05 September 2012

Earth overshoot day

Provo a riprendere con un post dall'ultimo commento del Mau (che avrà di meglio a cui pensare in questi giorni, ma tanto i tempi di questo blog sono sempre stati molto pazienti), col pretesto dell'Earth overshoot day, lo scorso 22 agosto, nella speranza che qualcuno degli ormai rari lettori che ancora passano per questo blog possano aiutarmi a capire qualcosa.
 
Ne avevo letto prima su Linkiesta, Dal 22 agosto esaurite le risorse naturali 2012. Inizia la decrescita infelice?, ma poi ne ha parlato anche OggiScienza, In debito con la Terra, e sono anche andato a spulciarmi il sito ufficiale, Global Footprint Network, ma non riesco proprio a venirne a capo. 
L'idea, sembrerebbe di capire, è che l'uomo consuma più risorse di quante la Terra gliene possa mettere a disposizione, ma tale concetto, prima ancora di qualsiasi conto, mi sfugge completamente. 
Non abbiamo altre "Terre" cui attingere, come riusciremmo a soddisfarli, dunque, quei consumi "extra"? Il conto verrebbe fatto anno per anno, ed è già da un po' di anni che "sforiamo". Il Montesi de Linkiesta sembra concepire una simile domanda, a cui prova a fornire (io credo con una propria certa autonomia d'interpretazione) la risposta più plausibile in questo contesto: le uniche risorse rimaste sono le nostre riserve: riserve alimentari ed energetiche. Ma una tale prospettiva rende l'idea ancora più incomprensibile. 
Davvero, aiutatemi a capire: di quali risorse stiamo parlando? 
Risorse alimentari? Davvero ci sono da qualche parte dei grandi magazzini di, chessò, riso, patate, o altro cibo (evidentemente non deperibile, o liofilizzato...), messo da parte fino agli anni '70 e da cui ormai da un po' di anni abbiamo cominciato ad attingere per tirare a fine anno? La gente muore di fame, in Africa e non solo, certo, ma questo significa che non ce ne sono abbastanza, di risorse alimentari, non significa che ne stiamo consumando più di quante ne produciamo. Si vuol forse dire che il regime di alimentazione di una parte del mondo (quello occidentale) non potrebbe essere offerto parimenti a tutto il mondo? Ma allora si tratterebbe di un problema di distribuzione, di quelle risorse, non di sovracconsumo. 
O stiamo forse parlando di risorse energetiche? Ma a parte quelle rinnovabili (solare, eolico, marino, etc...), tutte le altre fonti energetiche sono per definizione sovracconsumate: la Terra non ha alcuna quota di "produzione" annua di petrolio, carbone, etc: la totalità, il 100% del loro consumo è "sovracconsumato" e non verrà mai più rigenerato dalla Terra il prossimo anno. Al massimo, se volessimo parlare di quota annuale, questa riguarderebbe la loro estrazione, peraltro estremamente variabile, ma anche in quel caso è inverosimile che si sia "stipato" carbone e petrolio estratto fino agli anni settanta e poi cominciato a svuotare le riserve. Forse si vuol considerare un qualche forma di "capacità di smaltimento" dei prodotti di scarto dello sfruttamento di quelle risorse: ma allora stiamo parlando di inquinamento, o di effetto serra (riassorbimento di CO2), concetti molto lontani da quelli di "produzione di una risorsa" e di "suo consumo". 
 
E non pensate che il punto sia il mio fare le pulci ad un articolo di un quotidiano generalista e non scientifico come Linkiesta: anche OggiScienza si limita a rigirare le parole sulla metafora del budget annuale esauritosi già a due terzi dell'anno, e possiamo quasi capirla, in fondo, perché persino sul sito ufficiale del Footprint ci sono pagine e pagine di parole vuote: la sezione Footprint Science si limita a girare in tondo: dicono solo che calcolano l'ecological resource use and resource capacity of nations over time, che pubblicano dati da un po' di anni, suddivisi per oltre 230 nazioni, usando più di 6000 punti dati (?!?) per ogni nazione, esprimendo tutti i valori in ettaro equivalente, etc, etc... Va forse un po' meglio nella sezione Footprint basics in cui si spiega che l'Ecological Footprint misurerebbe di quanta superficie, di terra e di acqua, l'umanità ha bisogno per produrre le risorse che consuma, lo spazio necessario per gli edifici e le strade, e l'ecosistema necessario per assorbire i rifiuti prodotti, come la CO2 (lo spazio per edifici e strade? sì, sì, dice proprio the space for accommodating its buildings and roads!): qui si capisce che effettivamente vorrebbero tener conto dell'effetto serra, ma quali sarebbero le risorse che terra e acqua produrrebbero e che staremmo consumando ad un ritmo maggiore di quello di produzione? Le FAQ e il glossario non migliorano la situazione, rifilandoci per l'ennesima volta sempre le stesse vuote e circolari parole, per cui la biocapacity sarebbe la capacità di produrre useful biologica materials e di assorbire waste materials generated by humans, dove per “Useful biological materials” si intendono quelli richiesti dall'economia (?!?), e le terre e le acque biologically productive sono quelle che supportano una significativa attività di fotosintesi e di accumulo di biomassa usata poi dall’uomo (biomassa alimentare? voglio vedere questi container degli anni '60! Biomassa da combustione? di nuovo, come facciamo a consumarne più di quanta ne produciamo?). 
 
