01 November 2016

Facebook, Twitter, Boldrin, la Divagatrice

 
Davvero, io Facebook proprio non lo capisco.
Mi imbatto in questo tweet:
 
 
e dall'argomento (GMOs) e dai riferimenti temporali riesco a ricostruire con ragionevole certezza il post in calce al quale dovrebbe essersi svolto lo scambio di battute, ma, quello scambio di battute, in calce a quel post, no, non riesco a trovarlo. Provo anche a followare tanto il Boldrin quanto la Mautino, ma niente, quei commenti non compaiono.
Che siano stati cancellati o nascosti da una delle due parti? Che per vederli non basta followare ma bisogna invece proprio friendizzarsi? È così che Yoshi ha potuto fare lo screenshot di quel suo tweet?
Mistero.
 
E comunque Facebook è un gran casino: ho provato a followare qualcuno, ma non si riesce a far ordine, la timeline che ne risulta è un guazzabuglio disordinato e informe, senza pubblicità (immagino solo perché uso uBlock Origin) ma con post sponsorizzati che uBlock Origin non riesce a bloccare e infarcita di suggerimenti di amicizie che non si distinguono da quella e anzi sembrano i boxini morbosi dei giornali che non frequento più da una vita...
Mah, forse per queste cose di internet sto davvero invecchiando ancora più velocemente della mia età anagrafica.
 

25 October 2016

Il tuo problema con i gay o con le armi non è politico

 
Iscriversi ai feed rss della FEE, la Foundation for Economic Education, è sembrato subito un errore, per la quantità di articoli pubblicata ogni giorno — impossibile stargli dietro.
Ma dopo il Jeffrey Tucker di cui vi dicevo, ecco un altro bellissimo pezzo — Your Problem with Gays or Guns Is Not Political, di questo certo Robin Koerner, che non conoscevo.
Notevole soprattutto per i toni estremamente pacati, cosa rara quando si parla di politica, che ne fa una lettura consigliata tanto ai lettori di sinistra quanto a quelli di destra — oltre che, ça va sans dire, ai lettori che stanno in alto.
Forse sono stato semplicemente fortunato nello scegliere i titoli che mi hanno più incuriosito.
Forse dovrei provare a leggerne qualcuno in più — tutti non ce la farò mai, io sono uno a leggere.
Ad ogni modo aspetterò ancora prima di disiscrivermi dai feed del FEE.
 

21 October 2016

Una pacifica transizione di potere

 
Sempre di grande profondità intellettuale, come al solito, Jeffrey Tucker — Why Refusing to “Accept” Election Results Causes Shock and Alarm — senza cadere nella retorica autocelebrativa della democrazia in un senso meramente superficiale.
(In scia, sul finale, ho apprezzato anche il suo vecchio pezzo sul deep state.)
 
 

16 October 2016

Serendipity /11 — Frankenstein Junior

Avvertenza:
quel che segue è tratto da uno scambio di email private; poiché l'iniziativa della pubblicazione è tutta mia personale e non ho il permesso esplicito dei partecipanti, ho modificato tutti i loro nomi per non renderli riconoscibili.
Siete liberi di — anzi, siete invitati a — proseguire la conversazione nei commenti.
E a rilanciare.
 
 
Callaghan:
Sono incappato in questo pezzo sacro di anonimo del XVII secolo — in particolare mi manda in brodo di giuggiole la voce del basso:
 
Stefano:
Davvero suggestivo. Mi piacerebbe trovare lo spartito, sarebbe utile in liturgia. Sospetto però un errore di data, questo stile mi pare troppo arcaico per un 1654.
 
Callaghan:
Sì, in effetti è più rinascimentale che barocco...!
 
Paolo:
La data del 1654 è quella della pubblicazione dell'antologia in cui la laudina è contenuta. Ma non dirò che Dante è del 1987 solo perché lo leggo nell'antologia del Pazzaglia comprata al liceo.
Ciò detto, una gradevole laudina rinascimentale un po' pop, che attribuirei alla metà del Cinquecento o poco dopo. Non so se disprezzo più il pop o più le laudine, ma nel caso specifico ammetto il fascino primitivo dell'esile melodia.
 
