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20 May 2016

I vantaggi di un libro rispetto ad un ebook

 
L'altro vantaggio della carta rispetto al digitale è che, se leggi in giro — in treno, o anche semplicemente lasciando il libro appoggiato sulla scrivania dell'ufficio — la gente vede cosa stai leggendo, e magari chiede, curiosa...
Ok, sì, in effetti può anche essere uno svantaggio...
(No, non sto leggendo Musil... è una vita che non leggo più narrativa...)
 
 

23 January 2011

Non toccatemi Umberto Eco...

Qualche giorno fa si sono celebrati i 10 anni di wikipedia (sì, sì, mi precipito sempre tempestivo sulle notizie) e fra i mille omaggi dedicati alla migliore declinazione di internet in assoluto, mi è capitato di inciampare nuovamente nelle "critiche" di Eco, Umberto Eco, all'Internétte. E mi è venuto in mente che, a suo tempo, avevo promesso di dire la mia ed effettivamente avevo buttato giù un tentativo di risposta a queste critiche, presto partito per la tangente in un giudizio supponente su tutto Eco, Umberto Eco.
'Sta volta non mi limito a promettere di pubblicare, ma vado tosto a incollare quel che mi ero appuntato, anche se puzza un po' di vecchio e non pare più così profondo come immaginavo, o speravo.
 
