La risposta è: perché non esistono frequenze viola!
Per amor di precisione provo a ripescare le fonti che avevo letto ormai molto tempo fa,
ai tempi delle api e di compiz, ma mi ritrovo, di nuovo, naufrago tra altre pagine di wikipedia che non conoscevo... e 'l naufragar m'è dolce!
Innanzitutto trovo conferma, credo, che lo spettro visibile
va dal rosso al blu senza passare dal viola (su internet troverete un sacco di gradienti cromatici in cui compare il viola al di là del il blu, ma photoshop non è una fonte affidabile: se si cercano foto, e non immagini sintetiche, il viola non si vede — cfr. ad esempio
,
qui,
qui o
qui).
Però, vabbé, il termine
violetto è ambiguo, e alcuni, in taluni contesti, io credo, intendono con esso riferirsi ad una specie di indaco, a quel profondo blu che starebbe ancora più in là del blu dello spettro. Perché non è che io sia proprio convinto che davvero, al limite del visibile, al blu si aggiunga una qualche pur debole tonalità di rosso: però non riesco a trovare in rete riferimenti autorevoli né in un senso, né nell'altro. Il dubbio, chiaramente, è che magari, chissà, la curva di sensibilità del cono "
L", quello col picco di sensibilità più spostato verso le lunghezze d'onda più lunghe (rosse), abbia una qualche pur piccola gobbetta dalle parti delle onde più corte (blu) dove ha il suo picco di sensibilità il cono "
S", in modo da dare, appunto, un tocco di rosso al blu più profondo. Non sono l'unico ad aver avanzato questa "spiegazione" del violetto spettrale oltre il blu: vedi ad esempio questa
discussione su wikipedia, e in effetti si trovano in rete delle curve di sensibilità dei tre coni delle più varie (cfr. ad esempio
quella della discussione citata prima;
quest'altra, sempre da wikipedia, in cui c'è anche la sensibilità dei bastoncelli;
questa, che invece di normalizzare sul picco, normalizza sull'area;
quest'altra ancora, che sembrerebbe non-normalizzata;
quest'altra ancora, anch'essa non-normalizzata e con in più addirittura una scala sull'asse delle ordinate, anche se manca l'unità di misura, e chissà se è lineare o logaritmica;
questa, che in tutta la sua bruttezza mette bene in evidenza l'ipotetico sotto-picco del cono "
L" nelle frequenze alte... e insomma, ce n'è per tutti i gusti). Però, dicevo, dalle foto "reali" dello spettro cromatico si potrebbe ben dedurre che di rosso non ce ne sia, su quel lato dell'arcobaleno.
Del resto io le avevo ben colte,
ai tempi delle api e di compiz, le basi della visione dei colori: i tre tipi di coni — rosso, verde e blu — come tre dimensioni dello spazio di cromaticità, e ogni sfumatura di colore come un punto in quello spazio, individuato da(l logaritmo de)ll'intensità di eccitazione di ciascun tipo di coni. Perfetta corrispondenza con la rappresentazione cromatica nei monitor — dai vecchi tubi a raggi catodici, ai pannelli a cristalli liquidi, al plasma, o a LED — e di conseguenza nelle varie codifiche digitali, RGB per tutte.
Se non fosse che ora, sempre su wikipedia,
ho scoperto che si tratta solo della prima parte della storia, perché nella seconda metà di quello stesso secolo
Ewald Hering elaborava la sua
teoria dei colori complementari che, sebbene concepita come ipotesi alternativa alla teoria tricromatica, oggi trova fondamento nella moderna neurofisiologia. Questa infatti ha messo in luce processi di elaborazione dell'informazione visiva
ulteriori rispetto al dato primario del livello di stimolazione dei tre tipi di coni, che si sono rivelati precisamente come i meccanismi biologici funzionali alla base della fenomenologia che Hering aveva individuato nella visione umana.
Volendo semplificare molto, l'elaborazione dell'informazione cromatica non si limita a considerare il livello di stimolazione dei diversi tipi di coni, ma anche le loro differenze: e del resto, a posteriori, chiamare i coni "M" e "L" rispettivamente "cono del verde" e "cono del rosso" è evidentemente una semplificazione eccessiva, visto che i loro picchi sono molto vicini fra di loro e in particolare il picco del cono "L" cade praticamente in quello che chiamiamo giallo, lasciando quello che chiamiamo rosso all'estremità dello spettro e della sua stessa coda di sensibilità.
Questa elaborazione del segnale di stimolazione dei coni in termini di differenza di intensità avviene già a livello della retina, dalle
cellule bipolari alle
cellule gangliari, le quali reagiscono da una parte alla differenza di stimolazione fra i coni "
M" e "
L" (la contrapposizione di Hering fra verde e rosso) e dall'altra alla differenza di stimolazione fra i coni "
S" e una combinazione della stimolazione dei coni "
M" e "
L" (la contrapposizione di Hering fra blu e giallo).