modello standard che si intende spiegare. E questo è del tutto analogo al caso biologico, in cui è possibile fare previsioni verificabili senza conoscere alcunchè di genetica molecolare — anzi, storicamente è successo proprio così!
 
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Ebbene, la selezione naturale cosmologica non è nient'altro che un esempio — l'unico, al momento — di possibile meccanismo di selezione che soddisfa i criteri che abbiamo descritto. La sua enorme importanza, indipendentemente dal fatto che un giorno verrà o meno falsificata, sta proprio nel fatto che dimostra la possibilità di avere una spiegazione del fine tuning che fa previsioni falsificabili.
Ecco quali sono i suoi assunti e meccanismi di base.
La prima assunzione fondamentale è che il Mondo consiste in un insieme di universi come quello in cui viviamo, ciascuno caratterizzato da un particolare stato del background spazio-temporale della teoria di stringhe che descrive tutti gli universi possibili e dunque da particolari valori di quelle che chiamiamo costanti fondamentali del nostro modello standard.
L'altra assunzione fondamentale riguarda la creazione di nuovi universi. Questi nascerebbero come stato inziale di un Big Bang a partire dalle singolarità che si trovano al centro dei buchi neri presenti in altri universi. In particolare si assume che il meccanismo di generazione è tale per cui il nuovo universo avrà costanti fondamentali solo leggermente diverse da quelle dell'universo che contiene il buco nero che lo ha generato.
Già si delinea quale sarà la situazione a cui si arriva partendo da simili assunzioni. Poichè gli universi capaci di generare più buchi neri avranno generato più universi a sè simili, la popolazioni di universi a cui arriveremo in breve sarà costituita per la stragrande maggioranza proprio da quegli universi che sono capaci di generare più buchi neri.
Più rigorosamente, esiste quella che un biologo evoluzionista chiamerebbe la fitness function di ogni universo. Chiamiamo c la "configurazione" di un universo, i valori delle sue costanti fondamentali, e chiamiamo B(c) proprio il numero medio di buchi neri che un universo di tipo c produce nella sua vita. Si può allora dimostrare che, in condizioni del tutto generali, un meccanismo di generazione come quello che abbiamo descritto conduce in breve tempo ad una popolazione di universi in cui la stragrande maggioranza delle configurazioni c è vicina a un massimo locale di B(c).
Un universo scelto a caso in questa popolazione avrà dunque questa importante caratteristica: qualsiasi piccolo cambiamento nella sua configurazione c potrà solo lasciare B(c) invariato oppure diminuirlo. Assumendo quindi che il nostro universo sia scelto a caso, la previsione fondamentale della selezione naturale cosmologica è che non ci sia essenzialmente alcuna possibilità di aumentare il numero di buchi neri prodotti da nostro universo spostando qualche costante fondamentale del modello standard.
 
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Vediamo ora quali sono le conseguenze di questa previsione fondamentale, sia in termini di spiegazioni e sia in termini di previsioni che questo modello presuppone.
La selezione naturale cosmologica, se si dimostrasse corretta, spiegherebbe il fine tuning perchè la formazione di stelle di grande massa, necessarie per la formazione di buchi neri astronomici, si basa sulla chimica del carbonio, e per ben due motivi. Il primo è che il meccanismo principale di raffreddamento delle gigantesche nubi di gas dove si formano le stesse di grande massa è proprio l'emissione di radiazione da moto vibrazionale delle molecole di ossido di carbonio. Il secondo è che ghiaccio e polvere di carbonio costituiscono anche un'efficace schermo alla radiazione ultravioletta per queste nubi. La selezione naturale cosmologica, cioè, sarebbe in grado di spiegare come mai l'universo sembra così finemente sintonizzato sulla possibilità di esistenza delle stelle e della chimica del carbonio senza far alcun riferimento diretto all'esistenza della vita e all'uomo. E spiegherebbe anche altre particolari coincidenze come il fatto che la costante di Fermi abbia precisamente il valore giusto perchè funzioni il meccanismo delle supernovae.
Ma veniamo alle previsioni della selezione naturale cosmologica.
Una di queste riguarda un limite superiore per la massa delle stelle di neutroni. Non entreremo nei dettagli, ma il punto è che la massa delle stelle di neutroni è legata alla massa dei mesoni K e la presenza di stelle di neutroni molto pesanti sarebbe un'indicazione del fatto che, potendo variare la massa dei mesoni K, si formerebbero molti più buchi neri di quelli che si formano col valore che ha nel nostro universo. Al momento tutte le stelle di neutroni sembrano avere una massa inferiore a questo limite, ma basterebbe una singola osservazione di una stella di neutroni più pesante per falsificare la selezione naturale cosmologica.
Un'altra previsione è ancora più tecnica. Solo per citarla, riguarda alcune caratteristiche dei modelli di universo inflazionario, che devono soddisfare alcune particolari caratteristiche per non consentire, variando alcune costanti fondamentali, di aumentare la probabilità di formazione di buchi neri. Al momento, tutte le indicazioni indirette indicano che i modelli di universo inflazionario soddisfano le condizioni previste dalla selezione naturale cosmologica
Un'ulteriore previsione riguarda la formazione di stelle nelle fasi primordiali dell'universo. La selezione naturale cosmologica verrebbe infatti falsificata se ci fossero modalità di formazione di stelle diverse da quelle che osserviamo, che non si basassero ad esempio sulla chimica del carbonio. Ma in questo caso tali meccanismi sarebbero stati all'opera nelle fasi primordiali dell'universo, quando ancora carbonio e ossigeno non erano stati prodotti in grande quantità. E dunque in quelle fasi primordiali dovevano esserci molte supernove che potremmo osservare oggi guardando a grandi distanze (siccome la velocità della luce è finita, guardare a grandi distanze significa guardare a fasi passate della vita dell'universo). Finora le osservazioni non hanno indicazioni in questo senso.
 
