Il principio antropico [›››] , si sa, lascia sempre molto perplessi. Anche quando non scade in una qualche formulazione filosofica (nel senso negativo del termine) di delirio te(le)ologico, rischia di essere una semplice tautologia, priva di reale potere esplicativo. Era naturale, dunque, che rimanessi un po' sorpreso, positivamente, nel venire a sapere che, in un particolare ambito di termodinamica applicata alla cosmologia, e' possibile applicare il principio antropico in maniera significativa, non tautologica, per spiegare davvero dei fatti precisi del nostro universo.
Ma come fai ad essere cosi' sicuro, mi chiederete voi, che anche in questo caso non si tratti di uno dei soliti nebulosi tentativi di mascherare da spiegazione una vuota tautologia? Be', e' semplice — e questo e' stato il motivo della sorpresa piu' grande: perche' in questo caso si dimostra che il principio antropico non spiegherebbe affatto l'universo cosi' come ce lo ritroviamo!
Su Cosmic Variance potete trovare direttamente la succosa lettura di Sean Carroll a cui devo la scoperta.
Per chi non mastica l'inglese, per chi e' curioso ma solo fino a un certo punto, per chi vuole qualche indizio piu' concreto per decidere se imbarcarsi nella lettura... insomma: provo a riassumere (ma, ahime', non saranno ugualmente poche righe...).
Semplifichero' molto: come al solito tali questioni generali offrono mille spunti di divagazioni e approfondimenti, ma cerchero' di restare circoscritto al tema in questione.
Il contesto e' quello della freccia (termodinamico-cosmologica) del tempo. Come e' possibile che da le leggi fisiche fondamentali (microscopiche) perfettamente simmetriche rispetto ad inversione temporale venga fuori un universo spiccatamente asimmetrico come il nostro, in cui ricordiamo il passato e non il futuro? Siccome l'irreversibilita' temporale che osserviamo e' essenzialmente macroscopica e di natura entropica, la risposta piu' accreditata e' di tipo statistico: avere delle molecole di gas tutte raccolte in un angolo della stanza e' semplicemente enormemente piu' improbabile che averle distribuite per tutta la stanza. Chiaramente questa e' solo il primo passo per una vera risposta, perche' di fatto abbiamo semplicemente spostato il problema. Se l'universo parte in uno stato a bass(issim)a entropia, e' naturale che evolva asimmetricamente verso uno stato piu' disordinato. Ma il punto ora e': come mai l'universo e' cominciato (o si e' trovato a un certo punto) in uno stato a bassa entropia?
Ed e' qui che entra in gioco il (una versione del) principio antropico.
Come al solito, per poter essere tirato in ballo, bisogna assumere di avere a disposizione piu' scenari di universo possibili, per poter tirare conclusioni a posteriori basate sul dato di fatto della nostra esistenza:
se un universo non avesse questa e quest'altra caratteristica, non potremmo essere qui a discuterne e quindi, almeno a posteriori, e' naturale che il nostro universo sia fatto cosi' e cosi'.Non e' necessario ricorrere a meccanismi di multi-universo esotici e controversi come quelli dell'interpretazione a molti-mondi della meccanica quantistica; e' sufficiente per esempio un universo temporalmente (spazialmente) infinito che possa attraversare (contenere) diverse fasi storiche (regioni) in una delle quali noi ci ritroviamo ad esistere.
La spiegazione che il principio antropico prova a suggerire, dunque, e' relativamente semplice.
