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05 June 2018

Frenfersazioni /2

Il socialino è un posto molto raffinato, frequentato da gente colta e intelligente: ricercatori e professori universitari (è pieno di fisici!), musicisti, docenti, etc... un posto, insomma, dove conversare amabilmente, ricordate?
Anche questa volta ci ho messo tutto il mio impegno a mantenere la calma, ma sarà l'incombenza della minaccia grillina, sarà che quella nello Stato è davvero una religione e come tale non ammette che sia profanata, fatto sta che un mio semplice commento al limite del buon senso — la sproporzione delle pene paventate per l'accusa di vilipendio del capo dello Stato mossa a chi aveva insultato su Facebook il nostro presidente del consiglio — sembra toccare un nervo scoperto, generando reazioni isteriche e rabbiose, che non esitano un secondo a sfociare nell'insulto volgare e gratuito: qui, per la cronaca.

13 February 2018

La blogosfera su Facebook

 
Sì, la blogosfera si è definitivamente spostata (e allargata, ma questo è un altro discorso) su Facebook.
«Neither superposition nor entanglement are quantum features. Thet are both a feature of wave mechanics. What makes quantum "quantum" is the collapse of the wavefunction, nothing else. Incidentally this makes quantum entanglement much more interesting and counterintuitive than its classical counterpart.»
Purtroppo non posso linkare perché — ed è questo il problema di Facebook — la conversazione è ristretta agli «amici».

24 January 2018

Strategie di conversazione

 
Mi sono impegnato: mi sono morso la lingua a ripetizione, ho contato 10 volte fino a 10, e tutto sommato mi sembra di non aver mai sbroccato.
Ma i risultati non sono stati incoraggianti.
Cioè, all'inizio sembrava: vedi thread di commenti qui.
Si era partiti molto tesi, ma il mio sollevare la questione del dialogo, il non rispondere a tono ma nel merito, secondo me ha avuto il suo effetto nel far proseguire i commenti in maniera più pacata.
 
Poi, però — in un altro thread (il post è mio, ma la conversazione l'ha iniziata lui, e mi ha fatto piacere) — non siamo riusciti a non finire con l'insulto.
Peccato, ma non la considero una controprova: mantenere i toni pacati non è cosa che dà risultati immediati.
 
Vero Franco?
 
PS
Sì, ormai prendo atto che i blog sono morti: se non sei su un social network nessuno commenta più. Cosa aspettate a chiedermi l'amicizia su Facebook?

04 June 2017

Frenfersazioni

 
I blog sono morti.
Non è solo Facebook, pare proprio che per una chiacchierata sul web non si possa più fare a meno di un qualche socialino qualsiasi.
Non si spiega altrimenti che uno dei miei soliti post desolati — quello qui sotto di venerdì — capaci di racimolare qui sul blog, se va bene, un rotolacampo all'anno, postato di là riesca a raccogliere in soli tre giorni un bel thread da cara vecchia blogosfera.
 

08 January 2017

Imitatore illustre nell'uso di Facebook :)

Paolo "il Disinformatico" aka "Sgomberonte" Attivissimo mi ha copiato[1] e come me sta usando Facebook come ripetitore per Twitter tramite IFTTT.
 
 

 
[1] Scherzo, ovviamente, non dovrei nemmeno precisarlo: manco saprà che esisto...

12 November 2016

Facebook: conversazioni?

 
Ultimamente sto provando un po' Facebook, lascio qui di seguito le mie prime impressioni[†].
 
 § 
 
Intanto l'esperimento di utilizzare Facebook tramite una pagina è fallito: lascia poco o punto spazio all'interazione.
Così a denti stretti ho accettato lo sgraziato compromesso di presentarmi con una ripetizione del nickname, per di più storpiato con la maiuscola[‡].
 
