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17 November 2012

   [4] Metodo e spiegazione scientifica: dalla fisica all'evoluzionismo, per l'economia — all'ombra di Quine

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§  Le critiche degli austriaci: da Hayek alla prasseologia di Mises
Prendiamo, ad esempio, le critiche di Hayek, probabilmente le meno radicali e più circoscritte, e per questo forse le più facilmente condivisibili, ma non per questo meno incisive.
Un bel compendio (con beneficio di inventario: in realtà ho letto poco Hayek) lo si può trovare nel suo discorso di accettazione del Nobel (The Pretense of Knowledge). Le sue critiche non cercano di alzarsi sui massimi sistemi, tentando di definire un criterio di demarcazione per una conoscenza scientifica e bocciando il positivismo economico sulla semplice base della violazione di tali criteri. No, lui accetta di buon grado la possibilità, in linea del tutto teorica, di elaborare modelli quantitativi di sistemi socio-economici da cui trarre significativi insegnamenti e concrete ricette per modificare o stabilizzare l'evoluzione di tali sistemi in direzioni desiderate. Solo che poi arriva a negare la bontà di praticamente tutti i modelli usualmente proposti, sulla base di considerazioni nel merito di tali modelli, senza ovviamente contestare la bontà dello svolgimento matematico della modellizzazione, ma negando i presupposti di validità delle assunzioni che dovrebbero giustificare tali modelli come adeguate rappresentazioni della realtà. Le sue non sono argomentazioni "esterne", ma parlano la stessa lingua del positivismo economico; e tuttavia sono di natura così generale da avere come risultato pratico un rifiuto virtualmente sistematico dell'applicazione di metodi quantitativi nel tentativo di capire e governare l'economia.
Per poter giudicare la bontà e la forza delle argomentazioni di Hayek, dunque, bisogna in qualche modo entrare nel merito dell'economia e dell'econometria, bisogna adottare, cioè, lo stesso approccio positivista che si ritroverà alla fine enormemente depauperato.
 
In alternativa è possibile arrivare alle medesime tesi per vie ortogonali, criticando il positivismo economico su basi puramente epistemologiche, fornendo la propria visione di "giusto sapere" in campo socio-economico, cercando di mostrare che il "solito" metodo scientifico può andar bene per la fisica ma non per l'economia, e dando persino un nome, la prasseologia, al corretto approccio, sedicente aprioristico-deduttivo, per lo studio di dinamiche sociali.
Ebbene, è evidente che un tale approccio risulta estremamente delicato: cosa mai potranno, questi austriaci, su un problema, quello della demarcazione, su cui scienziati e filosofi della scienza a legioni si sono accaniti da prima ancora di Galileo, e a tutti, nei casi migliori, è sempre mancato qualcosa?
 
Meno che a Quine, ovviamente.
 
Ecco, le vaste pretese di questo post di cui parlavo in apertura stanno tutte, precisamente, nella spiegazione delle vere ragioni della bontà dell'approccio austriaco, perché mi toccherà riassumere l'epistemologia quineiana.
(continua...)

16 November 2012

   [3] Metodo e spiegazione scientifica: dalla fisica all'evoluzionismo, per l'economia — all'ombra di Quine

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§  ...e al positivismo sociologico
Detto questo sul neopositivismo, veniamo finalmente al positivismo sociologico e alle critiche (austriache) ad esso.
Ebbene, le scienze sociali — senza nemmeno prendere in considerazione critiche del primo tipo, à la Hegel — comunque faticano, in generale, a sostenere anche il solo sguardo delle critiche à la Popper. Il loro appello al metodo scientifico e al confronto empirico, per giustificarsi e darsi un tono, sprizza ingenuità da tutti i pori: le usuali crtiche al positivismo fanno le pulci a concetti come experimentum crucis, ripetibilità dell'esperimento, verificabilità/falsificabilità, et cetera, mentre la sociologia pretende la sua aiuola privata nel giardino delle scienze per il mero fatto di usare un linguaggio che può ammantarsi di matematica solo per il riferimento a tecniche di inferenza statistica (spesso, poi, usate in modo troppo semplificato, quando non addirittura errato). Non è nemmeno il caso di addentrarsi in sofisticate argomentazioni epistemologiche per rendersi conto che i caratteri di solidità e rigore solitamente associati all'attributo scientifico non possono essere comprati con semplici correlazioni statistiche, soprattutto se queste sono estratte da una modellizzazione iper-semplificata di un fenomeno complesso in cui le variabili lasciate fuori dal modello hanno altrettanta se non più rilevanza per la fenomenologia reale di quelle incluse.
Orbene, gli austriaci condividono questa diffidenza verso i metodi e i risultati delle scienze sociali, e dell'economia in particolare, arrivando spesso a rifiutare del tutto, a priori, l'utilizzo di metodi quantitativi.
Ma il punto è: con quali argomentazioni?
Qui il panorama si complica, perché le critiche austriache alle analisi quantitative in economia si declinano in modi molto diversi, spesso nemmeno complementari ma apparentemente in reciproca contraddizione.
(continua...)