Insomma, se queste sono le argomentazioni sulla decrescita, qualcuno mi aiuti a capire. 
Dal canto mio vi suggerisco, in alternativa, questo video: Are We Running Out of Resources? 
 

7 comments:

Maxim said...

La questione è molto semplice. La fine del pianeta Terra (detta la Fine) avverrà 756 milioni di anni prima della trasformazione del sole in una nana bianca, che avrà luogo tra 5 miliardi e 235 milioni di anni. Nel tempo che intercorre tra oggi e la Fine (detto il Tempo Che Ci Resta), la Terra sarà in grado di fornire una quantità complessiva di risorse pari a Q (facilmente calcolabile). Dividendo Q per il numero di anni che formano il Tempo Che Ci Resta, otteniamo la quantità che possiamo ragionevolmente consumare ogni anno se non vogliamo ritrovarci alla vigilia della Fine senza niente da mangiare e, soprattutto, niente da bere per festeggiare decentemente.

hronir said...

Il punto è che se andiamo avanti così ci ritroveremo alla Fine con 1,5 nane bianche (a testa): cosa ci sarà Allora da festeggiare?

Maurizio Manetti said...

Sono stato chiamato in causa, dunque rieccomi! (in due parti per i limiti di Blogger)

Penso che la questione sia un po' più seria di come la state impostando, anche se capisco che l'idea dell'Earth Overshoot Day meriti la sua giusta dose di sarcasmo. Penso anche che l'Earth Overshoot Day sia una trovata mediatica per sensibilizzare il grande pubblico a questi temi, probabilmente con scarse basi scientifiche.

Tuttavia un'occhiata un po' più seria al metodo (che confesso non ho ancora finito di leggere, e forse mai ci riuscirò) la potete dare qui:

http://www.footprintnetwork.org/images/uploads/Methods_Paper_Draft_2011.pdf

e qui:

http://www.footprintnetwork.org/download.php?id=507

Non sono certamente un esperto della questione, (d'altronde ho cominciato a sensibilizzarmi particolarmente a questo tema dopo aver letto "Collasso" di Jared Diamond... lettura che francamente mi ha colpito molto e ha steso un velo di fosco pessimismo su ogni mia idea del futuro) tuttavia il problema dell'esaurimento delle risorse non credo abbia tanto a che fare con un effettivo esaurimento delle stesse, quanto sull'esaurimento della capacità di produrne alla stessa velocità con cui vengono consumate, e all'impatto che il loro utilizzo ha su altri tipi di risorse. Che poi, potreste obiettare, è la stessa cosa.

Il bel discorsino del professor Steve Horwitz che tenta di convincerci un po' paternalisticamente delle "magnifiche sorti e progressive" del nostro intelligente utilizzo del rame e del petrolio tralascia ogni considerazione sui danni che l'estrazione mineraria del rame e del petrolio hanno provocato nell'ultimo secolo all'ecosistema del pianeta e a quanti interessi privati siano coinvolti nell'ostacolare più o meno apertamente l'utilizzo dei cosiddetti "substitutes". Se fossi un magnate del petrolio arricchitosi a dismisura grazie all'estrazione e vendita dell'oro nero, agirei secondo due strade: da un lato continuerui a fare pressioni su governi ed imprese affinché il petrolio, fintanto che mi conviene, continuasse a venire usato, dall'altro mi assicureri di essere il primo a mettere le mani su ogni possibile "substitute", sia finanziando privatamente e gelosamente la ricerca, sia cercando di troncare sul nascere l'immissione sul mercato di qualunque alternativa conveniente (per gli altri ma non per me). Inoltre farei in modo, in maniera nemmeno troppo nascosta, che fosse la collettività a farsi carico di tutti i disastri ecologici che le mie attività provocano, e rilancerei la mia immagine con grosse campagne pubblicitarie andando a riempire gli aeroporti e altri spazi pubblici di foto rassicuranti in cui campeggiasse il mio logo, e forse finanzierei associazioni ecologiste che non danneggiassero troppo i miei profitti con le loro attività. Ok, questo è complottismo... dite?

