03 June 2007

l'ombra della Chiesa

[...] Ho raccontato l’emozione di un sabato di aprile. Ma dopo l’emozione, vi dirò, ho vissuto in me uno sconfinare di pensieri. Dietro una lettera. Perché la lettera, la vostra lettera, a sua volta, lasciava una scia di pensieri. Tu, Emanuela, scrivi che ragazzi che non hanno mai avuto esperienza della Chiesa Cattolica hanno potuto vedere il volto più bello della tua religione. E io mi chiedevo come, in che cosa. Perché la sensazione che mi portavo in cuore era di non aver fatto nulla di eccezionale, che tutto fosse stato così normale. E, inseguendo i pensieri, mi si riaccesero nella memoria prima le parole di un frate italiano in Turchia e, immediatamente dopo, una pagina della Bibbia.
Le parole erano quelle di Padre Domenico, che, accogliendoci ad Antiochia in Turchia, alla nostra domanda: “che cosa fate?” sorprendendoci rispose: “noi non facciamo niente, teniamo aperta la porta”. Un altro sacramento! Quello dell’accoglienza. Che tutti, piccoli o grandi, credenti o non credenti, riconoscono. Se c’è, lo riconoscono. Sacramento leggero come un’ombra.
E il pensiero corse all’ombra di Pietro negli Atti degli Apostoli. Il libro degli Atti ci racconta della comunità delle origini, uscita dalle esperienze del Risorto: è una comunità che fa gesti di consolazione, di fiducia e di speranza. Li fanno, senza esibizione, in uno stile di semplicità e di trasparenza, lo stile del loro Signore. Dentro questo orizzonte, è di un incanto incancellabile, particolare di rara suggestione, il riferimento all’ombra di Pietro. È scritto: “portavano gli ammalati nelle piazze, ponendoli su lettucci e giacigli, perché, quando Pietro passava, anche la sua ombra coprisse qualcuno di loro”. L’ombra di Pietro! L’ombra, capite!
Se imparassimo da questa ombra! Pensate, che cosa c’è di più lieve, di meno corposo, di un’ombra? Basta un’ ombra. Se è evangelica. Basta l’ombra di un cristiano. Siamo lontani dalla corposità, dall’ispessimento delle istituzioni, dalla potenza mondana dei raduni oceanici. Basta l’ombra. L’ombra di un cristiano. Ma che sia vero. Secondo il vangelo. Alla maniera di Francesco, Francesco d’Assisi, l’ombra di Francesco.
E che cosa c’è di più silenzioso dell’ombra? Passava Pietro, non c’erano parole, c’era un silenzio d’ombra. Come se quel passaggio fosse la scia di quello che aveva fatto Gesù, la scia di quello che era stato Gesù, era come l’ombra di Gesù. La sua ombra guariva, rialzava. Pensate quali marchingegni si vanno a escogitare per una nuova evangelizzazione! E quanti proclami! E non si ottiene nulla. L’ombra!
E che cosa c’è, lasciatemi dire, di meno studiato, di meno calcolato dell’ombra? Neanche ci pensi all’ombra. Che tu lo sappia o no, ti accompagna. Non c’è bisogno di dichiararla. Tant’è che a volte per dire spontaneità e naturalezza diciamo: “ti segue come un’ombra”. Quando, al contrario, siamo preoccupati, in eccesso preoccupati, di strategie, è perché non siamo vivi dentro, dico vivi evangelicamente. Perché se lo fossimo, coscienti o no, lasceremmo un’ombra. Un’ombra non di condanna o di paura: non era questa l’ombra che lasciava Pietro. Ma un’ ombra di risanamento, un’ ombra di Gesù, un’ombra di vangelo.
Essere dunque ombra, ombra gli uni per gli altri, fuori dalle chiusure e dalle ristrettezze dei cenacoli. Fuori dall’inganno degli eventi appariscenti, dei discorsi rumorosi. Dentro il corso comune degli accadimenti quotidiani. Essere ombra silenziosa che dona rifugio e protezione, come l’ombra di un albero in giorni assolati: vi trovano ristoro, nell’ora più calda del giorno, gli uccelli dell’aria.
Ci sarebbe tutto da guadagnare, come persone e come chiesa. Se ritornassimo a quell’ombra buona delle origini, l’ombra buona di Pietro. L’ombra dell’accoglienza. [...]
Don Angelo Casati, da A Emanuela e a Rachid...
 
— Siamo forse ciechi anche noi?
— Se foste ciechi, non avreste alcun peccato; ma siccome dite: "Noi vediamo", il vostro peccato rimane.
 

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