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02 May 2016

La maledizione giapponese per l'astronomia spaziale a raggi X

M-V with ASTRO-E veering off course.jpeg
M-V-4 with ASTRO-E veering off course
(Public Domain)
Avrete probabilmente sentito del satellite giapponese Hitomi per l'astronomia nei raggi X, messo in orbita lo scorso febbraio, e dei problemi che ha avuto proprio quando stava cominciando le sue misurazioni scientifiche, causando la perdita completa dello strumento.
Ebbene, ho scoperto che si tratta di una vera e propria maledizione! Prima che gli cambiassero nome in Hitomi, il telescopio si chiamava ASTRO-H ed era il terzo (terzo!) tentativo dell'agenzia spaziale giapponese (JAXA) di mettere in orbita un satellite per l'astronomia a raggi X.
Il primo tentativo di uno strumento di questo tipo, ASTRO-E, è del febbraio 2000 ma non riuscì nemmeno ad arrivare in orbita per l'esplosione del razzo vettore; 5 anni dopo ci riprovarono con una copia esatta del satellite, ASTRO-EII, che riuscì ad entrare in orbita ma fu vittima di un malfunzionamento dello strumento principale, il quale dopo pochi giorni smise di funzionare a causa di una perdita di elio liquido necessario per il suo raffreddamento.
E adesso? Appuntamento fra 15 anni?

20 November 2012

   [5] Metodo e spiegazione scientifica: dalla fisica all'evoluzionismo, per l'economia — all'ombra di Quine

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(...continua)
§  Quine
Allora, come ripetuto altre volte su questo blog, dopo Quine non abbiamo più un criterio di demarcazione semplice à la Popper: né experimentum crucis, né una metodologia universale. L'esempio paradigmatico della fisica quale hard science rappresenta solo il caso in cui le cose sono più facili.
L'astronomia e persino la cosmologia, pur senza esperimenti ripetibili e dunque senza una reale possibilità di falsificazione popperianamente intesa, non hanno alcun complesso di inferiorità rispetto alla fisica di laboratorio e godono invece spesso di un grado di affidabilità e scientificità molto maggiore di altri ambiti più fenomenologici della fisica, nonostante in questi ultimi sia possibile applicare metodologie sperimentali più squisitamente galileiane.
L'evoluzionismo darwiniano, nella sua accezione più ampia in contrapposizione a framework completamente diversi (uno per tutti, il disegno intelligente), gode di assoluta scientificità non certo per un singolo esperimento cruciale o per l'uso di una metodologia assimilabile, fosse anche in senso molto lato, a quella del fisico: i motivi per cui, indiscutibilmente, rappresenta un pilastro della nostra immagine scientifica del mondo vanno ricercati, contemporaneamente ed inestricabilmente, nella sua aderenza al dato empirico su un fronte vastissimo (fisico, chimico, biologico, ecologico, paleontologico, etc...) e nella sua potenza esplicativa, ovvero nella sua capacità di riunire in un unico schema concettuale quella immensamente variegata fenomenologia.
Queste solide ragioni — nessuna, da sola, cruciale, nessuna puramente empirica e nessuna puramente teorica — rappresentano quello che Quine chiama il tribunale dell'esperienza, a cui le nostre teorie si sottopongono non per singole affermazioni ma come un tutt'uno (olismo epistemologico). E la forza di quelle ragioni sta precisamente nel loro perfetto inserirsi nel quadro complessivo della nostra immagine del mondo; la loro forza risiede nel fatto che una loro revisione ci costringerebbe a modificare profondamente e/o ampiamente il resto della nostra immagine del mondo.
(continua...)