14 November 2012

   [2] Metodo e spiegazione scientifica: dalla fisica all'evoluzionismo, per l'economia — all'ombra di Quine

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§  Critiche al neopositivismo...
Ma cominciamo ad entrare nel merito della questione, perché è chiaro che nessuno, io per primo, sarebbe disposto a fare propria una prospettiva programmatica come quella positivista, nella sua beata ingenuità, neppure in campo strettamente epistemologico, in cui le ingenuità sono meno pacchiane.
Il punto cruciale, però, che andrà a distinguere posizioni potenzialmente distantissime, sono le ragioni in base alle quali si considera ingenuo l'approccio positivista.
Semplificando, e prendendo come riferimento il dibattito epistemologico, ci sono grossomodo tre diversi modi per farlo.
Il peggiore è quello a cui appiccicherò il nome di Hegel, sia maledetto per sempre: il rifiuto del positivismo per il suo rifiuto della metafisica, nel senso più abominevole del termine di fuffa senza senso.
Poi c'è l'approccio a cui appiccicherò il nome di Popper, che consiste nel fare le pulci a tesi specifiche del positivismo ("falsificazionismo, diamine, non verificazionismo!"), senza tuttavia proporre un reale cambio di prospettiva: quasi tutte le ingenuità del positivismo restano lì e i principali problemi aperti, uno per tutti quello della demarcazione, restano tali.
E infine c'è Quine: il positivismo è letteralmente raso al suolo, nelle tesi specifiche, ma sopravvive nello spirito che l'aveva animato: sopravvive, cioè, il primato della scienza, anche se, per caratterizzarla, non abbiamo più criteri di demarcazione semplici e cruciali, e dobbiamo invece ricorrere a valutazioni generali che, anche per casi specifici, coinvolgono potenzialmente tutta la nostra conoscenza, riferendosi contemporaneamente, e inestricabilmente, tanto al dato empirico quanto al linguaggio teorico, nel loro insieme.
(continua...)

10 November 2012

   [1] Metodo e spiegazione scientifica: dalla fisica all'evoluzionismo, per l'economia — all'ombra di Quine

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(...continua)
§  Positivismi
Uno dei motivi per fare il salto da un positivismo all'altro, in realtà, è piuttosto personale e deriva dal fatto che per me, prima d'ora (quando d'economia non capivo nulla e, essenzialmente a causa di ciò, nemmeno mi piaceva, lei e le scienze sociali sue cugine), il termine positivismo costituiva un automatic redirect al termine neopositivismo.
La pagina di disambiguazione di wikipedia per il termine positivismo, invece:
  • riporta l'ambito delle scienze sociali come il principale riferimento del termine;
  • considera il neopositivismo come "positivismo in filosofia";
  • annovera il positivismo giuridico (in contrapposizione al giusnaturalismo);
  • cita il positivismo come corrente letteraria;
  • *non* disambìgua alcuna caratterizzazione del termine in ambito specificatamente economico, da far rientrare dunque nell'ambito delle scienze sociali.
Ho fatto riferimento ad it.wikipedia perché la versione inglese ha l'aria molto meno affidabile, visto che mette la conoscenza scientifica in contrapposizione(?) all'empirismo puro(?!?) e cita un certo positivismo politico che sembra banale pubblicità a questo tal Ljubiša Bojić...
Il miglior punto di partenza potrebbe essere invece en.wiktionary, che prova a delineare il denominatore comune all'applicazione dello stesso termine in ambiti diversi: il rigetto per la metafisica e l'appello (eventualmente velleitario) al metodo scientifico come strumento principe di conoscenza. Ed è proprio descrivendo il positivismo in questi termini che si possono intravedere, pur nella loro ingenuità, i tratti che suscitano la mia simpatia.
Tuttavia la diversità degli ambiti di applicazione del termine e le contingenze storiche fanno sì che lo stesso termine venga usato, nei diversi ambiti, per caratterizzare punti di vista spesso difficilmente conciliabili fra di loro. A cominciare dal positivismo giuridico, che prende in prestito il termine solo per questioni etimologiche, ad indicare che la legge sarebbe posta dal legislatore, e non trovata in natura, com'è invece la tesi del punto di vista opposto, il giusnaturalismo, il quale potrebbe invece esso stesso pretendere a buon diritto di collocarsi più vicino allo spirito naturalista, appunto, del positivismo in ambito epistemologico.
(continua...)