12 June 2012

La solitudine del pensiero

Non c’è nulla di più difficile in letteratura che descrivere un uomo che pensa. A chi gli chiedeva come facesse a inventare tante cose nuove, un grande scrittore rispose: pensandoci continuamente. E in verità si può ben dire che le idee inaspettate si presentano appunto per il fatto che le si aspetta. Sono in non piccola parte un risultato del carattere, di tendenze costanti, di ambizione tenace e di assiduo lavoro. Come deve essere noiosa questa perseveranza! Sott’altro riguardo, poi la soluzione di un problema spirituale si svolge all’incirca come quando un cane con un bastone in bocca vuol passare per una porta stretta: egli volta il capo a destra e a sinistra finché il bastone scivola dentro; e noi facciamo altrettanto, con l’unica differenza che noi non tentiamo così a casaccio, ma per esperienza sappiamo già pressappoco come si deve fare. E anche se un uomo intelligente pone nelle sue rotazioni maggior destrezza ed esperienza di un cane, lo scivolar dentro avviene di colpo e anche per lui giunge inatteso; ed egli percepisce chiaramente in sé un leggero senso di stupore stizzoso che i pensieri si sian fatti da soli invece di aspettare il loro artefice. Molta gente oggigiorno dà a quello stizzoso stupore il nome di intuizione, dopo che per molto tempo lo si è chiamato ispirazione, e credono di dovervi vedere qualcosa di superpersonale; invece è esclusivamente impersonale, cioè l’affinità e l’omogeneità stessa delle cose che si incontrano in un cervello. Quanto più il cervello è acuto, tanto meno la si nota. Perciò la meditazione, finché non è condotta a termine, è in fondo uno stato pietosissimo, una specie di colica di tutte le circonvoluzioni del cervello, e quando è finita non ha più la forma del pensiero in cui la si compie, ma già quella di ciò che si è pensato; ed è purtroppo una forma impersonale, perché il pensiero è allora volto verso l’esterno e preparato per esser comunicato al mondo. Per così dire, insomma, quando un individuo pensa, è impossibile cogliere il momento tra il personale e l’impersonale, quindi la meditazione è un tal guaio per gli scrittori, che essi preferiscono evitarla.
L’uomo senza qualità ad ogni modo stava pensando. Bisogna concluderne che, almeno in parte, ciò non era un fatto personale. E che cos’è, allora? Mondo che va e che viene; aspetti del mondo che si configurano in un cervello.
Robert Musil, L'uomo senza qualità, capitolo 28
 
Mi è tornato in mente leggendo The loneliness of making sense su BackReAction.

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