La sensazione generale è di grande confusione.
Innanzitutto per il fatto che non viene rispettato alcun ordine, a cominciare da quello cronologico: ogni volta che torno sulla mia Home, l'elenco dei post che mi si presenta è diverso: certo, se fossi ossessionato dal leggere sempre cose nuove, mi basterebbe solo riaggiornare la pagina compulsivamente, ma così è difficile ritrovare una cosa letta poco prima. Poi magari hai letto a lungo un post e i suoi commenti e per qualche motivo l'algoritmo di Facebook decide che ti interessa molto e continua a riproportelo sempre in cima: ma l'hai già letto tutto e a fondo!
Ed è una cosa generale: ad ogni refresh l'elenco è un misto di cose nuove e cose già mostrate... Non oso immaginare la confusione di chi, a differenza di me che non ho amici e seguo quattro gatti, è invaso di contenuti da mille fonti!
Inoltre molta gente non ha abilitato la possibilità di essere seguita e quindi per ricevere nella propria Home i loro post pubblici, bisognerebbe (immagino) chiedere l'amicizia.
Ad ogni modo, anche navigando manualmente sui post pubblici dei loro profili spesso non si può commentare, immagino sempre perché non ho l'amicizia, nonostante magari ce li abbia fra i following.
 
E quand'anche si riuscisse a commentare... be', le conversazioni restano un vero e proprio calvario, anche solo da seguire.
Ad esempio è difficile capire quanto sono lunghe, perché non c'è un "espandi tutto" e commenti annidati vanno scoperti quasi uno ad uno cliccando in calce ad ogni sottolivello: così, per dire, non sai mai bene se/quanto ti stai perdendo ad interrompere la lettura ad un certo punto; magari scorri velocemente (dal cellulare, per esempio) su un commento brevissimo e invece ti è sfuggito che non è affatto un commento breve: è Facebook che l'ha accorciato e che dovresti cliccare su See More, il quale magari poi ti mostrerebbe un View more replies dietro il quale si scoprirebbero una valanga di altri commenti...
In generale poi non c'è modo di segnarsi un punto lungo la conversazione a mo' di "sono arrivato qui", per tornarci in un secondo momento o per verificare in seguito che non siano arrivate ulteriori risposte: l'unica possibilità è salvarsi nei bookmarks del browser il permalink alla conversazione (vi rendete conto, vero, che salvarsi i bookmarks nel browser era una cosa che si faceva negli anni '90?!?)[※].
 
Insomma, tutto è pensato per una fruizione casuale, oltre che rapida: fugace e fatta più per likeare che per commentare: anche il commento, infatti, non riesce ad essere un elemento di conversazione, ma solo un gettare un sasso e via, se non c'è un modo naturale per tornare a leggere una risposta al tuo commento.
 
 § 
 
Detto questo, però, devo ammettere che su Facebook non ho trovato solo la ri-proposizione di contenuti già diffusi altrove e di cui già fruivo (essenzialmente blog, Twitter e Tumblr): certo, ci sono anche quelli, ma ho anche scoperto profili che pubblicano contenuti interessanti di cui rimanevo completamente all'oscuro nel mio settore di web ortogonale a Facebook.
Resta il fatto che, purtroppo, la loro fruizione in maniera un minimo sistematica è resa difficile da tutti gli aspetti negativi elencati sopra.
 
 

 
[†] lasciando perdere il fatto che grazie a ciò il mio feed-reader sta segnando un numero di articoli da leggere in continua crescita e che si avvicina pericolosamente alla ha superato persino la soglia psicologica delle 1000 voci
[※] c'è una funzione "salva", ma si riferisce ad un post, non ad un certo livello di commenti: se mi salvassi il post, poi dovrei ripercorrere (a memoria!) tutta la sequenza di click su See More e View more replies per tornare al punto della conversazione che mi interessava...
 

18 September 2016

Una rondine non fa primavera...

 
...e due?
Due blogger d'annata, Weissbach e Scacciamennule, hanno ripreso a postare...
Facebook, il tuo monopolio delle conversazioni hai i giorni contati!
#credici #figurati #macisperiancora
 
PS: a proposito di conversazioni, non capisco come mai Disqus non mi si carichi su Scacciamennule: ho provato altri blog che lo usano e riesco a vedere regolarmente i commenti, ma non su Scacciamennule...
 

21 June 2016

Conversazioni

 
Sulle cause della "morte dei blog" direi che condivido in toto la diagnosi di Borborigmi, che mi permetto di condensare nell'accostamento di due circostanze: la prima, che «la voglia di scrivere va di pari passo con la conversazione che un'opinione scritta genera, con il dibattito di cui riesce a far parte», e la seconda che «la fatica di aprire un blog, la cui manutenzione è tecnicamente più complessa» non ha più ragion d'essere, dal momento che «la maggior parte dei lettori potenziali sono comunque dentro le mura dei social».
Facebook, insomma, ha vinto semplicemente per aver reso più semplici le conversazioni: fornendo contemporaneamente un'audience ampia già in partenza, e una semplicissima modalità di pubblicazione istantanea.
 