Non toccatemi Umberto Eco, titolavo, sulla scia di un mio vecchio post, ma svelando l'agnizione finale subito nell'incipit: ...ma solo quando scrive romanzi: per il resto, non abbiate remore e dateci dentro.
Ad essere precisi questi miei giudizi risalgono a molti anni fa, ma direi che al massimo potrei scoprire di non essere più d'accordo col mio vecchio io sull'Eco romanziere, dubito di poter migliorare molto il giudizio sull'Eco saggista. Non che pensi le peggior cose di lui, intendiamoci, ma certo non lo trovo quel riferimento di illuminante saggezza che sembra caratterizzare la sua fama.
Lessi Il nome della rosa che ero troppo piccolo, come lettore, e non seppi apprezzarlo appieno. Ma riconosco, appunto, che con ogni probabilità il limite era mio. Più maturo, lessi Il pendolo di Foucault e mi divertii un sacco. Passai quindi a L'isola del giorno prima e lo definii un romanzo puro, nel senso in cui il termine viene usato in musica: un'opera composta non con intenti didascalici o descrittivi, ma per il solo gusto e piacere dell'opera stessa. Come il contrappunto bachiano mirava (solo) all'incastro armonico — punctum contra punctum — delle diverse voci, così ne L'isola del giorno prima Eco sembra scrivere solo per il gusto di scrivere, per il mero piacere della verbosità (emblematica è la loquela delle lettere di Roberto...).
Insomma, per me l'Eco romanziere fu un crescendo. Ma decisi di scprire anche l'altro lato.
Arrivai all'Eco saggista passando da quella specie di genere intermedio che sono Le bustine di Minerva, raccolte nel Diario minimo e ne Il secondo diario minimo, e già gli entusiasmi si raffreddarono molto. Ritrovai i giochi cacopedici à la Pilocatabasi, Tetrapiloctomia o Urbanistica Tzigana de Il pendolo di Foucault, ma fuori da quel contesto di romanzo avevano perso quasi tutto il loro brio e di essi non restava altro che infantilità e geekismo nel senso peggiore del termine. Certo, c'erano alcune bustine godibili (ricordo con piacere Elogio di Franti, oppure quella in cui si sfatava il mito che prima di Colombo tutti credessero la Terra piatta...), ma la maggior parte delle volte il risultato era insipido, oppure eccessivo. O addirittura firma di letterata ignoranza (vedi ad esempio la gita scolastica in gergo informatico). Per via della mia religione, il culmine del peggio mi è parso l'abbia raggiunto cercando di "riciclare" Borges: era inevitabile, chi prova a rifare Borges viene fulminato, lo sanno tutti: ma il suo Dell'impossibilità di costruire la carta dell'impero 1 a 1 fu davvero qualcosa di mortificante.
In realtà, di saggi veri e propri, feci in tempo a leggerne solo uno (la vita è finita e lì fuori c'è un'infinità di cose potenzialmente interessanti: uno deve inevitabilmente cominciare a sfoltire). Il titolo sembrava interessante, i temi trattati di mio grande interesse ed Eco era un nome importante: partii con le migliori aspettative. Forse fu proprio quello, perché non è che possa dire il peggio di Kant e l'ornitorinco. A voler essere cattivi si potrebbe commentare che un letterato non è nemmeno un filosofo, ma credevo che il titolo di semiologo lo avvicinasse almeno un po' alla forma mentis dello scienziato. E invece la metafora più calzante per descrivere questo saggio è proprio quella del tema liceale. Un ottomo tema, intendiamoci: colto, pieno di citazioni, riferimenti, excursus, paralleli, aneddoti... ma senza un vera e propria tesi di fondo, o con una tesi di fondo minuscola, spesso banalmente ovvia, e comunque completamente annacquata da citazioni, riferimenti, etc, etc...
Il peggio, qui in Kant, lo trovai all'inizio, in quell'interminabile sezione sull'essere, piena di vuoto pneumatico distillato da aria fritta (ricordo quasi con nausea i volteggi acrobatici fra i millanta modi di dire "essere" in tedesco...). Dopo quella prima parte, cui mi parve di resistere con supremo sforzo stoico, trovare un senso nelle parole dei capitoli successivi fu un sollievo, ma alla fine di tutto mi fu chiaro che non avrei più letto niente di saggistico di Eco.
Oddio, ma dove sono finito? Questo post non doveva parlare di Eco in generale, bensì nello specifico del suo ormai famoso giudizio su Internet, il pretesto essendo l'intervista di AubreyMcFato per it.wikinews...
Ma si è fatto tardi, Internet, si sa, non è fatta per le cose lunghe (sì, sì, sono ironico, anche qui avrei le mie cose da dire, ma purtroppo non possono essere contenute nel margine troppo stretto della pagina...), e dunque sarà per la prossima volta... :-)
E qui avrei interrotto per rimandare a un altro post, per spremere al massimo la mia produzione letteraria e far sembrare questo blog un posto vivo e sempre fresco. Ma ormai sono passati mesi e mesi, vi risparmio l'attesa e incollo qui di seguito anche la seconda parte, alla faccia dell'internet dai testi brevi.
Ora che conoscete la mia opinione di Umberto Eco, posso finalmente dire la mia, molto brevemente, sulle sue numerose "uscite" su Internet.
Mantellini riassume bene quel che ne penso: una baggianata; ma mentre lui poi pare più accondiscendente nei confronti dell'intervista di AubreyMcFato, io la trovo semplicemente una riproposizione, in maniera forse più articolata, della solita baggianata — Aubrey, ambasciator non porta pena... :-)
C'è una critica piuttosto generale all'attegiamento di Eco, espressa bene da Alessandro Longo: denigrare il progresso per pura nostalgia.
La tesi sarebbe che su Internet ci sarebbe troppa roba e la spazzatura prevaricherebbe sul poco di buono che col lanternino si potrebbe trovare. Qualcuno addirittura paragona Internet al muro di un cesso pubblico con pennarello a disposizione. Verrebbe quasi da ribattere che sì, le scritte/commenti sarebbero dello stesso livello di quel che uno va a fare, in quei cessi/post...
Ma, frecciatine a parte, il punto è che l'alternativa che Eco ha in mente soffre precisamente dello stesso problema, forse persino in misura maggiore.
L'alternativa che Eco cita sono libri e giornali: ma avete mai visto che libri circolano nelle librerie? Dalle sezioni New Age piene di ricette con rimedi bio-energetici a tutti i mali, alle sezioni "politiche" con complottismi di ogni genere e brunovespismi sempre freschi, alle sezioni scientifiche piene di tao-della-fisica e zichicche, fino a Moccia e ai romanzi di poca cosa. No, decisamente non sono della scuola qualsiasi cosa, basta leggere. Per non parlare dei giornali, pieni di bufale — Dio benedica Paolo Attivissimo — e granchi in quantità, facili ad errori grossolanissimi nonappena si tocca un po' d'economia o di statistica, persino su giornali sedicenti "specialistici in materia" come IlSole24Ore.
La baggianata, insomma, il solito miopismo veterogenerazionale nei confronti del nuovo, non è tanto il malgiudicare Internet, quanto il pensarlo diverso dal "caro vecchio mondo di carta".

13 April 2009

Quine - Quidditates

Quasi un dizionario filosofico.
Rigore e leggerezza per un viaggio ironico negli argomenti più seri.
 
Se desiderate questo libro — e, confessatelo, lo desiderate anche voi! — rassegnatevi.
 
Non si può comprare: è fuori catalogo.
Nessuna delle librerie il libraccio di Milano ne ha una copia usata.
 
Per fortuna esiste la Biblioteca Sormani.
E così ho potuto anche fare una foto alla copertina ed aggiungerla ad anobii... :)
 
Non è che qualcuno ha una copia non gradita del libro da vendermi?