— Dai, raccontaci un po', come fate voi giornalisti a tenervi informati su quel che succede? Noi leggiamo i giornali, ma voi?
— Be', innanzitutto c'è una suddivisione degli ambiti: chi si occupa di cronaca nera, chi di cronaca giudiziaria, chi di cronaca politica...
— E quello che si occupa di cronaca nera cosa fa, telefona ogni 5 minuti alla polizia?
— Successo niente di nuovo? No. Successo niente di nuovo? No. Successo niente di nuovo? No...
— Be', ci sono gli informatori: ogni giornalista ha il suo contatto alla polizia...
— Quindi è la polizia, che vi chiama, quando succede qualcosa...
— Ma chi glielo fa fare, di chiamarvi ogni volta che succede qualcosa?
— Be', la polizia potrebbe essere interessata al fatto che venga divulgata una certa notizia...
— Come quando fanno i servizi sull'esito di una loro operazione...
— E' un po' come farsi pubblicità... i giornalisti fanno le marchette!
— Be' potrebbero anche parlare male della loro operazione...
— Sì, così poi non ti chiamano più la volta dopo...
— Sì, c'è una specie di rapporto di fiducia fra informatore e giornalista: oggi io ti pubblico un articolo che ti elogia, domani mi dai l'anteprima di una notizia di cronaca...
— Ma così non ci saranno mai articoli negativi sulla polizia...
— ...e su tutti quelli da cui hai informatori: se vorrai mantenerti sulla notiza, devi solo dare le notizie buone!
— Be', sì, la regola pratica è che se una notizia si pubblica è perchè c'è qualcuno a cui interessa che venga pubblicata.
— Quindi una notizia "cattiva" su di te si pubblica solo se la viene a sapere un tuo rivale...
— Sì, se anche il giornalista lo venisse a sapere "da solo", non la pubblicherebbe per non "bruciarsi" il suo informatore...
— Cioè dev'essere un altro giornalista che riceve la soffiata dal "rivale"...
— Altrimenti comunque il giornalista perderebbe la fiducia del suo uomo...
— Sì, succede più o meno così...
— Ma è incredibile questo meccanismo! Chissà allora di quante cose non veniamo e non verremo mai a conoscenza!
— Eh, sì. L'unico modo che ha un giornale per poter pubblicare notizie "scomode" è quello delle inchieste: si invia ad indagare un giornalista "esterno" all'ambiente, che non ha alcun rapporto di fiducia da difendere...
— E i giornali a tiratura nazionale? Se io, fonte, so che comunque tu sei un giornalista di Repubblica o del Corriere, che il giorno prima ha pubblicato un'inchiesta che mi ha danneggiato, anche se non sei stato tu materialmente a firmare l'articolo, io non ti do più fiducia!
— Il giornalista locale cercherà di chiamarsi fuori dicendo che non ha potere di bloccare le pubblicazioni di un suo collega...
— Certo che è un equilibrio molto fragile: è incredibile come possa mantenersi vivo un giornalismo "sano e indipendente" se questi sono i meccanismi in gioco...
— Sì, è un equilibrio delicatissimo. A salvare le cose dovrebbe entrare in gioco una solidarietà corporativa...
— In che senso?
— Per esempio: in una conferenza stampa convocata da un politico, un giornalista prende la parola e fa una domanda scomoda al politico stesso. L'entourage del politico proverà quindi ad allontanarlo e magari ad impedirgli l'accesso le volte successive. Gli altri giornalisti dovrebbero allora far fronte comune ad un tale comportamento: ad esempio minacciando di andarsene tutti quanti con lui...
— Essì: oggi capita a me, domani a te...
— Esatto...
— Oggi, poi, bisognerebbe estendere questa sorta di solidarietà non solo ai giornalisti...
— Certo che in Italia non sembra succedere molto spesso...
— Le interviste ai politici sembrano semplicemente degli spot elettorali: non fanno domande, chiedono solo: "cosa, di grazia, vorrebbe commentare? Ma non necessariamente nel merito della notizia, se anche vuol raccontarci una barzelletta o cos'ha mangiato a pranzo, per noi va bene, ci dica quello che vuole..."
— So che in alcuni casi Mediaset non mandava nemmeno il giornalista, per realizzare il servizio...
— ...in che senso?
— ...mandava solo il cameraman.
09 December 2008
se una sera a cena un giornalista
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2 comments:
Aggiungiamoci che Rai e Mediaset si mettevano (oggi, no?) d'accordo su quali notizie dare e come darle, mettiamoci che gli editori dei giornali sono industriali o altro, e il quadro è chiaro, fin troppo chiaro.
La libera informazione in Italia non esiste.
Un unico appunto. Dove dici:
— Quindi una notizia "cattiva" su di te si pubblica solo se la viene a sapere un tuo rivale...
— Sì, se anche il giornalista lo venisse a sapere "da solo", non la pubblicherebbe per non "bruciarsi" il suo informatore...
— Cioè dev'essere un altro giornalista che riceve la soffiata dal "rivale"...
— Altrimenti comunque il giornalista perderebbe la fiducia del suo uomo...
Qui non è proprio così, nel senso che ci sono fonti intelligenti in grado di capire che se un giornalista pubblica una brutta notizia su di te non è per questo da eliminare dalla rubrica del telefono. Dico fonti intelligenti perché i più "scafati" sanno che è proprio nel momento in cui escono cattive notizie su di te che è fondamentale fornire la tua versione dei fatti per controbilanciare quelle delle altre fonti a cui accede il giornalista.
Allo stesso tempo il giornalista, se ha un po' di etica, pubblica la notizia anche se questo danneggia il suo rapporto con le fonti. Difficilmente un giornalista sa resistere a uno scoop, di fronte al quale non ci sono amici ne nemici. C'è anche un altro motivo a favore della pubblicazione che spesso si spiega alle fonti che potrebbero sentirsi danneggiate: se non la pubblichi tu la pubblica qualcun altro quella notizia, magari in maniera più dura. Allora tanto vale...
PS
Rileggendo tutta la roba mi rendo conto che uno si possa fare una pessima idea dei giornali e dei giornalisti. Ora il discorso è lungo e magari lo riprendiamo a una prossima cena, ma tanto per dare un'idea: nessun giornalista serio, nel momento di scrivere un pezzo, è convinto di scrivere "la verità". Butta lì una versione, ben cosciente che è sempre di parte e comunque perfettibile. Tenta di avvicinarsi il più possibile alla realtà dei fatti, insomma, ben sapendo che tutti quelli che ha contattato hanno interesse a dirgli alcune cose e altre no. Mettendo insieme tanti pezzettini e versioni, però, il giornalista spera di riuscire quantomeno a dipanare un po' le nebbie. La regola è: non ti chiedere a chi giova scrivere o meno una certa notizia. Chiediti se è vera, e poi pubblicala.
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