Ed effettivamente il mio rammarico più grande a restare fuori da Facebook è proprio la quantità di conversazioni interessanti, con gente interessante, che mi sto perdendo. Però ogni volta che ci penso e valuto di tornare sulla mia decisione, mi ritrovo nuovamente davanti alle solite insormontabili barriere all'ingresso.
Non soltanto quella, già detta più volte, dell'identità e della privacy[1]. Un'altra questione terribilmente fastidiosa è quella di un'esagerata trasparenza, che si declina su due binari ferrei: la pubblica visibilità e trasversalità della rete di contatti, e la necessità di includervi un account per poterne leggere i contenuti e riceverne gli aggiornamenti[2].
Tutto ciò esaspera ancora di più la sovrapposizione forzata e totale delle proprie identità, del tutto innaturale nella vita reale.
 
Forse l'unica eccezione ragionevole a questi meccanismi perversi è rappresentata da Twitter: qui l'identità non ha vincoli anagrafici, la fruibilità è universale e non circoscritta ai propri contatti[3], le relazioni sociali sono asimmetriche, e tramite le liste è persino possibile seguire degli account senza che la cosa sia in bella vista.
Il difetto di twitter, o quantomeno la cosa che non gli permette di occupare esattamente la nicchia ecologica lasciata vuota dai blog, è la sua fugacità. Da un lato il limite alla lunghezza dei contenuti rappresenta un incentivo all'utilizzo: non devi aspettare di riuscire a ritagliarti un attimo di concentrazione per scrivere qualcosa di articolato, hai un pensiero anche solo accennato e via, lo condividi al volo. Ma questo si addice a massime e motti di spirito, quando va bene, o ad aforismi motivazionali e poesie da cioccolatini, quando va meno bene.
Se già il tweet rimanda a un link, le sue dinamiche iperveloci non permettono di stargli dietro, e seguire un account non basta per riuscire ad intercettarne tutti gli interventi, perché la quantità di tweet che riempie la propria timeline è indigeribile.
La fruizione di twitter diventa quindi quella degli avventori di un bar: siccome non ci stai tutto il giorno, quando passi trovi, di chi conosci, solo chi per caso sta passando di lì in quello stesso frangente, e con loro scambi due battute — solo allora e per poco, ché di lì a breve tu o i tuoi interlocutori già non condividerete più una sovrapposizione temporale utile — sull'argomento del momento.
Si parlava di conversazioni? Be', direi che sono un'altra cosa.
Certo, ci sono strumenti come Instapaper, o Pocket (Formerly — and eloquently! — Read It Later), con cui si può tener traccia delle letture che sembrano meritare più attenzione, ma a quel punto un'ipotetica conversazione andrebbe avanti a singhiozzo: se va bene puoi commentare in calce all'articolo, oppure puoi scrivere a tua volta sul tuo blog, ma difficilmente recupererai la persona da cui avevi ricevuto lo spunto e in ogni caso non ti inserirai in una conversazione raccolta sulla questione, perché di "conversazioni" ce ne saranno mille, ognuna più o meno chiusa nella sua filter bubble.
 
Insomma, quando si dice che forse la blogosfera non è morta ma si è semplicemente trasformata in qualcos'altro, ci si sta riferendo, più o meno consapevolmente, proprio alla questione delle conversazioni: i blog si stanno rintanando nella nicchia dei contenitori a tema ben definito e specifico di articoli autoconsistenti, che però restano isole asettiche: le conversazioni, anche quelle che li riguardano, sono altrove.
 
Ogni tanto un Kirbmarc che apre un suo blog mi illude che si possa tornare ai vecchi tempi dei feed RSS.
Oppure mi pare di scorgere segni di qualche cambiamento in atto: Peppe Liberti che prova[4] a sperimentare con paper, o Amedeo Balbi che si butta sulle newsletter; ma senza troppo entusiasmo, visto che le direzioni imboccate non sono quelle che speravo — ancora più chiusura e frammentazione delle conversazioni!
 

