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26 June 2013

Democrazia /6 — Perché questo qui è persino peggio di quello là

Questo qui, ovviamente, sarebbe Grillo, e quello là, manco a dirlo, Berlusconi. E il perché ce lo spiega lo Smeriglia, ormai qualche giorno fa.
Mi è già capitato di dire che Grillo rappresenta l'espressione più stridente della contraddizione profonda del concetto di democrazia, e nonostante ciò pare resti una contraddizione invisibile: lo Smeriglia sembra non accorgersi che le critiche che volge a Grillo — il suo ergersi a paladino del bene comune — sono critiche al cuore stesso della democrazia, che per sua stessa definizione vorrebbe rappresentare lo strumento per raggiungere il bene comune, altrimenti sarebbe dittatura della maggioranza; che chiunque si candidi, chiunque vada a votare, lo fa — nella più nobile e ingenua delle ipotesi — per il bene comune.
(Sia chiaro, ho preso di mira lo Smeriglia perché pare una persona intelligente e acuta, ma si tratta di una miopia del tutto generalizzata, soprattutto a sinistra.)

21 February 2013

Democrazia /4

Il tweet dello Smeriglia che vedete qui di lato mi offre la sponda per ribadire che la democrazia, se dobbiamo difenderla, dev'essere qualcosa di diverso dalla mera legge della maggioranza (ma ancora nessuno è riuscito a spiegarmi cosa sarebbe).
 
Ma non è di questo che volevo parlarvi in questo post.
Il vero spunto per tornare a parlare di democrazie mi viene da questo articolo (su uno dei blog) del Post, Come vincere le elezioni con la tv, che recensisce NO, un film candidato all'Oscar che racconta del referendum del 1988 in Cile contro Pinochet. Io non so niente di storia, prendo per buono quel che si racconta in quel pezzo. E la storia che si racconta è una storia strana. Si intuisce che dovrebbe avere una morale, o almeno vorrebbe, ma non si riesce a capire quale. Tifiamo, ovviamente, per l'opposizione al regime dittatoriale, ma restiamo spiazzati dalla strategia adottata. La TV, il suo ruolo di strumento di evasione, ancor più in circostanze in cui evadere sembra avere il sapore dello struzzo che nasconde la testa sotto la sabbia, ancor più per noi italiani, reduci da un ventennio che non è nemmeno chiaro se sia finito o meno... la TV come circo del duo panem et circenses, dicevamo, è un po' l'emblema del male.
E infatti ci sono critiche alla tesi del film, dicono che non sia stata la TV a decretare il successo del referendum, anche se molti oppositori di Pinochet, allora, si spesero contro la partecipazione al voto, quale implicita legittimazione al dittatore.
Insomma, alla fine c'è il lieto fine, nel senso del risultato del referendum, ma è un lieto fine anche per la televisione? è un lieto fine per la democrazia?
 
Eppure dal mio punto di vista, direi dal punto di vista del libertario, è piuttosto evidente che tutte queste contraddizioni nascono semplicemente dall'ostinazione a voler difendere la democrazia, il voto, come qualcosa di sacro e salvifico, capace, da sola, di garantire pace e giustizia. Se ci si rende conto, invece, che si tratta di un meccanismo perverso di prevaricazione, che quel po' di giustizia e libertà che le società occidentali hanno raggiunto, rispetto ad altre epoche e ad altri luoghi, non sono il mero frutto della democrazia, ma sopravvivono nonostante essa, allora tutte quelle contraddizioni evaporano. Una campagna televisiva in stile pubblicitario può davvero spostare enormi masse di voti indipendentemente dalla direzione in cui le muove: la perpetrazione di Berlusconi da una parte, l'esautorazione di Pinochet dall'altra; le persone votano per mille ragioni diverse, ma quasi mai le ragioni principali sono la giustizia e l'equità sociale.
 
Non vi è nulla di magico, di nuovo, nel meccanismo di voto popolare, capace, da solo, di condurre ad una società migliore.

02 February 2011

Borges fa ridere

In realtà la questione è più complicata di così, molto più complicata.
 
Anche un paesaggio naturale può suscitare impressioni, anche se, sì, è vero, se diventa espressione di qualcosa è solo per "colpa" dell'osservatore, dato che non c'è autore.
Ma il vero elemento di complicazione è Borges, e non solo per quelli della mia religione.
Le sue opere sono concettuali, estremamente concettuali, eppure tutto tranne che didascaliche; suscitano vivide impressioni, ma non lo fanno con l'immediatezza delle percezioni sensibili, bensì presupponendo, contemporaneamente, tutta la storia della filosofia e della letteratura passata (e futura); procedono con accostamenti inusuali di concetti remoti fino al paradosso, in stridente contrasto col senso comune. E sì, oltre a mille altre cose, spesso questi accostamenti sono anche divertenti.
Ma dovremmo per questo chiamare le finzioni di Borges semplici battute?
 
In realtà la questione è più complicata di così, molto più complicata.
Però mi ci ritrovo molto, in questa "pillola di filosofia estetica" di Astutillo Smeriglia.