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05 March 2009

Quine - 2


No, non è Quine, è Moritz Schlick,
fondatore del circolo di Vienna
(cui partecipò anche Quine)
Allora, partiamo realmente a parlare di Quine, o no?
Il fatto è che non ho proprio alcuna idea, ancora, di come attaccare il problema che potremmo dire della divulgazione di Quine. Proverò a partire rispondendo alla domanda di Davide: perchè?
Spero almeno di incuriosirvi.
 
Se anche non siete filosofi, ma se le scienze almeno un po' vi interessano, vi ricorderete certamente del circolo di Vienna e del loro fantastico programma riduzionista. I più maliziosi lo riassumerebbero così: un gruppo di signori ottocenteschi accomunati dal desiderio megalomane di ridurre tutto il sapere, tutta la nostra conoscenza, ad un serie di strati di discipline scientifiche, dalla biologia, alla chimica, alla fisica, via via più "profonde", fino a toccare i "fatti" nudi e crudi e verificabili. Eventualmente aiutati dal linguaggio logico matematico, che coi fatti non ha niente a che fare, ma sulla cui verità non si può dubitare. E se qualche affermazione, dopo una debita analisi, presentasse qualche elemento che non fosse riconducibile nè a una verità logica nè ad un'affermazione empirica, sarebbe da considerarsi un'affermazione metafisica priva di contenuto, priva di significato.
Quelli, i maliziosi, usano tali pennellate di ridicolo per dipingere questi, i viennesi, perchè sono convinti che un tale programma non abbia senso, non tanto perchè pretenzioso, ma proprio perchè mal posto. Be', come vedremo, seguendo Quine, ci toccherà dar loro ragione.
Conquistatomi dunque le simpatie dei maliziosi, vorrei però che non cambiassero canale nemmeno gli ingenui — fra cui, sia chiaro, metto in conto anche me stesso.
Il fatto è che i maliziosi tendono a non ricordare qual era il contesto in cui si formò il circolo di Vienna: orde di idealisti tedeschi in preda ai deliri più sfrenati in un'orgia continentale affollata di voluttuosi Spiriti, Io-Puri e Non-Io sempre lì a porre se stessi prima e dopo gli altri. Capite bene che, in queste circostanze, qualche errore veniale da principianti si vorrà pur perdonarlo a chi stava solo cercando di riportare un po' di dignità nella storia del pensiero umano, no?
Ebbene, miei cari compagni d'ingenuità, sappiate che Quine, nonostante quel che ha combinato, non rinnega affatto lo spirito empirista che animava il positivismo logico. Anzi, non è una mia personale opinione che Quine sia approdato alle sue tesi proprio percorrendo fino in fondo la via empirista. E il suo merito è stato quello di non fermarsi di fronte al fragoroso crollo dei principali capisaldi del neopositivismo, ma di rimboccarsi le maniche, fare il conto, pesante, dei danni, e provare ad elaborare una nuova concezione della filosofia che riprendesse il cammino. Nella stessa direzione.