 
[1] Mi pare di aver capito che, benché Facebook richieda formalmente dati anagrafici reali, non proceda tempestivamente ed inesorabilmente all'enforcing del vincolo, per cui, a patto di accettare qualche deformazione tipografica del nickname, potrei anche provare — ho anche provato — ad aprire un profilo come hronir.
Ho anche provato social network che espressamente non richiedono identià reali, financo di già note e rinomate frequentazioni — leggi frenf.it — ma restano, appunto, le altre barriere all'ingresso.
[2] Certo, se qualcuno posta contenuti in maniera pubblica, questi restano accessibili da chiunque, ma di fatto non ci sono canali per avere aggiornamenti su tali contenuti che non siano ma{r,c}chiarsi della sua amicizia.
[3] A parte gli account lucchettati, ma mi pare rappresentino un uso di nicchia e peculiare di questo social network.
 

02 May 2007

Sylvie, l'Internet delle cose e la Grid

L'Oca Sapiens mi chiama direttamente in causa: potevo non risponderle?
Siccome pero' la domanda mi ha spinto a riflessioni sparse, di carattere piu' generale, e la risposta stava diventando troppo lunga, ho pensato di dedicarle un post qui sul mio blog.
   —   ∴   —   
Sylvie mi chiede cosa ne penso dello special report dell'Economist di questa settimana. Io non ho una copia cartacea dell'Economist e l'inchiesta integrale e' disponibile online solo previa registrazione a pagamento. Gratuitamente e' comunque disponibile una specie di sintesi da cui si evince che l'inchiesta discute della progressiva diffusione delle tecnologie informatiche negli oggetti quotidiani e in particolare della "rete delle cose" che dovrebbe nascere quando le attuali tecnologie wireless consentiranno a questi dispositivi di collegarsi e parlare fra di loro.
Piu' che il sottoscritto, una persona giusta a cui chiedere un parere potrebbe essere Stefano Quintarelli, oppure Alfonso Fuggetta (che in effetti ha scritto un articolo precisamente sull'inserto dell'Economist), oppure ancora a Beppe Caravita (anche lui commenta alcuni passaggi dell'inchiesta, vedi anche qui).
Cosa mai potrei aggiungere, io? Forse solo sottolineare che un punto chiave perche' qualcuno degli scenari che si immaginano quando si pensa alla "rete delle cose" possa davvero realizzarsi e' quello dell'esistenza di standard aperti e universali, su cui costruire servizi aggiuntivi e "intelligenti". Questo e' un punto cruciale (come si deduce dalla storia del web) e tuttavia non e' affatto ovvio che sia semplice da realizzare per delle "cose concrete" cosi' come lo e' stato per le "comunicazioni astratte" di Internet.
Questo mi porta naturalmente a fare l'esempio di Grid, perche' sin dalla nascita viene pensato esattamente come una sorta di "evoluzione" di Internet, da rete dalle informazioni a rete di risorse. Il fatto e' che secondo me questo paragone e' fortemente fuorviante.
Sin dalle loro origini, il web e la Grid hanno percorso strade completamente diverse. Il web e' nato crescendo piu' o meno per caso lungo una via che a posteriori forse si puo' giudicare inevitabile, ma che non e' mai stata perseguita esplicitamente. Cos'e' il web oggi (ebay, i web-service ma soprattutto i blog, il nanopublishing, il social web, l'XML...), nessuno avrebbe saputo dirlo quando e' nato 10 anni fa; cosa diventera' domani nessuno lo sa davvero oggi, perche' segue delle strade tutte sue, piene di contingenza e di necessita', anche se la necessita' la si scopre sempre a posteriori. Esattamente come l'idea della vita che dobbiamo a Darwin (e, per quanto mi riguarda, devo a Stephen Jay Gould). La forza del protocollo IP e dell'HTTP, la loro semplicita' e la loro universalita', era una naturale caratteristica della cosa che si voleva mettere in rete: un file di testo, dei caratteri. Da quella semplicita' sono emerse poi, pian piano, tutte le mille sfaccettature che vediamo oggi, ma non si puo' non notare che si tratta ancora essenzialmente di una rete di informazioni.
Con la Grid, invece, e' stato esattamente l'opposto. La sua stessa idea non e' nata per aggregazione come una valanga da una palla di neve che pian piano comincia a rotolare lungo un pendio, ma e' stata studiata a tavolino e sono stati stanziati ingenti finanziamenti per cercare di realizzarla. E cercare di realizzarla e' risultato dannatamente difficile. Il problema e' dovuto al fatto che si sta cercando di mettere in comunicazione degli oggetti estremamente complessi (esattamente l'opposto di un file di testo), per fare cose ancora piu' complesse. La Grid vorrebbe mettere a disposizione risorse di calcolo e storage, ma non basta mettere in rete dei computer per avere a disposizione le loro CPU e i loro spazio disco. Vuoi usare la CPU del mio cluster? Devi dirmi cosa vuoi fare, che programma vuoi far girare e se il programma occupa spazio e costa trasferirlo, vorresti che fosse gia' presente sulle macchine del cluster, ma allora devi dirmi che versione del programma vuoi... e l'input? me lo mandi con la descrizione del programma che vuoi che esegua? e l'output? lo metto in qualche risorsa di storage della Grid? e' piccolo e quindi te lo restituisco direttamente quando ho finito? et cetera. E il problema e' che ogni possibile utilizzo diverso delle risorse puo' pretendere specifiche tutte sue e non appena ti rendi conto di un possibile nuovo utilizzo della risorsa devi riaggiustare i protocolli perche' riescano a gestire anche questa nuova possibilita'.
Si tratta, essenzialmente, delle stesse difficolta' che si incontrano nei tentativi di realizzare il web semantico, anch'esso dipinto come un'evoluzione del web (e sponsorizzato dallo stesso inventore del web, Tim Berners-Lee). E tuttavia le piramidi strutturali di Internet e di Grid (e del web semantico) sono letteralmente invertite: la complessita' si e' sviluppata sopra Internet, mentre con la Grid la si vorrebbe tenere nascosta sotto, lasciando in superficie un utilizzo il piu' semplice possibile per l'utente finale che vuole accedere alle risorse.
Per tornare al futuro delineato dall'inchiesta dell'Economist, la vedo piu' o meno allo stesso modo: e' facile mettere un po' di "cervello" (i cosiddetti sistemi embedded) a un frigorifero e a una lavastoviglie, per non parlare del fatto che i cellulari ormai "sono morti"). E' piu' difficile metterli in comunicazione (e vanno bene queste nuove tecnologie wireless) in maniera abbastanza sofisticata da permetter loro di far qualcosa con quella comunicazione. Con Internet siamo noi che comunichiamo. Far comunicare delle cose, pur sofisticate come possono essere le risorse della Grid, e' tutt'un'altra storia.
 