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Al momento, dunque, la teoria della selezione naturale cosmologica non è stata ancora falsificata dalle osservazioni sperimentali. Ma l'importanza di questo modello rimarrebbe anche nell'eventualità che in futuro questo dovesse succedere. Essa ha fornito il primo esempio concreto di teoria capace di affrontare in problema del fine tuning in cosmologia in modo tale da fornire previsioni falsificabili e senza invocare alcun principio antropico.

18 April 2007

cervelli di Boltzmann e la freccia del tempo

Il principio antropico [›››], si sa, lascia sempre molto perplessi. Anche quando non scade in una qualche formulazione filosofica (nel senso negativo del termine) di delirio te(le)ologico, rischia di essere una semplice tautologia, priva di reale potere esplicativo. Era naturale, dunque, che rimanessi un po' sorpreso, positivamente, nel venire a sapere che, in un particolare ambito di termodinamica applicata alla cosmologia, e' possibile applicare il principio antropico in maniera significativa, non tautologica, per spiegare davvero dei fatti precisi del nostro universo.
Ma come fai ad essere cosi' sicuro, mi chiederete voi, che anche in questo caso non si tratti di uno dei soliti nebulosi tentativi di mascherare da spiegazione una vuota tautologia? Be', e' semplice — e questo e' stato il motivo della sorpresa piu' grande: perche' in questo caso si dimostra che il principio antropico non spiegherebbe affatto l'universo cosi' come ce lo ritroviamo!
Su Cosmic Variance potete trovare direttamente la succosa lettura di Sean Carroll a cui devo la scoperta.
Per chi non mastica l'inglese, per chi e' curioso ma solo fino a un certo punto, per chi vuole qualche indizio piu' concreto per decidere se imbarcarsi nella lettura... insomma: provo a riassumere (ma, ahime', non saranno ugualmente poche righe...).
Semplifichero' molto: come al solito tali questioni generali offrono mille spunti di divagazioni e approfondimenti, ma cerchero' di restare circoscritto al tema in questione.
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Il contesto e' quello della freccia (termodinamico-cosmologica) del tempo. Come e' possibile che da le leggi fisiche fondamentali (microscopiche) perfettamente simmetriche rispetto ad inversione temporale venga fuori un universo spiccatamente asimmetrico come il nostro, in cui ricordiamo il passato e non il futuro? Siccome l'irreversibilita' temporale che osserviamo e' essenzialmente macroscopica e di natura entropica, la risposta piu' accreditata e' di tipo statistico: avere delle molecole di gas tutte raccolte in un angolo della stanza e' semplicemente enormemente piu' improbabile che averle distribuite per tutta la stanza. Chiaramente questa e' solo il primo passo per una vera risposta, perche' di fatto abbiamo semplicemente spostato il problema. Se l'universo parte in uno stato a bass(issim)a entropia, e' naturale che evolva asimmetricamente verso uno stato piu' disordinato. Ma il punto ora e': come mai l'universo e' cominciato (o si e' trovato a un certo punto) in uno stato a bassa entropia?
Ed e' qui che entra in gioco il (una versione del) principio antropico.
Come al solito, per poter essere tirato in ballo, bisogna assumere di avere a disposizione piu' scenari di universo possibili, per poter tirare conclusioni a posteriori basate sul dato di fatto della nostra esistenza:
se un universo non avesse questa e quest'altra caratteristica, non potremmo essere qui a discuterne e quindi, almeno a posteriori, e' naturale che il nostro universo sia fatto cosi' e cosi'.
Non e' necessario ricorrere a meccanismi di multi-universo esotici e controversi come quelli dell'interpretazione a molti-mondi della meccanica quantistica; e' sufficiente per esempio un universo temporalmente (spazialmente) infinito che possa attraversare (contenere) diverse fasi storiche (regioni) in una delle quali noi ci ritroviamo ad esistere.
La spiegazione che il principio antropico prova a suggerire, dunque, e' relativamente semplice.