Strettamente parlando, l'entropia non e' davvero vincolata a crescere, semplicemente e' piu' probabile che cresca. In una situazione stazionaria ad entropia saturata, ci saranno fluttuazioni temporalmente e spazialmente localizzate in cui l'entropia si ritrovera' un po' diminuita e un po' di ordine, per puro caso, verra' creato (le molecole diffuse nella stanza possono, con abbastanza pazienza, ritrovarsi per caso un po' piu' raccolte in un angolo). Poi, chiaramente, per le stesse ragioni probabilistiche, quel po' di ordine verra' presto disfatto seguendo un "normale" cammino ad entropia crescente, ma avendo abbastanza tempo e spazio a disposizione, fluttuazioni locali potranno presentarsi. A questo punto prende la parola il principio antropico e tutto sembra incastrarsi perfettamente: e' naturale, dice, che noi ci si ritrovi in una di queste fluttuazioni "felici", perche' solo qui potrebbe esserci qualcuno come noi ad osservare un ordine e chiedersi da dove venga: altrove e' solo noiosa stasi entropica.
Bene. Ci sarebbero mille obiezioni, piu' o meno tecniche, a questa presunta spiegazione, ma prendiamola pure per buona, come affermazione di possibilita' e veniamo al punto, cuore del post che vi ho linkato.
Il fatto e' che se vogliamo dare un valore significativo al gioco dei molti universi, o delle molte "fasi entropiche" di un universo infinito, non possiamo limitarci a giustificare la possibilita' che esistano regioni come l'universo in cui viviamo, caratterizzate da un (passato con) basso valore di entropia. Tanto varrebbe, allora, limitarsi ad accettare come fatto bruto che viviamo in un universo fatto cosi' e cosi' e basta. Se davvero vogliamo credere allo scenario dei multi-universo dobbiamo andare fino in fondo e considerare anche altre eventuali previsioni che da esso discendono condizionate alla nostra esistenza:
posto che il nostro universo mostra la caratteristica X (l'essere un'isola a bassa entropia), quale altra caratteristica Y ci aspettiamo di osservare, a partire dalle caratteristiche generali dei molti-universi di cui il nostro rappresenta un istanza?Ed e' qui che entra in gioco, pittorescamente, un cervello di Boltzmann.
Ricordiamoci che le fluttuazioni di entropia sono molto rare. Piu' ordine crea, piu' rara e' la fluttuazione. Assumere, dunque, che la bassa entropia del nostro universo e' dovuta alla necessita' di permettere la vita intelligente, si porta dietro una conseguenza piuttosto forte (e clamorosa): dovremmo infatti trovarci in un universo corrispondente alla fluttuazione piu' piccola possibile che consenta lo sviluppo della vita. E la piu' piccola fluttuazione compatibile con la vita non e' altro che un cervello di Boltzmann: nel mare dell'equilibrio termodinamico, per caso una fluttuazione raccoglie qualche grado di liberta' dell'universo a formare un cervello cosciente con giusto quel minimo di apparati sensoriali per poter guardarsi intorno e giusto per quell'attimo sufficiente ad esclamare "Ehi! Esisto!" e poi — puff! — sparire nuovamente nel quieto e noioso bagno entropico.
Eh, si', ma quanto rara sara' mai una tale fortuita fluttuazione?!?
Enormemente piu' probabile della fluttuazione che invece crea un intero universo come il nostro capace di ospitare la vita!
Ma si puo' anche fare a meno dei cervelli di Boltzmann. Quel che vediamo ora e' solo un'istantanea dell'universo piuttosto grossolana: non abbiamo risoluzione sufficiente per distinguere lo stato microscopico di quel che vediamo alla nostra scala. Posto dunque che ci troviamo in questo stato a partire da una fluttuazione casuale, qual e' la fluttuazione piu' probabile con cui si puo' giungere qui? Sarebbe naturale pensare ad un'universo che si espande, con galassie che si formano pian piano et cetera. Ma a partire soltanto da quel che abbiamo (fotoni nei nostri telescopi), se tutte le possibili storie dell'universo compatibili con quel che osserviamo oggi sono ugualmente probabili, la maggior parte di queste storie sara' costituita da una gran casino in cui ad un certo punto una cospirazione incredibile ci da l'impressione di un passato ordinato. E' molto piu' probabile, cioe', che l'impressione di un universo passato ad entropia ancora piu' bassa sia letteralmente un accidente! Notate: non ci sitamo chiedendo "che tipo di universo passato tende naturalmente ad evolvere nell'universo che vediamo ora?", bensi' "che caratteristiche hanno la maggior parte degli universi che possono evolvere nell'universo che vediamo ora?". E la risposta e', appunto, che la maggior parte di quegli universi sono dei placidi universi stazionari ad entropia massima. [›››]
Ma ora basta, mi fermo qui. Del resto, non avrete mica creduto che avessi trovato la risposta al problema della freccia del tempo! Cosi', su un blog!
