Vediamo se questa volta riesco ad essere "sulla notizia". Certo, ormai e' sera tardi, ma, almeno per qualche dozzina di minuti, è ancora il 7 ottobre. E proprio il 7 ottobre di due anni fa veniva
assassinata la
Politkovskaja. Stranamente non trovo nemmeno un trafiletto su repubblica online (c'è solo una riga su
news control che si limita a linkare il
pezzo del corriere) e in generale la cosa ha avuto, a parte appunto sul corriere,
relativamente poco risalto.
L'occasione è buona per una riflessione di carattere generale sul giornalismo.
Ho già detto tante volte che considero l'informazione come parte integrante dell'ossatura stessa della democrazia. Non basta poter esprimere una preferenza nell'urna per poter dire di essere in una democrazia, dev'esserci un concerto di poteri indipendenti che operino un'azione di controllo reciproco, e fra questi non sarebbe eccessivo considerare l'informazione come il più importante, dal momento che è solo attraverso una corretta informazione che i cittadini possono farsi un'idea di quel che accade intorno a loro e delle decisioni che vengono prese per regolamentare la loro stessa vita.
E la situazione dell'informazione in Italia è davvero disastrosa.
La cosa è già molto evidente semplicemente guardando un qualsiasi telegiornale, ma avere internet a portata di mano rende il tutto davvero stridente. E ovviamente non sto parlando "semplicemente" di
informazione scientifica nè mi sto lamentando del
dilagare del gossip, ma di una situazione del tutto trasversale e particolarmente accentuata proprio in ambito politico. Non solo manca il giornalismo d'inchiesta, ma abbiamo perso persino il concetto di "intervista", sostituito da quello di monologo. Manca completamente un senso di obiettività del giornalista, sostituito da quell'obbrobrio chiamato
par condicio, secondo cui l'equilibrio starebbe
nel mezzo, ovunque esso si trovi, anche se uno dei due estremi si trova completamente fuori scala rispetto a qualunque definizione di buon senso. La par condicio in realtà rappresenta precisamente la
morte del giornalista, che si limita a fare da contenitore a qualsiasi boiata venga proposta, mentre dovrebbe essere il punto di riferimento "informato" del cittadino che non può pensare di essere esperto di tutto.
Recentemente ho scoperto che
RaiNews24 rappresenta una specie di residuo di informazione "normale", una testata che spicca nel desolatissimo panorama che la circonda. L'unico
feed di news nel mio aggregatore è proprio il loro (su repubblica e corriere ormai ci vado solo, quando mi capita, direttamente dal browser, il che per me è come dire che non esistono più...). Si ha ancora la sensazione di leggere delle notizie, nella loro asettica sobrietà, e non delle marchette sensazionalistiche. Ogni tanto arrivano anche delle
inchieste interessanti, che in un paese normale dovrebbero destare scandalo, mentre da noi non ne parla nessuno, al massimo si limitano ad essere citate da qualche
blog controcorrente che viene quindi dipinto come
controinformazione, nel
senso negativo del termine.
«Il
controllo dell’informazione è il punto chiave con cui viene garantita la continuità di tutte le
dittature, anche quelle dolci, come la nostra.» Ma al momento i blog (i blog, più che l'internet in generale, che è in gran parte nello stesso calderone in cui ribollono corriere e repubblica online), coinvolgono ancora, purtroppo, una fetta di popolazione troppo piccola, del tutto irrilevante. E se, come temo, i blog rappresentano davvero l'unica possibilità per una sana informazione, una qualsiasi possibilità di riscatto per noi sembra non avere altro orizzonte che questo.
Che, forse, è un po' come dire che non c'è alcun orizzonte.