Strettamente parlando, l'entropia non e' davvero vincolata a crescere, semplicemente e' piu' probabile che cresca. In una situazione stazionaria ad entropia saturata, ci saranno fluttuazioni temporalmente e spazialmente localizzate in cui l'entropia si ritrovera' un po' diminuita e un po' di ordine, per puro caso, verra' creato (le molecole diffuse nella stanza possono, con abbastanza pazienza, ritrovarsi per caso un po' piu' raccolte in un angolo). Poi, chiaramente, per le stesse ragioni probabilistiche, quel po' di ordine verra' presto disfatto seguendo un "normale" cammino ad entropia crescente, ma avendo abbastanza tempo e spazio a disposizione, fluttuazioni locali potranno presentarsi. A questo punto prende la parola il principio antropico e tutto sembra incastrarsi perfettamente: e' naturale, dice, che noi ci si ritrovi in una di queste fluttuazioni "felici", perche' solo qui potrebbe esserci qualcuno come noi ad osservare un ordine e chiedersi da dove venga: altrove e' solo noiosa stasi entropica.
Bene. Ci sarebbero mille obiezioni, piu' o meno tecniche, a questa presunta spiegazione, ma prendiamola pure per buona, come affermazione di possibilita' e veniamo al punto, cuore del post che vi ho linkato.
Il fatto e' che se vogliamo dare un valore significativo al gioco dei molti universi, o delle molte "fasi entropiche" di un universo infinito, non possiamo limitarci a giustificare la possibilita' che esistano regioni come l'universo in cui viviamo, caratterizzate da un (passato con) basso valore di entropia. Tanto varrebbe, allora, limitarsi ad accettare come fatto bruto che viviamo in un universo fatto cosi' e cosi' e basta. Se davvero vogliamo credere allo scenario dei multi-universo dobbiamo andare fino in fondo e considerare anche altre eventuali previsioni che da esso discendono condizionate alla nostra esistenza:
posto che il nostro universo mostra la caratteristica X (l'essere un'isola a bassa entropia), quale altra caratteristica Y ci aspettiamo di osservare, a partire dalle caratteristiche generali dei molti-universi di cui il nostro rappresenta un istanza?
Ed e' qui che entra in gioco, pittorescamente, un cervello di Boltzmann.
Ricordiamoci che le fluttuazioni di entropia sono molto rare. Piu' ordine crea, piu' rara e' la fluttuazione. Assumere, dunque, che la bassa entropia del nostro universo e' dovuta alla necessita' di permettere la vita intelligente, si porta dietro una conseguenza piuttosto forte (e clamorosa): dovremmo infatti trovarci in un universo corrispondente alla fluttuazione piu' piccola possibile che consenta lo sviluppo della vita. E la piu' piccola fluttuazione compatibile con la vita non e' altro che un cervello di Boltzmann: nel mare dell'equilibrio termodinamico, per caso una fluttuazione raccoglie qualche grado di liberta' dell'universo a formare un cervello cosciente con giusto quel minimo di apparati sensoriali per poter guardarsi intorno e giusto per quell'attimo sufficiente ad esclamare "Ehi! Esisto!" e poi — puff! — sparire nuovamente nel quieto e noioso bagno entropico.
Eh, si', ma quanto rara sara' mai una tale fortuita fluttuazione?!?
Enormemente piu' probabile della fluttuazione che invece crea un intero universo come il nostro capace di ospitare la vita!
Ma si puo' anche fare a meno dei cervelli di Boltzmann. Quel che vediamo ora e' solo un'istantanea dell'universo piuttosto grossolana: non abbiamo risoluzione sufficiente per distinguere lo stato microscopico di quel che vediamo alla nostra scala. Posto dunque che ci troviamo in questo stato a partire da una fluttuazione casuale, qual e' la fluttuazione piu' probabile con cui si puo' giungere qui? Sarebbe naturale pensare ad un'universo che si espande, con galassie che si formano pian piano et cetera. Ma a partire soltanto da quel che abbiamo (fotoni nei nostri telescopi), se tutte le possibili storie dell'universo compatibili con quel che osserviamo oggi sono ugualmente probabili, la maggior parte di queste storie sara' costituita da una gran casino in cui ad un certo punto una cospirazione incredibile ci da l'impressione di un passato ordinato. E' molto piu' probabile, cioe', che l'impressione di un universo passato ad entropia ancora piu' bassa sia letteralmente un accidente! Notate: non ci sitamo chiedendo "che tipo di universo passato tende naturalmente ad evolvere nell'universo che vediamo ora?", bensi' "che caratteristiche hanno la maggior parte degli universi che possono evolvere nell'universo che vediamo ora?". E la risposta e', appunto, che la maggior parte di quegli universi sono dei placidi universi stazionari ad entropia massima. [›››]
Ma ora basta, mi fermo qui. Del resto, non avrete mica creduto che avessi trovato la risposta al problema della freccia del tempo! Cosi', su un blog!
Spero pero' che abbiate apprezzato lo spunto di riflessione.