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30 April 2013

[2] Bitcoin e il "teorema" di regressione di Mises, o dell'altro lato della matematica in economia

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(...continua)
 
L'argomento di regressione di Mises è essenzialmente una soluzione all'apparente circolarità della spiegazione sull'origine del valore (di scambio) di una moneta: Robert Murphy ne parla in questo suo vecchio Mises Daily del 2003: The Origin of Money and Its Value.
Provo ad esprimere il paradosso usando l'esempio dell'oro (facciamo finta per un attimo di usare ancora valute in regime di gold-standard): l'oro ha un determinato valore d'uso (ad esempio per la fabbricazione di gioielli), ma il suo valore di mercato sarà molto più alto del suo valore d'uso perché ad esso contribuisce anche il suo essere "moneta" (ovvero un bene liquido, riserva di valore, facilmente divisibile, facilmente trasportabile e soprattutto/quindi il suo essere comunemente usato come bene intermediario per transazioni commerciali). Il suo valore aumenta, cioè, perché la domanda di oro non originerà solo dai gioiellieri, ma essenzialmente da tutti gli attori del mercato, proprio per il suo ruolo di bene intermediario per il commercio.
Ma di quanto aumenterà il suo valore?
Se nella vendita di miei beni o servizi accettassi pagamenti direttamente in beni che uso, la risposta sarebbe ovvia: accetterò una quantità di beni in base al valore d'uso che assegno a quei beni; se accettassi beni che intendo rivendere, li valuterò sulla base del valore attribuito da coloro a cui cercherò di rivenderli, e costoro li valuteranno, come me prima, in base all'uso che ne faranno. Ma nel momento in cui decido di accettare l'oro, il suo valore non può essere fatto risalire al giudizio dei suoi utilizzatori finali, perché la gran parte dei compratori d'oro ne farà mero uso di intermediazione.
Ebbene, il ruolo chiave del meccanismo ricorsivo di Mises è proprio quello di ricondurre anche il valore di scambio dell'oro al giudizio dei suoi consumatori finali. Mises nota che il valore che sarò disposto a pagare per un bene che non consumerò direttamente, ma che userò per un ulteriore scambio, è essenzialmente un valore di mercato, ovvero una stima di quanto quel bene viene valutato da chi è disposto a comprarlo, e questa stima si basa sui prezzi applicati a quel bene fino a quel momento. La stima di quanto riuscirò a prezzare un bene domani si basa sul prezzo di mercato corrente. Il valore di scambio dell'oro oggi, dunque, si basa sul suo valore di ieri, e quello di ieri sul suo valore del giorno prima, e così via in una regressione che, però, non è senza fine, ma si appoggia sul valore che aveva l'oro prima di diventare un bene di scambio, quando il suo valore, cioè, era determinato dal giudizio dei suoi consumatori finali.
 
Notate bene che la circolarità di questo paradosso è sottile (o almeno io ci ho messo un po' a coglierla appieno) ed è di natura essenzialmente teorica: del resto il percorso storico attraverso il quale l'oro aveva via via acquisito valore di scambio in aggiunta al suo valore d'uso era già stato spiegato da Menger (vedi il Murphy linkato sopra).
Un modo per rendere più evidente il paradosso (e la sua soluzione) è quello di guardare alla regressione di Mises da una prospettiva invertita e di rimuovere contemporaneamente il perno che garantisce il termine alla ricorsione. Proviamo ad osservare la regressione di Mises, cioè, a partire dal momento in cui l'oro sta per acquisire valore di scambio, ma immaginiamo di togliergli il suo valore d'uso. Siamo in una situazione, cioè, in cui vorremmo utilizzare un bene, l'oro, come bene intermediario per il commercio, ma che di per sé non interessa a nessuno, non vale nulla. L'idea di bene intemediario è che io lo accetto in pagamento quando vendo un bene, sapendo di poterlo usare come pagamento quando vorrò acquistarne un altro, di bene. Ma se l'oro, come stiamo ipotizzando, non vale alcunché, il paradosso si manifesta in tutta la sua evidenza: quanto oro dovrò chiedere per la mia mucca? dipende ovviamente da quanto oro mi chiederanno per il maiale. Un certo quantitativo d'oro, o il suo doppio, o la sua metà, sarebbero del tutto equivalenti a patto che il valore del maiale venga poi prezzato in oro in maniera conseguente. Per "partire" nell'uso di un bene senza valore come bene di scambio serve un accordo a tavolino, una scelta arbitraria sul suo valore, che venga accettato istantaneamente da tutti gli attori del mercato. Se invece rilasciamo l'ipotesi artificiale e torniamo al caso in cui l'oro ha un suo valore d'uso, ci rendiamo conto che i primi acquisti d'oro al solo scopo di usarlo come bene intermedio per ulteriori commerci erano privi dell'ambiguità del valore, perché potevano partire precisamente dal suo valore d'uso.
 
Questo, dunque, è il senso dell'argomento di Mises. Lungi dall'avere il carattere di un teorema formale, può essere in effetti riassunto in molti modi, che spesso, però, ne rappresentano una semplificazione. In genere tali semplificazioni prendono la regressione di Mises e la eleggono ad unico possibile meccanismo per l'acquisizione del valore di scambio. Da questo passo illegittimo discendono le due tipiche formulazioni del "teorema" di Mises: se un bene ha valore di scambio, deve aver avuto un valore d'uso in passato (il punto 1 di Colucci); se un bene non ha valore d'uso, non potrà in futuro acquisire valore di scambio (il punto 4 di Colucci).
Quello di Mises rappresenta in realtà un possibile meccanismo attraverso il quale un bene può acquisire valore di scambio. Se proprio vogliamo tradurre l'argomento di Mises in forma negativa ("non è possibile che..."), esso va riformulato come "se un bene non ha valore d'uso, esso non può aver acquisito valore di scambio attraverso il meccanismo descritto nella regressione di Mises".
(continua...)