Maurizio Manetti said...

2° parte

Confesso che anch'io quando ho letto delle "scorte di magazzino" nell'articolo che ha dato lo spunto al tuo post, non ho potuto fare a meno di sorridere e pensare alla canzone "Silos" di Elio e le Storie Tese. Del resto, nell'andare alla Coop a fare la spesa, ero certo che le zucchine che ho comprato dopo il 22 agosto non provenissero da un congelatore degli anni 70.

Ma anche gli abitanti dell'Isola di Pasqua, quando tagliavano le ultime palme della loro isola, neanche loro stavano tagliando palme cresciute 40 anni prima... e il problema era proprio questo: le tagliavano e usavano il legname molto più velocemente di quanto la loro isola non potesse produrne, e così facendo inoltre agevolavano il processo di erosione, danneggiando non solo le risorse boschive, ma anche quelle agricole. Hanno avuto una fine ingloriosa e hanno lasciato dietro di sé un deserto costellato di enigmatici volti di pietra.

Certamente il problema è molto più complesso per poter essere trattato nel commento di un post, e ancor più per poter essere trattato dal sottoscritto, che è solo un inguaribile pessimista che ha letto qualche affermazione allarmante di un celebre ornitologo. Tuttavia non credo che i temi trattati siano così privi di spessore come sembrerebbe dal tono del tuo post (e dal commento sarcastico di Maxim)

Danilo Avi said...

Il fatto che su un'isola si possano finire le risorse non era, mi pare, il punto. Il punto era, se non ho capito male, come piffero fai a dire che stiamo consumando di più di quel che produciamo, visto che consumiamo quel che produciamo? E non è una brutta domanda. Forse uno sputo di risposta potrebbe essere acqua dolce (falde freatiche) e produttività del suolo. Ma non so.

hronir said...

@Danilo
Il flusso nelle falde freatiche dipende da loro livello (in modo tale da poter giudicare un certo tasso di drenaggio come eccessivo rispetto alla possibilità di re-fill (per l'anno dopo?))? Per la produttività del suolo, stai pensando alla rotazione medievale, senza la quale il terreno perdeva via via produttività? Oggi, dopo la già citata rivoluzione verde, la produttività dei terreni è garantita (e moltiplicata) dall'uso di fertilizzanti. Ad ogni modo, se si desse una situazione simile, in entrambi i casi, non si dovrebbe parlare di sovracconsumo, ma di sovrasfruttamento, un concetto che non può essere associato a quello di bilancio (annuale) né tantomeno a quello di riserva.
Almeno quelli "del picco" hanno un modellino coerente; semplicistico, stilizzato, falsificato, ma coerente: il concetto di sovracconsumo planetario, invece, mi sembra insensato già in partenza.

@Mau
Un po' complottista, dai, sì!
E il mio post, allora, potrebbe essere accusato di straw-man argument, di costruirsi il suo personale fantoccio per il preciso scopo di demolirlo. Però la mia domanda era proprio questa: cosa devo sostituire al fantoccio? Cosa devo sostituire all'Earth Overshoot Day per parlare seriamente? L'effetto serra e il global warming? L'inquinamento? E davvero la soluzione è la decrescita? Perché la fragilità/scarsità di certi beni (quali? i discorsi generici puzzano già in partenza) dovrebbe indurci a consumi ridotti di tutti i beni? Più in generale, cosa intendiamo per decrescita? Chi, dovrebbe decrescere? Quanto? E soprattutto come? Forse per aspirare tutti ad un mondo bucolico in cui torniamo ognuno a fare il felice e sano (organic) contadino, che mangia il diretto frutto del suo lavoro, senza pesticidi né OGM, con una mortalità infantile orripilante (ma forse questo aggettivo rappresenta un giudizio di valore "innaturale", figlio della modernità) ed un'aspettativa di vita dimezzata?

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Sent from mobile device, excuse brevity and possible typos.

hronir said...

Guarda un po' cosa si legge qui su Linkiesta, La decrescita? La scoprirono negli Usa 40 anni fa: un tema attuale, allora come oggi. Non si capisce se è ironico o meno, perché tutte le cose che si dicono oggi le si diceva, appunto, già 40 anni fa, solo che nessuna delle paure paventate allora si è rivelata fondata: perché oggi le cose dovrebbero essere diverse?