11 September 2008

La luce delle api e i colori di compiz-fusion/1

Questo post nasce per la prima volta nella seconda metà di agosto, dopo la lettura di un affascinante (come al solito) post di Dario Bressanini intitolato Omaggio floreale a Darwin. Nei commenti si scatena un'interminabile (e quasi insopportabile) discussione su Darwin e sull'evoluzione, ma a me la cosa che ha colpito di più è un’altra: l’insensibilità delle api alla luminosità. Ma com'è possibile essere insensibili alla luminosità?
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Va bene non distinguere uno o più colori, ma cosa può mai significare non "vedere" la luminosità? un prato verde non sarebbe un “mare di fili” verdi, ma sarebbe un piatto schermo tutto verde e basta? Un oggetto di uno stesso colore sarebbe privo di quella profondità che noi siamo soliti dedurre dalle ombre?
La cosa è bizzarra soprattutto perchè è più complicata di come l'ho descritta qui. Quando vediamo un'oggetto colorato, il gioco di ombre e di luci dovuto a un'illuminazione non uniforme non cambia solo la luminosità dell'oggetto, ma anche la sua composizione cromatica. Vediamo i fili d'erba in un prato perchè le ombre non solo riducono la luminosità ma cambiano anche la composizione in termini di colori fondamentali. Verde chiaro e verde scuro possono significare stessa lunghezza d'onda con diversa intensità, ma anche diverse percentuali di rosso, blu... Del resto lo sappiamo benissimo: la percezione dei colori non è semplice questione di frequenza della luce, è una cosa mooolto più complicata e sottile.
Ma allora, come vedono davvero le api senza sensibilità alla luminosità? La risposta mi sembrava piuttosto a portata di mano: Bressanini stesso citava la notazione "più umana" HSB (hue-saturation-brightness, tonalità-saturazione-luminosità), in contrapposizione a quella più "televisiva" RGB (red-green-blue, rosso-verde-blu): mi bastava prendere GIMP, pescare una qualsiasi foto di fiori in un prato e giocare con la manopola della luminosità.
Beata ingenuità.
Innanzitutto scopro che non esiste una sola codifica hue-saturation-*, ma ce ne sono almeno due: HSB (o HSL, o HSI) per brightness (o level, o intensity) e HSV per value. E i risultati possono essere anche molto diversi a seconda se si scelga l'una o l'altra.
Nulla è più pratico di una buona teoria: qui bisognava capire. Ed inizia, quindi, un dolce naufragare per due mari: da una parte quello del modello dei colori (fra cui appunto l'RGB, l'HSL/HSV, ma anche il CMYK e moooolti altri), tentativo di catturare nella maniera più semplice possibile la complessità della visione dell'occhio umano; dall'altra quello della visione delle api e dei loro occhi composti, per cercare di capire in che senso non sono sensibili alla luminosità.
Scopro così cose interessantissime come il significato e l'interpretazione del diagramma qui a lato (la corrispondenza fra frequenza e colore in termini di sezione 2D di una rappresentazione 3D, tre dimensioni perchè sono tre i tipi di coni, i recettori cromatici... anche se in realtà bisognerebbe tener conto anche dei bastoncelli... diavolo quant'è complicata la visione!), o come il fatto che non esiste la "frequenza del violetto" (il lato "dritto" del triangolo curvilineo qui di fianco), o come il fatto che questo stesso diagramma non potrebbe essere davvero rappresentato su un monitor, in maniera completa, per via del gamut... e un sacco di altre cose interessanti come questa o quest'altra... degne, se non di Diamond, almeno di Sacks).
Purtroppo, riguardo invece la visione delle api, wikipedia e siti internet sembravano un po' una pozzangera, non c'era molto da naufragare: si trovava conferma del fatto che le api non vedono il rosso (e vedono invece l'ultravioletto), ma della questione luminosità sembravano esserci solo vaghi indizi.
Gli impegni della vita reale — non solo il lavoro... :( — prevalsero e il mio sogno di "vedere come un'ape" prese a impolverarsi. Sarebbe stato solo per poco, ma io non lo sapevo e una rassegnazione mista all'oblio si andava accumulando giorno dopo giorno.

8 comments:

Anonymous said...

Cavoli, voglio vedere come va a finire la storia!!! :-) (hei, che onore! Nessuno mi aveva mai dedicato un Tag! eheh)

Comunque, se ti interessa, ti posso mandare per email gli articoli che ho citato in bibliografia, dove parlano anche della insensibilità alla luminosità :-)

ciao Dario

Anonymous said...

Ciao Dario! (che onore, un tuo commento qui!)

Effettivamente l'articolo di Kevan, Giurfa e Chittka non riesco a vederlo (dovrei comprarlo su Science Direct... o forse dovrei cercare di capire se/come accervi dal CERN...), mentre l'articolo del 2001 di Briscoe e Chittka è disponibile online: non gli avevo dato un'occhiata (pigramente) perchè il titolo parla di colori, mentre a me incuriosiva la sensibilità alla luminosità... ci darò un'occhiata (ma ho già trovato qualcosa googlando a proposito... ne parlerò nelle prossime puntate... stay tuned!)

Effettivamente dovrei indicare da da qualche parte qui sul blog un indirizzo email per scrivermi, ad ogni modo è hronir (ma va?) at gmail.com

Anonymous said...

Ciao! Segnalo anche anche Feynman fa una trattazione della dimensionalità dello spazio-colore in una delle Lectures. Per quanto mi riguarda, la mia confusione ha trovato pochi punti fermi, che riporto.

Per riprodurre "fisicamente" un colore, occorrerebbe riprodurne lo spettro, quindi: (conclusione 1) lo spazio dei colori "esatti" ha infinite dimensioni.

Per coincidenza dell'evoluzione, però, i più hanno recettori sensibili a tre colori piuttosto diversi; quindi, in prima approssimazione, per gli umani lo spazio colore ha "circa" tre dimensioni (conclusione 2).

I tre recettori sono però sensibili con curve di risposta di forma potenzialmente diversa tra le persone. Quindi in margine di arbitrarietà nella parametrizzazione è ineliminabile (conclusione 3).

Detto questo, per uno spazio 3d generico si può scegliere qualsiasi parametrizzazione conveniente, e qui con le basi (incluse trasformazioni non-lineari e sovra-parametrizzazioni) ci si può sbizzarrire a volontà (conclusione 4)...

...pur tenendo a mente che comunque sarà impossibile riprodurre tutti gli spettri possibili, ma solo - forse - le loro proiezioni sulle curve di risposta dell'"umano medio".

Spero di non aver vaneggiato troppo!
Saluti, Toni :-)

Anonymous said...

Ciao Toni,
andrò a ripescarmi le Feynmen Lectures!

Anonymous said...

A quando la seconda parte? ;-)

Anonymous said...

Questo blog, i frequentatori abituali lo sanno, funziona moooolto a rilento... :(
Abbi pazienza... :)

PS
E comunque, ad aggravare la situazione, credo ti tocchera' aspettare addirittura la terza parte per soddisfare la tua curiosità...

Edo said...

Mi pare che questo blog stia prendendo una certa lena, invece.

Anonymous said...

Anfatti, ahò!
Vediamo se per oggi riesco a buttar fuori la seconda puntata? Stay tuned!