Ciro:
"Rozzo, si', primitivo, si', forse persino grottesco. Eppure, un qualcosa di inesplicabile mi dice che questo..."
Sulle prime il basso mi aveva fatto pensare all'orco cattivo, ma ora che ci penso meglio, "...potrebbe essere il nostro uomo!" :)
"Si! Può! Fare!"
Bisognerebbe solo verificare se tutto è "naturalmente o artificialmente in proporzione" alla lunghezza delle corde vocali...
 
Paolo:
Sì, la voce ragguardevole di questo bravo basso ha indubbiamente qualcosa di sexy.
Da esperto della materia, avendo colmato con passione e con frequentazione di palestre milanesi le lacune dovute ad una gioventù poco studiosa, posso però affermare che non c'è correlazione proporzionale diretta tra voce cavernosa e corpi cavernosi. A volte stature possenti e laringi siberiane rivelano esigue sorprese, mentre fisici meno possenti e funestati da ambigue voci tenorili strappano poi applausi da "Nessun dorma" alla prova della doccia pubblica.
 
Ciro:
Ma come!
Se proprio tu, lustri or sono, mi istruivi sull'aurea norma di inversa proporzionalita' dell'eroe greco, segno di temperanza e nobilta' d'animo, nonche' diretta misura di bellezza esteriore??
O tempora, o mores... :)
Che anche Achille fosse un basso?
 
Callaghan:
Io ero precisamente interessato acché questo thread si sviluppasse in senso musicale, per educarmi meglio a capire se ero stato rapito dalla particolarità de — se anche un orecchio più esperto come il vostro trovasse apprezzabile — il genere, lo specifico pezzo, la specifica esecuzione o lo specifico esecutore... o alcunché.
Ma va benissimo anche così, eh, tutto fa cultura!
 
Carogna:
Eh si', caro Callagano, non si sa mai prima che direzione prende la conoscenza...
 
Callaghan:
...ed è bella per questo!
 
Paolo:
Non c'è molta particolarità nel brano in oggetto. Suona piacevole perché formato da elementi molto semplici e simmetrici, e con cadenze molto regolari e puramente diatoniche: ossia, non più così lontane dal nostro sistema tonale da suonare sconvolgenti nel loro arcaismo, non così ricche da sembrare troppo "moderne" ad un orecchio nato nel post-romanticismo e in certi casi portato a disprezzarlo perché troppo "facile".
Molti amanti della musica antica vi si accostano perché fin da piccoli hanno associato l'armonia tonale allargata al "banale", alla musica da film, o perfino al pop, trattandosi dell'aria "musicale" che respiriamo. Altri adorano le chiese medievali spoglie, che grazie a Dio, hanno perso i colori variopinti e gli affreschi originali che le avrebbero rese tanto simili ai cartoni di Disney o ai finti castelli di Las Vegas che siamo stati educati a ritenere kitsch.
Ciò detto, il brano è una lauda polifonica che si può anche eseguire con una o più voci affidate a strumenti. Per creare varietà tra le strofe sempre uguali, il gruppo ha optato per diversi organici, non lasciandosi mancare perfino delle versioni strumentali pure. Si può fare. Lodevole la lettura elegante, senza troppi effettacci di percussioni e altro cascame mediterraneo à la page.
Il pensiero musicale "breve" è tipico di questo repertorio devozionale che serviva come intrattenimento spirituale extra liturgico. La piacevolezza facile è data dal connubio tra melodia semplice, basata su gradi congiunti e salti consonanti, e successione efficace di accordi. L'ambiguità tra accordi, minori e risoluzioni maggiori, lontana dal nostro senso tonale seppur così tipica nel periodo associata a successioni di accordi per quarte (meno forti, meno "dirette" rispetto alla cadenza di quinta, così definitiva), dà un minimo tocco di interesse senza richiedere all'orecchio moderno un grande sforzo, soprattutto perché la regolarità ritmica e la simmetria così forte creano un effetto cliché che bilancia lo sconcerto del moderno che si aspetterebbe almeno qualche accordo di settima ogni tanto. Immagina un vaso geometrico primitivo che per caso si adatta perfettamente ai colori del tuo divano: non è tutto merito del vaso, ma a casa tua sta bene e te lo godi. Non è un capolavoro ma ho sentito molto di peggio nel suo genere.
La voce del basso mi piace molto. :-)
 
Paolo:
Sull'aurea norma non discuto: la storia e la storia dell'arte ce l'hanno consegnata così, e noi la accettiamo come altre regole del gusto, come il fatto che l'esametro regolare non ammetta spondei in penultima sede. Ciò non vuol dire che la norma sia maggioritaria in natura, né che sia da tutti accettata sempre e ovunque. ;-)
 
