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08 February 2007

Simmetrie in Fisica (Quantum Gravity - 3)

Le mie considerazioni precedenti, se volete, non sono tanto legate alla review, quanto in generale all'aria che si respira seguendo uno o l'altro lembo della Fisica.
Ma Rovelli ha un suo proprio valore aggiunto.
Vorrei fare un esempio preciso, fra i tanti casi di illuminazione in cui mi sono imbattuto leggendo le sue pagine: quello della (apparente) differenza fra simmetrie del linguaggio di una teoria (come le simmetrie di gauge) e simmetrie "reali" di un sistema fisico (come l'isotropia di un campo di forze centrali).
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Ho sempre pensato che ci fosse una differenza sostanziale fra questi due tipi di simmetria.
Nel primo caso abbiamo quella che vorremmo definire una "simmetria da ridondanza descrittiva". L'esempio paradigmatico e piu' elementare lo si trova gia' nell'elettromagnetismo classico delle equazioni di Maxwell: per pura e semplice convenienza matematica (si fa per dire...) decidiamo di descrivere il campo elettromagnetico con un quadrivettore (il potenziale), ma i gradi di liberta' fisici, quelli davvero misurabili, sono un suo derivato, i campi elettrico e magnetico. Il fatto che a configurazioni di potenziale diverso corrispondano le medesime configurazioni di campo, conferisce alle equazioni un'invarianza (una simmetria) precisamente rispetto a quelle trasformazioni del potenziale che lasciano invariato il campo. Ma e' una specie di accidente matematico: se ci fossimo ostinati a usare solo quantita' fisicamente rilevanti, come i campi, non ci ritroveremmo con questo pleonasmo.
Ben diverso sembra(!) il secondo caso. Il fatto che la lagrangiana di un campo di forze centrale abbia una simmetria sferica, e' un fatto concreto e misurabile. Tant'e' che, presa una qualsiasi soluzione delle equazioni del moto, e' sufficiente ruotarla arbitrariamente per ottenere un'altra soluzione delle equazioni del moto. Esattamente l'opposto di quel che succede effettuando una trasformazione di gauge a un potenziale elettromagnetico, dove si sta semplicemente riscrivendo la stessa configurazione di campo.
Ora, tutto quel che ho detto credo sia convinzione diffusa fra i fisici. E' quello che ci insegnano ai corsi ed e' facile convincerci di cio'. I problemi cominciano a sorgere quando si tira in ballo il portentoso teorema della Noether, secondo cui a ogni simmetria continua della teoria corrisponde una carica conservata. Il problema e' che entrambi i tipi di simmetria che abbiamo considerato generano ciascuno la propria carica conservata. La simmetria sferica genera la conservazione della quantita' di moto, la simmetria di gauge elettromagnetica genera la conservazione della carica elettrica. E la cosa, ammetterete, puzza tremendamente.
Prima di leggere Rovelli, io ero fermo qui. Non capivo bene perche' le due simmetrie (una fittizia, di notazione matematica, l'altra reale, sperimentalmente misurabile) dovessero avere ripercussioni del tutto analoghe (e ben reali). E quando mi ponevo la questione, immaginavo che la risposta potesse nascondersi − indovinate un po'? − in qualche trucco quantistico del teorema della Noether.
E invece no. La soluzione al problema e' del tutto classica. E la soluzione al problema e' che non esiste alcuna differenza fra i due tipi di simmetria. Se volete, sono entrambe delle simmetrie di gauge, delle simmetrie della notazione matematica che stiamo usando. La (apparentemente) diversa soluzione delle equazioni del moto che troviamo ruotando la prima soluzione, e' in realta' la stessa soluzione, perche' in quale modo potremo mai distinguerle? Forse perche' hanno coordinate spaziali diversamente orientate? Ma cos'hanno mai di fisico, le coordinate, essendo nient'altro che una nostra convenzione di linguaggio?
Eppure, allo stesso tempo, sono delle simmetrie fisiche, reali: come altrimenti potrebbero essere legate ad una carica conservata reale e fisicamente misurabile?
La soluzione, insomma, sta in una piu' chiara comprensione del concetto stesso di simmetria.
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Davvero non riusciro' mai ad esprimere la sensazione che ho provato. E' una di quelle cose per cui − da sola − vale la pena studiare fisica.
A quanto pare leggendo Rovelli, comprendere in questi termini la natura delle simmetrie (e in particolare della general covariance, la simmetria per diffemeorfismi di coordinate) fu il passo decisivo che condusse Einstein alla Teoria della Relativita' Generale.
Se appena potete, leggetevi il capitolo 2.2.4 (Active and passive diffeomorphisms) e 2.2.5 (General Covariance) della review di Rovelli. Ma tutto il capitolo 2.2 (The conceptual path to the theory) merita un'appassionata lettura.