21 September 2008

La luce delle api e i colori di compiz-fusion/3

(puntate precedenti: uno e due)
Curiosa coincidenza, il riferimento alla trasformazione lineare RGB-HSV trasformazione lineare RGB-YPbPr che mi ha reso la vita più semplice si trova su un sito che ha nel nome e nel logo un'ape. Curiosa coincidenza perchè mi sono ritrovato a pastrucchiare con i colori a pochi giorni di distanza da quando, con quegli stessi colori, mi ero scontrato cercando di capire in che senso le api non sono sensibili alla luminosità. Mi ritrovo dunque di nuovo a girovagare cercando informazioni sul sitema visivo delle api, e questa volta sono piu' fortunato.
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Trovo addirittura studi sulla visione delle api risalenti agli anni 30 o anche prima. In pratica si sfrutta il fatto che le api hanno un riflesso incodizionato a movimenti repentini nel proprio campo visuale e si predispone il seguente ingegnoso meccanismo. Si prepara un pattern visivo (ad esempio su un foglio) costituito da bande alternate di diversa intensità luminosa e si sottopone l'ape a tale stimolo. A un certo punto si muove il pattern visivo e si osserva la reazione dell'ape. Se l'ape è in grado di percepire la differenza fra le due intensità luminose delle bande, si accorgerà del movimento, altrimenti le sembrerà che nulla si muove. Ripetendo esperimenti con bande con diverse differenze di luminosità si riesce dunque a studiare la capacità delle api di distinguere diversi livelli di luminosità.
Il risultato di questo esperimento dovrebbe essere quindi, finalmente, la corretta interpretazione della frase "le api sono insensibili alla luminosità". E in effetti il risultato (cfr. il grafico a pagina 414 del primo studio che ho citato) è che le api riescono comunque a percepire variazioni di intensità luminosa, solo con una sensibilità molto minore della nostra. Come noi, quando la luce è scarsa, hanno una sensibilità minima; diversamente da noi, anche in condizioni di luminosità "diurna" riescono a percepire solo differenze di intensità relativa superiori al 25% (noi, per confronto, riusciamo a distinguere variazioni di mezzo punto percentuale, cfr la tabella a pagina 413).
Sfrugugliando ancora a fondo, mi imbatto addirittura in un articolo molto più recente (1998) e dal titolo molto promettente: Reconstructing the Visual Field of Compound Eyes. Sembra che il suo obiettivo sia proprio la risposta alla mia domanda: ricreare (con tecniche di ray-tracing) un'immagine il più rappresentativa possibile della percezione di un'ape (in order to reconstruct an image approximating that perceived by a bee)!!! L'articolo è estremamente interessante, solo che, innanzitutto, non riesco a trovare le immagini che, seguendo tutta la loro analisi, avrebbero riprodotto; e comunque sembra che la loro analisi si sia concentrata soprattutto sull'aspetto cromatico delle differenze uomo/ape, tant'è che concludono loro stessi così: In producing these initial images we have ignored many aspects of the bee's visual system. In particular we do not address the difficult problems of tone mapping and brightness adaptation, mainly because of the sparsity of data pertaining to these phenomena in the case of the bee. (Nel produrre queste prime immagini abbiamo trascurato molti aspetti del sistema visivo dell'ape. In particolare non abbiamo affrontato i difficili problemi di adattamento alla luminosità e di rimappatura dei toni, principalmente per la scarsità di dati su questi fenomeni nel caso delle api. [mia libera traduzione]).
Ad ogni modo, un messaggio emerge chiaro da tutte queste mie letture: pensare di poter ricostruire accuratamente la visione di un'ape è un'impresa ardua per i mille fattori in gioco, non molto diversamente dal pretendere di capire cosa si prova ad essere un pipistrello: non basta sapere che "non vede la luminosità" o che "vede quel colore". Le api, ad esempio, sono maggiormente sensibili all'ultravioletto, che domina la loro percezione visiva rispetto agli altri colori; inoltre i loro occhi sono fortemente sensibili al movimento, per cui non è facile intuire cosa possa vedere un'ape che si accorge di qualcosa solo perchè si muove anche se non ne distingue bene i contorni (ma questo in realtà succede anche a noi umani...); o ancora, le api sono sensibili anche alla polarizzazione della luce diffusa dal cielo: in particolare la sensibilità alla polarizzazione avviene grazie ai recettori sensibili all'ultravioletto, mentre i recettori sensibili alle frequenze più basse (verde) sono legati alle reazioni di movimento dell'animale per evitare predatori o per raggiungere un obiettivo; e ancora: negli esseri umani la vista rappresenta il senso predominante, mentre per molti altri animali, fra cui appunto le api, un ruolo molto più importante lo giocano gli odori; per quanto riguarda poi la sensibilità alla luminosità, bisognerebbe anche tener presente che, almeno per noi esseri umani, l'occhio ha la capacità di adattare in maniera locale la sensibilità dei singoli recettori sulla retina in base alla quantità di luce che li colpisce, cioè l'occhio umano può adattarsi con una sensibilità diversa da regione a regione nella retina nell'ambito di un'unica scena visiva: questo è il famoso effetto che viene perso nelle foto tradizionali e che si cerca di recuperare con le tecniche di High Dynamic Range Imaging (un approfondimento qui).

2 comments:

Lap(l)aciano said...

Spettacolare tutto quello che l'uomo ha ricercato...

In realtà, mi sembra che l'unica strada per risolvere il problema del pipistrello sia costruire, finalmente, una macchina cosciente.

Anonymous said...

Sono d'accordo! In questi giorni sono un po' impegnato, ma vedo cosa riesco a fare nel w-e... :)