Callaghan:
Alla fine uno tende sempre a pensare — io tendo sempre a pensare — che i motivi di apprezzamento di un pezzo possano essere ricondotti ad elementi oggettivi, ma ogni volta che ci provo mi trovo a dover retrocedere ed ammettere che il moto è, in principio, essenzialmente umorale. Come quando m'innamoro di un brano e m'illudo che l'innamoramento sia per tutto il genere, per poi scoprire invece che millemila declinazioni di quel genere mi annoiano, ed era invece qualcosa di specifico di quel brano ad avermi colpito. Certo, poi, con l'educazione, uno può imparare a riconoscere ed apprezzare la fisionomia di un genere, l'adeguarsi o il dipartirsi da esso di un brano particolare, può anche arrivare ad "abituarsi" e infine ad apprezzare un intero genere che inizialmente l'aveva lasciato indifferente, o al contrario a ripudiare un primo amore, forse per effetto dell'eccessiva esposizione. Ma le analisi oggettive, proprio per la loro oggettività, non possono cambiare e dunque non posso essere loro a render conto della mutata percezione.
E allora forse la voce del basso, la semplicità e la simmetria delle cadenze del brano, sono giustificazioni a posteriori, invece che cause efficienti.
E allora invece che chiedervi una parafrasi del pezzo, forse un confronto più succoso sarebbe stato quello di chiedervi di rilanciare!
 
Stefano:
Non si può, nemmeno essendo fisici, ricondurre tutto sempre e solo ad elementi oggettivi :-)
 
Paolo:
Come direbbe Woody Allen, la soggettività è oggettiva...
Ossia, c'è di sicuro e non la puoi controllare o ignorare. A me, pur essendo del mestiere, capita di sentire dopo anni brani e/o interpretazioni che mi hanno causato emozioni che ricordo benissimo, magari perfino legate a precisi dettagli tecnico-formali, rimanendo però deluso: a volte l'interpretazione mi pare invecchiata e inadeguata, superata; a volte invece è il brano che mi pare tutto sommato sopravvalutato o inferiore a tanti altri che ora conosco. O al contrario scopro dettagli che mi avevano sempre lasciato indifferente.
Se perfino i fisici forse ammettono oggi che lo sguardo dello scienziato influenza l'esperimento, figuriamoci se questo non accade per l'arte, e in particolare per la musica, che è ancora, tutto sommato, poco studiata dal punto di vista psico acustico: ci si picchia ancora per decidere quanta natura e quanta cultura ci siano dietro gli effetti e ai piaceri prodotti in noi dai suoni ordinati. Buffamente, senza avere la minima idea di cosa sia una frequenza, cosa impalpabile, un uomo abituato alla musica può riconoscere con precisione mostruosa quando due frequenze sono in perfetto rapporto matematico semplice, quando invece con l'occhio, dal quale tanto ci fidiamo, non sappiamo dire se due distanze o due lunghezze sono l'una il doppio dell'altra.
Il tuo orecchio e l'uomo al quale è appeso sono in continuo mutamento, anche nel momento stesso in cui percepisci e giudichi. Certo che educazione e cultura ti darebbero ulteriori strumenti, ma niente ti salverà mai dall'innamorarti di una melodia o di trovare intonato un acuto calante solo perché hai digerito bene, o perché la bocca aperta della fascinosa cantante evoca al tuo subconscio il ricordo o il desiderio di una fellatio ben fatta. Ciò detto, il consiglio è di estendere cultura e di allenare natura per godere tanto e per godere per il meglio, ma senza troppo stress, ché tanto "verrà la morte e avrà i tuoi occhi" — i poeti sono sempre un po' razzisti rispetto agli altri sensi, ma avrà anche orecchie, bocca e tutto il resto, ovviamente.
 