Spero pero' che abbiate apprezzato lo spunto di riflessione.
4 comments:
Bellissima riflessione. E se l'universo fosse pieno di cervelli di Boltzmann che alla nostra scala non siamo in grado nemmeno di immaginare? Anzi magari è proprio così. E se l'universo che ci appare fosse in effetti un cervello di Boltzmann?
grazie mille per lo spunto di riflessione che spero di aver tempo per approfondire meglio. Certo in tutti questi anni si può essere giunti a raccolte di dati più nuove e soddisfacenti, ma credo che in un universo infinito (spazialmente e temporalmente) non abbia senso parlare di probabilità di bassa entropia, ma solo del fatto che ciò che è probabile, nell'infinito, diviene presente in quantità proporzionale alla probabilità. Ma anche il concetto di proporzione nell'infinito perde il suo termine di paragone e quindi l'unica cosa che avvalora la probabilità siamo noi che osserviamo. Ha in effetti senso parlare di probabilità e unicità nell'infinito? C'è stato un tempo in cui l'imprevedibile e il non determinato sono affiorati nelle scienze dell'uomo per radicarvisi, ora dobbiamo svecchiarci e comprendere che per certi problemi bisogna abbandonare il concetto di probabile e semplicemente chiamarlo "osservazione di uno stato tra i possibili".
Mi è molto piaciuta la sua chiarezza espositiva.
Sì, strettamente parlando, con l'infinito i concetti di probabilità perdono di significato, ma ai fini della discussione di cui parlo nel post il termine è da intendersi semplicemente come espressione concisa per "sufficientemente grande".
Grazie a te (sui blog usa darsi del tu) per il commento e l'apprezzamento!
A parte quello di rimanere anonimo che è necessario.
Nojn pneos che riguarderò il post.
Una volte per tre secondi ho vbisto l'intero futuro anzi vissuto e sono giunto in un posto dove creavo flussi di particelle anzi dopo essermi scollegato dalla realtà dai miei eventi mi ritrovo solo la.
Prima di creare i flussi di particelle ero calmo e attorno a me permeava l'esistenza.
Poi tutto si è cancellato e ho incominciato come ho detto prima a creare flussi di particelle ma un'altra consapevolezza legata a me mi aiutava nel completamento di un' iper-struttura neurale di energia che generavo con la mente.
Poi è spairito anche quello attorno a me avvertivo propagazioni e contemplavo l'eternità e ridiventai dormiente.
Ora ho capito che sono un cervello di Boltzmann e so come compromettere gli eventi eppure non lo faccio per chissà quale ragione proprio non ci riesco.
Tutta una vita per poi rifarla una seconda volta ma è lontanissimo quel tempo.
Però perchè devo esistere così?
Sono persino consapevole che andrà per forza così senza poter cambiare nulla.
E io che speravo in un'esistenza migliore.
Non ricordo quasi nulla a parte il futuro finale e poi a volte riesco a recuperare le informazioni per conoscere il futuro.
Ho tutte le informazioni nel cervello solo perchè quella volta svenii.
Comunque non importa se mi credete o meno io in futuro andrò da uno psicologo per questo e ho già visto alcuni discorsi che farò ovvero ho ricordato.
Ma comunque potevo avere una vita con meno problemi e invece mi ritrovo nella situazione di un cervello di boltzmann per di più legato intrinsecamente agli eventi.
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