Prima di smetterla, una precisazione.
Ho soltanto accennato alle molte difficolta' che si devono affrontare per mettere in piedi una infrastruttura di Grid. Se messe accanto alla facilita' con cui si e' sviluppato il web e all'immenso e pressocche' immediato successo di Internet, possono lasciar pensare che la Grid sia un po' un fallimento. In realta' il punto e' prorpio – ed e' questo che volevo sottolineare – che il paragone non ha senso. L'(epi)fenomeno di Internet e l'impresa di allestire un'infrastruttura di Grid sono due cose completamente diverse. E per quanto i progressi fatti e i risultati ottenuti per la Grid siano molto meno appariscenti dell'evoluzione vertiginosa del web [›››], si tratta comunque di una strada obbligata, almeno per quanto riguarda le sfide di un'impresa come quella di LHC. Certo, poi le competenze maturate e la tecnologia sviluppata per il modello di grid compunting potra' e sara' esportata – anzi lo e' gia' – in altri ambiti come quello astro-/geo-fisico, biomedico, bioinformatico, economico-finanziario, fino alla protezione civile e ad ambiti piu' strettamente industriali. Ma per LHC non era molto una questione di scelta. Quando il nuovo acceleratore entrera' in funzione ed andra' a regime, verranno prodotti una quantita' di dati mai vista prima (ad un ritmo di una dozzina di PByte all'anno, P = peta = dieci alla 15). E questi dati dovranno poter essere accessibili e poter essere analizzati in qualsiasi momento da qualsiasi centro di ricerca sparso per il globo. Nessun centro, da solo, poteva fornire tutte le risorse necessarie. E l'integrazione e la coordinazione di tali risorse geograficamente distribuite conduceva naturalmente ad una soluzione di tipo grid computing.