07 October 2016

L'anima /5

[...] sebbene sia possibile che l’intero non sia semplicemente la somma delle sue parti separate, il suo comportamento può, almeno in linea di principio, essere compreso conoscendo la natura e il comportamento delle sue parti, nonchè il modo in cui esse interagiscono. [...]
Una molecola di benzene è costituita da sei atomi di carbonio disposti simmetricamente a formare un anello, con un atomo di idrogeno attaccato a ciascun atomo di carbonio, orientato verso l’esterno dell’anello. Fatta eccezione per la massa, le proprietà di una molecola di benzene non sono in alcun modo la semplice somma aritmetica di quelle dei suoi dodici atomi costituenti. Ciò nondimeno, se sappiamo in che modo queste parti costituenti interagiscono fra loro, è possibile calcolare il comportamento del benzene - ad esempio proprietà come la sua reattività chimica e l’assorbimento della luce - anche se per far questo si deve ricorrere alla meccanica quantistica.
Stranamente, sebbene nessuno tragga alcuna soddisfazione mistica affermando che «la molecola del benzene è ben più della somma delle sue parti», fin troppe persone toccano il cielo con un dito quando riescono a fare asserzioni simili riguardo al cervello, annuendo gravemente col capo.
 
Francis Harry Crick, La scienza e l'anima. Un'ipotesi sulla coscienza,
traduzione italiana di The Astonishing Hypothesis. The Scientific Search For The Soul.
 
 

02 October 2016

...non hanno bisogno nemmeno del cestino!

 
 
Ecco, se c'è una cosa che odio è la filosofia solo "per parlare", eristica, mero gioco dialettico.
 
C'è un problema su cui i filosofi hanno dibattuto a lungo senza approdare ad una soluzione condivisa[1]? e nemmeno tu hai una soluzione? ti prego, non dire "questo è il bello della filosofia"! Perché che senso ha, se non quello di dichiarare che della questione, in fondo, non te ne fregava molto e che cercavi solo materiale di conversazione per il circolo del te e dei pasticcini?
 
E comunque, caro Nicola Misani, per tua informazione, il problema dei nomi, della sinonimìa, della dicotomia significante/significato, dell'imperscrutabilità del riferimento, dell'indeterminatezza della traduzione, del mito di un museo in cui gli oggetti esposti sono i significati e le parole sono le etichette, etc, etc, sono stati tutti chiariti una volta per tutte da — indovinate, miei lettori abituali? — Quine.

[1] come? tutti?
 

30 September 2016

nautil.us

 
Per chi ancora non fosse incappato in nautil.us (o non si fosse reso conto del suo valore), volevo segnalare e rendere omaggio a questa notevole iniziativa editoriale di ambito scientifico con taglio divulgativo: un insolitamente equilibrato coniùgio di rigore e suggestione.
Ogni mese un tema — un issue — e ogni settimana di quel mese una manciata di articoli su quel tema. Così si può fruire come un qualsiasi blog (se non fosse che la qualità e lo spessore degli articoli li porta molto presto fuori dalla finestra di tempo disponibile per la lettura... — io non riesco a stargli dietro), ma il taglio monografico si presta perfettamente ad un formato di pubblicazione più simile ad un'agile saggistica; e infatti è possile fruirne in formato cartaceo o eBook, abbonandosi opuure una tantum su un singolo issue.
 
Come un blog, dicevo, ma invero nautil.us un blog ce l'ha davvero — in più! — con contenuti e temi indipendenti dall'issue del mese. E questo blog ha un nome, e questo nome si porta dietro un effetto speciale così commovente che in realtà il vero motivo per cui mi sono messo a scrivere questo post è proprio quello di raccontarvelo.
 
Come sapete io leggo tutto grazie al mio fedele GrazeRSS (powered by feedly), cioè via feed RSS.
L'interfaccia principale (sia sul cellulare che sul browser) è quella di una lista di titoli — eventualmente da aprire per leggere... o scartare direttamente come letti senza nemmeno aprirli: ah, l'infoxication contro la FoMO!
 
Ora succede — e finalmente veniamo al punto — che il blog di nautil.us ha adottato la prassi di posporre il titolo del blog al titolo specifico di ogni suo post, col risultato, però, visto il titolo del blog, di lasciar intendere che si tratti un commento al contenuto del post: Facts so romantic.
 

27 September 2016

Regolamentazioni

 
Questo recente post di Giuseppe Lipari, Disparità, sulla sparità fra uomini e donne nell'amministrazione statale, solleva la questione delle regolamentazioni, della loro efficacia, degli incentivi che producono e degli effetti collaterali che il legislatore, con un'ingenuità colpevole, non aveva previsto, credendo come un bambino dell'asilo che per ottenere qualcosa sia sufficiente metterlo per iscritto.
C'è anche un caso paradigmatico noto in letteratura col nome di effetto cobra, in cui il governatore britannico di una provincia dell'India, per contrastare un'invasione di cobra, offrì una taglia per ogni cobra morto consegnato alle autorità, generando in tal mondo un forte incentivo opposto ad allevare cobra.
 
Ma non c'è da scervellarsi su ogni caso specifico per evitare l'eterogenesi dei fini, non c'è da studiare un anno intero ogni singola regolamentazione per scovare tutti i possibili effetti collaterali: è infatti un principio del tutto generale che le regolamentazioni causino inefficienza e producano danno ai consumatori, attraverso artificiali barriere all'ingresso.
L'effetto immediato di simili inefficienze è quello di spingere consumatori e produttori a incontrarsi al di fuori delle regolamentazioni, con beneficio reciproco; ed è per questo che vengono introdotte sanzioni (il cui costo viene comunque accollato sulle spalle dei consumatori, anche se in maniera scorrelata al mercato di applicazione di quelle sanzioni).
In definitiva le transazioni "in nero" vengono messe in atto non già quando risultano più convenienti tout court delle corrispondenti soluzioni "regolamentate" (il che sarebbe essenzialmente sempre), ma quando risultano più convenienti includendo il sovraccosto delle sanzioni. E per sovraccosto ovviamente non si intende semplicemente il prezzo dell'eventuale multa, ma tutti i costi connessi ad essa e ai suoi rischi.
 
Tutto ciò non si limita, come si potrebbe ingenuamente credere, a drenare una certa quantità di risorse da produttori e consumatori a vantaggio del regolatore [1], ma deforma in maniera sostanziale la struttura stessa della domanda e dell'offerta.
I casi più evidenti sono quelli estremi, in cui cioè la regolamentazione statale alza barriere smisurate. Lo stereòtipo è il "nobile esperimento" del proibizionismo americano sugli alcolici degli anni venti del secolo scorso, o equivalentemente quello attuale sugli stupefacenti e la canapa, in cui i costi di regolamentazione hanno assunto i connotati di una vera e propria guerra alla droga.
Gli effetti sono molteplici.
Innanzitutto c'è quello di sterilizzazione del mercato sotto-soglia, sia per la domanda che per l'offerta, che colpisce quei settori che non sono in condizione di superare la barriera d'ingresso artificiale. Versioni economiche del prodotto non verranno prodotte, o almeno non per essere vendute a quella fascia di domanda, che resterà dunque all'asciutto. Questo tra l'altro significa che le regolamentazioni sono una tassa intrinsecamente regressiva, cioè che ricade maggiormente sui meno abbienti, i quali non possono più permettersi il bene regolamentato [2].
Nel caso del proibizionismo questa sterilizzazione arriva a colpire una grossa fetta del mercato, vista l'entità della soglia.
Ma l'effetto non è banalmente di "taglio" nella distribuzione, perché il mercato sopra-soglia che sopravvive deve compensare il fatto che gran parte dei costi che sta sostenendo non sono legati alla produzione, ma alle sanzioni: i gangster dovevano sostenere un prezzo molto alto per i loro traffici (il rischio di essere catturati dalla polizia, o uccisi da bande rivali, le strategie di difesa armate, frutto esse stesse del fatto che la risoluzione dei conflitti con i propri competitor non poteva seguire le più convenienti vie pacifiche dei tribunali, etc, etc) e dunque potevano dedicare poche risorse alla qualità dei propri prodotti, che in più, per ottimizzare i costi, non potevano che commerciare in grandi quantità. Ecco perché alcool e droga sotto il proibizionismo circolano tendenzialmente ad alta densità (ricordate di trafficanti di birra? solo superalcolici!) e bassa qualità (la droga di per sè non uccide: i morti per overdose sono l'effetto collaterale di un mercato in cui i prodotti sono tagliati male per ridurre i costi e in cui l'illegalità impedisce la formazione di marchi e rende pressoché impossibile una circolazione trasparente delle informazioni sulla qualità dei prodotti). [3]
 
In definitiva le regolamentazioni del mercato hanno, col beneficio del dubbio della migliore delle ipotesi, motivazioni ingenue da wishful thinking ed effetti distorsivi inevitabilmente a svantaggio di tutti.
E il dramma di tutto ciò è che il proibizionismo è stato sperimentato ormai un secolo fa, i suoi effetti sono sotto gli occhi di tutti, ma la guerra alla droga non ha indietreggiato di un millimetro e, al contrario, di fronte agli effetti collaterali negativi che emergono da ogni nuova regolamentazione, la riposta che si chiede a gran voce è ancora e ancora più regolamentazione.
C'è modo di uscirne?
Ne parleremo nella prossima puntata!

[1] il quale poi, dice, riverserà alla comunità, ovviamente dopo aver decurtato i costi di quell'enforcing, se mai fossero inferiore agli introiti delle sanzioni, che comunque non sarebbero pensati con scopi di fare cassa...
[2] e corrispondentemente ricade anche sui produttori con meno risorse, che dovranno chiudere bottega.
[3] Questo chiarisce anche l'ipocrisia delle campagne di sensibilizzazione che accusano la droga di uccidere, quando il vero assassino è invece proprio la legislazione proibizionista.

24 September 2016

Sinnerman, Obama e Pierre Menard

 
È da circa una settimana, ormai, che noto un boom di accessi al mio blog (e quando parlo di boom intendo qualcosa come tre o quattro visitatori al giorno, tutti i giorni!).
L'approdo è un vecchio post di quasi 8 anni fa su una canzone di Nina Simone, Sinnerman; dev'essere successo qualcosa a riguardo, tipo una cover di un cantante famoso o un film che l'ha usata nella sua colonna sonora, ma la mia bolla di internet (e del mondo reale) mi ha tenuto all'oscuro della cosa. E verosimilmente, proprio perché non ha penetrato la mia bolla virtuale/reale, non dev'essere niente di importante — per me.
 
La probabilità che mi vergogni di un vecchio post, proprio in quanto vecchio, è molto alta; soprattutto dopo la mia svolta libertaria. Ora, in questo caso non parlerei proprio di vergogna, nonostante il carattere molto intimo di quel post; e sì, forse il motivo di rincrescimento si può far risalire proprio alla svolta libertaria. E insomma, in effetti c'è qualcosa che, a riscriverlo oggi, non avrei inserito, o avrei inserito in modo diverso: il finale. O almeno gli avrei dato un seguito, perché in effetti il punto è proprio che da allora ad oggi c'è stato, un seguito. Il punto è proprio che quando scrissi quel post Barak Obama si era appena insediato alla Casa Bianca, con tutto il carico di attese di quel Yes We Can, mentre oggi è agli sgoccioli del suo secondo ed ultimo mandato, con un bilancio complessivo lontano anni luce dalle aspettative di 8 anni fa.
 
E allora forse il finale sarebbe stato lo stesso, verbalmente, come il Chisciotte di Pierre Menard e quello di Cervantes: identico ma di significato completamente diverso.
Dopo l'oppressione, la schiavitù, l'ingiustizia, il dolore e i campi di cotone, l'elenco sarebbe proseguito comunque con la Casa Bianca.
Ma quale ambiguità, a riscriverlo oggi.
 

22 September 2016

I pericoli della società post-fattuale

 
Il Post riprende un lungo articolo dell'Economist, Yes, I’d lie to you, sul presunto recente dilagare di bufale e complottismi.
 
Ma non è ridicolo che nel discutere la questione della manipolazione della realtà e delle informazioni, si metta sullo stesso piano le teorie complottiste con le menzogne "ufficiali"che sono servite a giustificare guerre pesantissime in termini di vittime — e costi? Di più, si menzionano queste ultime nello spazio di una parentetica ("sì, è vero, ci hanno mentito anche in quel caso, però...") ma ci si dilunga nel resto dell'articolo a parlare delle altre frivolezze, arrivando a commentare che, ahinoi, queste cose senza internet probabilmente non sarebbero successe...
 

20 September 2016

Due considerazioni a margine del caso Apple/Irlanda/Europa

 
La prima vorrebbe essere una specie di presa di distanza dalla polarizzazione che ha assunto il dibattito sulla questione: non solo, ovviamente, dai difensori del cartello europeo per una tassazione uniforme, ma anche dai liberisti che a spada tratta prendono le incondizionate difese di Apple.
Da una parte abbiamo una mafia, quella statale, che taglieggia, con le tasse: e questo certamente è il male — il fulcro della coercizione, dell'ingiustizia, dell'immoralità. Ma dall'altra abbiamo qualcuno che, con quel male, cerca di fare affari. Domandarsi se sia più giusto restare sottomessi al giogo del tiranno o ipocritamente coalizzarsi con lui significa semplicemente prestarsi al suo gioco, significa — comunque — accettarlo e quindi restare invischiati qualsiasi delle due opzioni si scelga.
 
La seconda considerazione nasce dalla contraddizione stridente che emerge tentando di rispondere alla domanda: chi deve pagare (e perché) e a chi?
Lo fa in gran dettaglio qui tal Francesco Renne per noiseFromAmeriKa (Il caso Apple: la mela ed il paradiso (fiscale) perduto). Il controsenso è che lo Stato irlandese sarebbe contemporaneamente autore dell'illecito e beneficiario del risarcimento. A rigor di logica, infatti, il risarcimento — da che mondo è mondo — è da imputare all'autore dell'illecito, ma in questo caso i cittadini irlandesi sarebbero gravati da un danno doppio: il mancato incasso delle tasse e l'onere della sua restituzione.
L'origine della paradosso, ancora una volta, sta tutto nelle perversioni dell'istituzione statale, in cui viene spezzato ogni vincolo di responsabilità. Se infatti lasciamo da parte le antropomorfizzazioni retoriche delle astrazioni "Stato" o "Irlanda", ci rendiamo conto che i fatti di cui stiamo discutendo riguardano il rapporto non già fra i cittadini irlandesi ed Apple, ma fra Apple e alcune, poche, specifiche persone: i politici e i funzionari coinvolti nelle trattative sul regime fiscale da accordare all'azienda. In particolare i fatti riguardano la disponibilità — la discrezionaltà sull'impiego — che quelle persone ebbero di una certa quantità di denaro, e l'assurdo è precisamente che tali persone fossero del tutto e completamente estranee sia alla provenienza che alla destinazione di quel denaro: l'utile è stato prodotto dall'azienda e i beneficiari del gettito fiscale sarebbero stati i cittadini irlandesi nel loro complesso. Grazie poi all'abominio del diritto pubblico, succede pure che se determinate decisioni politiche vengono giudicate illegittime da un tribunale, non è possibile punire le persone che hanno legiferato illegittimamente, ma ci si deve limitare ad annullare quelle decisioni, con tutte le inevitabili conseguenze aberranti sulla certezza del diritto e la responsabilità personale.
 

18 September 2016

Una rondine non fa primavera...

 
...e due?
Due blogger d'annata, Weissbach e Scacciamennule, hanno ripreso a postare...
Facebook, il tuo monopolio delle conversazioni hai i giorni contati!
#credici #figurati #macisperiancora
 
PS: a proposito di conversazioni, non capisco come mai Disqus non mi si carichi su Scacciamennule: ho provato altri blog che lo usano e riesco a vedere regolarmente i commenti, ma non su Scacciamennule...
 

16 September 2016

The Strange Second Life of String Theory

Quest'ultimo articolo di Quanta Magazine, The Strange Second Life of String Theory, era nella lista di lettura, ma l'ultimo This Week’s Hype di Peter "not even wrong" Woit mi ha risparmiato la fatica.
 
 

13 September 2016

Teodicea (Dio e la presenza del male nel mondo), breve cronistoria

La parola problema può essere un'insidiosa petizione di principio. Parlare del problema ebraico è postulare che gli ebrei sono un problema; è vaticinare (e raccomandare) le persecuzioni, la spoliazione, l’assassinio, lo stupro e la lettura della prosa del dottor Rosenberg. Un altro demerito dei falsi problemi è quello di promuovere soluzioni anche esse false. A Plinio (Istoria naturale, lib. VIII) non basta osservare che i draghi assaliscono in estate gli elefanti: avventura l'ipotesi che lo facciano per berne il sangue che, come nessuno ignora, è freddissimo.
J. L. B.
I timori del dottor Americo Castro,
in Altre Inquisizioni
Kirbmarc aveva aperto un blog tutto suo, ma è ancora fermo al post di presentazione; forse, chissà, me lo sto perdendo su Facebook; ad ogni modo commenta altrove ed è sempre tutto da leggere.
L'ultimo mio avvistamento è da Fabristol, dove ci concede una squisita prospettiva storica di lungo periodo sulla teodicea, da quando il problema nemmeno si poneva (e non certo perché il male non esistesse) al come e perché la contraddizione emerge.